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CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO

SETTIMA LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE N. 221

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei Consiglieri Nadir Welponer, Flavio Zanonato, Elder Campion, Adriana Costantini, Giovanni Gallo, Giampietro Marchese, Claudio Rizzato e Lucio Tiozzo

INTERVENTI PER LA PREVENZIONE E TUTELA DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI DA MOLESTIE MORALI E PSICOLOGICHE NEI LUOGHI DI LAVORO

 

Presentato alla Presidenza del Consiglio il 29 novembre 2001

RELAZIONE

PREMESSA

E’ stata definita una "patologia sociale dilagante". Genera una sindrome composita, con sintomi migranti, che spesso inducono lo spaesato medico di famiglia ad annoverare tra i suoi assistiti un ennesimo apparente ipocondriaco. Questa sindrome, però, è la causa del 15% dei suicidi nel nostro Paese. E volendo essere cinici, non è questo il male peggiore, poiché ben più numerose e costose in termini produttivi, sociali e sanitari sono le sofferenze che essa causa. E’ la sindrome di chi viene fatto oggetto di "mobbing".

La parola è semplicemente una definizione che descrive una strategia, l’accerchiamento, ma dice poco dell’ansia e dell’angoscia, della paura, dello sconforto, della rabbia, del senso di impotenza, della disistima di sé stessi, del desiderio insano di rivalsa e vendetta, della rassegnazione, della sfiducia negli amici ai quali non si riesce a raccontare e nel coniuge che non riesce a capire profondamente.

Il mobbing è un subdolo modo per sbriciolare le certezze di una persona, per fargli credere di essere tanto debole da dover cedere per forza, incapace ormai di mettere in pratica tutto ciò che credeva di sapere. Spesso chi è stato vittima di mobbing - e mediamente i fenomeni durano circa cinque anni – non è più in grado di trovare un nuovo lavoro a livello di quello precedente, poiché mette ormai egli stesso in dubbio le proprie capacità, o perché è sfiduciato.

Invece, ci dicono studi di comprovato prestigio, frequentemente il mobbizzato è il più preparato sul piano professionale, e diviene vittima di uno o più individui che per realizzarsi hanno bisogno di umiliare gli altri, o che per esistere hanno bisogno di distruggere una persona. O, semplicemente, di chi – fatto un semplicistico calcolo economico - constata come sia meno costoso eliminare un collaboratore mobbizzandolo che licenziandolo se e come previsto dai contratti nazionali.

E’ infatti anche un fenomeno frequentissimo, ad esempio, nei casi di fusioni aziendali, quando inevitabilmente all’interno di una compagine vengono a trovarsi dei "doppioni" dal punto di vista dei ruoli.

Il mobbing viene sempre esercitato su una vittima designata, sgradita per i motivi più disparati, che viene costretta in condizione di debolezza e aggredita più o meno palesemente da una o più persone in modo sistematico e per tempo prolungato, con lo scopo e/o la conseguenza di estrometterla.

Talvolta, e il termine "bossing" lo definisce, la vittima viene invece attaccata con le medesime modalità esclusivamente dal superiore o dalla direzione con azioni spadroneggianti e di vessazione.

Il mobbing è quindi una condotta impropria, che reca offesa alla personalità, alla dignità e all’integrità fisica o psichica di una persona.

Si può tradurre in semplici abusi di potere o piuttosto in manipolazioni perverse e ambigue, che causano per questo danni maggiori creando altalenanti dubbi e conflitti continuamente smentiti o avvalorati, appositamente causati per destabilizzare una personalità. Infatti può presentarsi travestito da blandizia, da lusinga anche di tipo amoroso, da proposta di miglioramento.

Spesso la molestia si instaura quando una vittima reagisce all’autoritarismo di un capo e rifiuta di lasciarsi asservire, diventando un bersaglio proprio per la sua capacità di resistere malgrado le pressioni.

Ma quanto costa la resistenza in termini di salute? E quanto a lungo bisogna resistere se si ha famiglia? Se si desidera difendere la propria rispettabilità in casa e in società e non far sapere? Se non si accetta l’ingiustizia? se si crede inizialmente che siano malintesi che si chiariranno?

L’aurea regola del "divide et impera" coinvolge facilmente corresponsabili che sono più o meno costretti alla connivenza - quanto meno del silenzio - dalla nostra attuale legge, che non prevede una definizione specifica per comportamenti di questa portata e non facilita la correlazione tra eventi riferibili ad un unico fenomeno.

Esistono invece Paesi europei nei quali il "mobbing" è considerato e sanzionato come reato penale, e nei quali già da molti anni è codificato un comportamento, tanto da parte delle aziende come dei dipendenti, ormai quasi soltanto di prevenzione, essendo divenuta cultura comune la massima imperativa del rispetto della dignità e la tutela della salute anche psichica.

Peraltro il mobbing non causa soltanto disturbi da affrontare con terapia psicologica o psichiatrica, bensì anche gravi patologie di tipo gastrointestinale, cardiologico, dermatologico, e ulteriori svariate reazioni psicosomatiche che sempre cronicizzano.

Esistono costi sociali e sanitari assolutamente considerevoli in conseguenza di azioni di mobbing.

Le conseguenze ricadono sulla famiglia e sui suoi equilibri, sull’azienda e sulla sua produttività, sugli istituti di previdenza sociale e sul sistema sanitario.

Se il Veneto è la seconda regione italiana per produttività, è però quella con il più pesante disavanzo di costi sanitari.

Noi riteniamo che il nesso sia inconfutabile, e da questa considerazione è nata l’esigenza morale e pratica di dare un apporto fattivo ad una situazione generalizzata per la quale si può prevedere esclusivamente una recrudescenza in valori esponenziali e in tempi sempre più brevi vista la vitalità produttiva del nostro territorio.

Riteniamo infatti che, individuando grazie ad un’apposita legge di tutela e prevenzione i casi di effettivo mobbing, quantificando i costi che generano nel corso della loro evoluzione cosicché siano imputabili per rivalsa a chi li ha causati, sarà inizialmente possibile un consistente recupero in attivo delle spese sanitarie.

Ed una volta creata la cultura della prevenzione, creato il concetto stesso di "patologia da mobbing" ed equiparandola ad una malattia professionale perché correlata al lavoro, le spese sanitarie saranno senza dubbio meno elevate. Si giungerà ad eliminare quel farraginoso intreccio di diagnosi "di copertura" che giustificano – attualmente in modo scorretto o inconsapevole – un alto tasso di assenteismo che probabilmente non è tale. Perché oggi sappiamo che malattia professionale è anche quella psicologica.

Inoltre la produttività ad ogni livello sarà incrementata, poiché assolutamente ingenti sono i danni palesi e occulti che un mobbing consentito o non riconosciuto causa nell’ambito di un luogo di lavoro.

In Italia, nonostante ancora il fenomeno non venga analizzato con procedure omogenee, si rileva una presenza dichiarata e constatata del 15% dei lavoratori che subiscono il mobbing. In realtà pubbliche o in grandi aziende, come ad esempio la scuola, le banche, le assicurazioni, si raggiungono punte del 45%. In presenza di casi di mobbing la produttività in azienda cala del 60%.

Da indagini europee sappiamo che in Germania, ad esempio, un lavoratore mobbizzato costa all’azienda 150 milioni di Lire all’anno per perdite dovute all’assenza o al minor rendimento. Il 50% dei lavoratori colpiti è in malattia 6 settimane l’anno; il 31% è in malattia dal mese e mezzo a oltre tre mesi. L’assenteismo generale sale in azienda dal 23 al 34%.

I riflessi sul prodotto interno lordo sono eclatanti: la municipalità di Ginevra ha calcolato che per molestie morali le aziende pubbliche e private della Confederazione perdono 2.400 miliardi di Lire all’anno.

In Inghilterra si perdono 80 milioni di giorni lavorativi e 6.000 miliardi di Lire all’anno.

In Germania la perdita di prodotto interno lordo è valutata in 220.000 miliardi di Lire, mentre negli Stati Uniti in 400.000 miliardi di Lire.

(1998: ricerca dell’Ufficio Internazionale del lavoro e ricerca Health & Safety Executive britannica; 1997 ricerca Panse e Stegmann).

Per l’Italia si può considerare per difetto una perdita di 100.000 miliardi di Lire all’anno.

Se si considera che il 48% dei mobbizzati ha tra i 41 ed i 50 anni, che il 45% sono uomini ed il 55% donne, è spontanea per chiunque la valutazione di quanta sana, matura ed esperta forza-lavoro venga accantonata: nessuno può ritenersi estraneo al problema o alla eventualità passata presente o futura di coinvolgimento diretto o personale in un caso di mobbing.

 

DESCRIZIONE

 

L'art. 1 collega la presente proposta di legge agli articoli 1, 2, 3, 4, 32, 35, 41 della Costituzione Italiana e agli articoli 3, 4, 5 dello Statuto della Regione Veneto.

Essa recepisce i contenuti del Trattato dell'Unione Europea e sue integrazioni del 30 maggio 2001, nonché le indicazioni della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea del 20 settembre 2000 e, in ultimo ma importantissime per l'attualità e le sollecitazioni, le indicazioni della Risoluzione della Commissione Affari Sociali del Parlamento Europeo del 20 settembre 2001.

Caratteristica della presente legge è di supportare e integrare, con la sua applicazione, quanto già contenuto nell'Art. 2087 del Codice Civile, e negli articoli 437, 451, 582, 590, 660 del Codice Penale, nonché nell'art. 13 della L.300/1970 e nel D.L. 626/94.

 

L'art. 2 annovera i più palesi comportamenti a cui si applica la presente legge.

Le violazioni amministrativamente sanzionabili dalla presente legge sono differenziate in base alla presenza di uno stato di malattia del lavoratore, a un evento di mobbing in assenza di malattia, agli interventi per la prevenzione da attuare da parte del datore di lavoro.

Così come tra le funzioni del previsto Osservatorio regionale (art. 8) vi è l'attività di divulgazione di quanto stabilito per la tutela e per il raggiungimento di una comune cultura della prevenzione, agli operatori a ogni titolo coinvolti si raccomanda di diffondere l'informazione che gli strumenti ed i servizi istituiti dalla presente legge sono per l'interesse comune, tanto del lavoratore come del datore di lavoro, e pertanto fruibili da entrambi.

 

Negli artt. 3, 4 e 5, al fine di perseguire il primario obiettivo della legge, che consiste nel diffondere una cultura di prevenzione del fenomeno "mobbing", si auspica la più fattiva collaborazione tra le parti a qualsiasi titolo coinvolte:

- le aziende sanitarie locali

- le organizzazioni sindacali

- le associazioni dei datori di lavoro

- l'ispettorato del lavoro

- gli istituti di previdenza.

Si raccomanda che queste operino in sinergia, concordando gli interventi di massima sulla base di capitolati comuni, e il più possibile riferendosi al coordinamento del preposto Osservatorio istituito dalla presente legge.

Poiché si ritiene che nella maggioranza dei casi di mobbing il lavoratore si rivolga in prima istanza al proprio medico, va posta estrema cura nella sensibilizzazione dei medici di base, che dovranno impegnarsi in un colloquio di anamnesi che comprenda ricerca di informazioni sull'ambito socio-lavorativo del paziente.

Inoltre, per favorire la precoce individuazione dei casi di mobbing, sarà di particolare utilità la diligente denuncia di sospetti casi di malattia correlata al lavoro: un tempestivo riconoscimento delle situazioni a rischio, ancor prima che si manifestino sintomatologie accentuate, consentono un recupero del paziente tanto dal punto di vista medico che socio-lavorativo, mentre per contro situazioni misconosciute generano conseguenze gravi e croniche.

 

L'art. 6 individua l'organo di vigilanza nell'esistente SPISAL (L. Reg. 54/82 e L. 626/94) competente territorialmente. Allo scopo di intervenire tempestivamente nel caso di malattia del lavoratore, e limitare i danni tanto personali quanto socio-sanitari derivanti da una situazione di mobbing, l'attività di vigilanza dispone del nuovo strumento del "collegio medico", da convocare con urgenza previa constatazione della fondatezza della segnalazione ricevuta, e al fine di indirizzare eventualmente al più presto il lavoratore al medico specialista.

L'art. 7 sancisce uno dei principi fondamentali della presente legge nell'intento di fondare una cultura della prevenzione basata su principi omogenei.

A questo proposito si raccomanda che le organizzazioni sindacali in particolare, e ogni altro ente o associazione coinvolto nell'applicazione o divulgazione della presente legge, partecipino attivamente alla diffusione capillare della stessa, e che inaugurino sportelli di ascolto condotti da personale appositamente formato, per il quale l'Osservatorio potrà svolgere funzione di centro di riferimento.

In particolare si raccomanda che, qualora vi sia da parte di terzi un impegno nel lavoro di sondaggio o statistica, si utilizzino questionari diffusi dall'Osservatorio o realizzati in collaborazione con lo stesso, al fine di non ingenerare equivoco nell'analisi dei dati che emergano da campagne di indagine o sensibilizzazione, e con lo scopo di utilizzare i dati stessi per una statistica comune sul territorio.

 

L'art. 8 introduce lo strumento dell' "osservatorio regionale" descrivendone i compiti e determinandone la composizione.

L'Osservatorio vuole essere il raccordo tra le parti coinvolte, il centro di raccolta e ridistribuzione delle risorse e delle conoscenze, il punto di riferimento per tutto quanto in futuro verrà stabilito nel recepimento definitivo delle indicazioni già emanate dalla comunità Europea in materia di mobbing.

 

L'art. 9 determina gli importi delle sanzioni amministrative per le violazioni agli obblighi imposti dalla presente legge. Rappresenta l'innovazione rispetto agli strumenti finora per legge disponibili, poiché introduce una fattispecie di evento finora non codificato in un concetto descritto e circoscritto.

Va peraltro sottolineata in modo particolare l'attenzione posta nella prescrizione di applicare le sanzioni per entità commisurata, tra l'altro, alle dimensioni dell'attività economica.

 

L'art. 10, attraverso la norma finanziaria, indica la volontà politica e amministrativa di affrontare nel modo più concreto e fondante il problema sociale del mobbing, sempre tenendo in prospettiva a media e lunga scadenza l'obiettivo di favorire la cultura della prevenzione.

 

L'art. 11 fissa la data del 1° ottobre 2002 come scadenza idonea per rendere operativi gli strumenti stabiliti dalla presente legge.

Art. 1 - Finalità

1. La Regione del Veneto, nel rispetto dei principi costituzionali e comunitari, riconosce la funzione sociale del lavoro, si impegna per la sua tutela nel rispetto dell’integrità psicofisica della persona, e promuove le azioni e le iniziative atte a prevenire e risolvere fenomeni di molestie morali e persecuzioni psicologiche nel luogo di lavoro, di seguito denominate mobbing.

 

Art. 2 - Ambito di applicazione

1. La presente legge riguarda gli atti ed i comportamenti di natura vessatoria o persecutoria, protratti nel tempo, posti in essere da parte del datore di lavoro e tali da creare un danno all'integrità psicofisica del lavoratore o collaboratore ai sensi della L. 142/2001, anche in assenza di uno stato di malattia del medesimo.

2. Ai fini della presente legge si intendono posti in essere dal datore di lavoro anche gli atti e comportamenti di cui al comma 1 che siano posti in essere, nella consapevolezza del datore di lavoro, da tutti i soggetti, con rapporto di lavoro subordinato e non, che collaborano in via continuativa nell'esercizio dell'impresa e/o comunque nell’esercizio dell’attività economica e nello svolgimento dell'attività aziendale; normalmente la consapevolezza del datore di lavoro si presume in via relativa, ma la presunzione è assoluta allorché il datore di lavoro non abbia ottemperato ad uno degli obblighi previsti nel seguente comma 3.

3. Il datore di lavoro ha l’obbligo di :

     

  1. redigere un documento contenente la descrizione dell’organizzazione aziendale nonché il codice interno di corretto comportamento che deve essere consegnato ad ogni lavoratore e che, commisurato alla propria organizzazione aziendale, deve contenere quanto meno il divieto di porre in essere:

strumentali e comunque immotivati atteggiamenti ostili

calunnie sistematiche al lavoratore o alla sua famiglia

maltrattamenti verbali e offese personali

linguaggio volgare o blasfemo

atti e/o comportamenti diretti ad intimorire e/o ad avvilire la persona, anche in forma velata o indiretta

critiche immotivate o esagerate

sabotaggio o impedimento deliberato dell'esecuzione del lavoro

impedimento all'accesso a notizie e informazioni inerenti l'attività lavorativa o fornitura di informazioni non corrette o incomplete

privazione degli strumenti necessari a svolgere l'attività

controllo dell'operato del lavoratore senza che egli ne sia informato e con l'intento di danneggiarlo

esclusione o emarginazione dai compiti abituali

delegittimazione dell'immagine privata e/o professionale anche di fronte a estranei

attribuzione di compiti eccessivi, sovraccarico di lavoro, attribuzione di lavori inutili, richiesta continua di lavoro straordinario non motivato o alternativamente sottrazione di lavoro

attribuzione di compiti dequalificanti

esclusione da iniziative di formazione o riqualificazione professionale

deliberato isolamento fisico del lavoratore;

 

b) organizzare un’attività di formazione interna di almeno 4 ore annue sulla base delle indicazioni fornite dall’Osservatorio regionale di cui all’articolo. 8.

 

Art. 3 - Interventi regionali.

1. La Regione, attraverso i dipartimenti di prevenzione delle unità locali sociosanitarie ed in collaborazione con le parti sociali interessate, promuove attività di informazione, formazione e ricerca volte a prevenire azioni di mobbing.

2.. La Regione organizza appositi corsi di formazione per gli incaricati dei servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro (SPISAL) del dipartimento di prevenzione.

3.In particolare, la Regione promuove e incentiva studi e ricerche su:

a) l’incidenza dei costi sanitari, previdenziali, aziendali e sociali riferibili alle patologie da mobbing;

b) le patologie psicosomatiche e sui trattamenti terapeutici, ovvero sulle conseguenze in ambito sociale e famigliare per le vittime del mobbing;

c) il contenzioso legale in caso di mobbing.

 

Art. 4 - Azioni positive

1. Allo scopo di prevenire e limitare l’insorgenza e la diffusione del fenomeno del mobbing e le sue conseguenze negative, la Regione, in collaborazione con le parti sociali interessate, realizza azioni positive per la tutela e il sostegno del lavoratore e della sua famiglia:

2. In particolare le azioni positive consistono in:

a) divulgazione di studi e ricerche sul mobbing attraverso l’Osservatorio regionale;

b) realizzazione annuale, per i primi sei anni, di una campagna di informazione sociale su televisioni e stampa locali al fine di pubblicizzare la presente legge ed i servizi ad essa connessi;

c) realizzazione di strumenti permanenti di documentazione e informazione con il coordinamento dell’Osservatorio regionale;

d) incentivi per la realizzazione di supporti e terapie psicologiche di sostegno e riabilitazione per il lavoratore ed i suoi famigliari nonché, all’occorrenza, per l’autore delle azioni mobbizzanti;

e) incentivi per la realizzazione di centri di ascolto presso organizzazioni sindacali, associazioni senza scopo di lucro, enti locali, associazioni di categoria, affinché in ogni realtà e dimensione lavorativa le vittime di mobbing abbiano garantite consulenza, assistenza legale e sostegno psicologico.

 

Art. 5 - Programmazione degli interventi e delle azioni

1. Le azioni e gli interventi previsti dalla presente legge sono realizzati in base ad un piano triennale articolato su base annuale per il primo e secondo triennio, ed in seguito su base triennale.

2. Il Piano triennale è predisposto dall’Osservatorio regionale ed è approvato dalla Giunta Regionale su proposta dell’Assessore regionale delle politiche dell’occupazione e della formazione, di concerto con l’Assessore regionale alle politiche sanitarie e l’Assessore regionale alle politiche sociali.

3. Con le medesime modalità di cui al comma 2 vengono approvati i programmi annuali del primo e secondo triennio per tutti gli interventi da realizzare in sinergia con enti locali, istituzioni, parti sociali e associazioni.

4. Il programma annuale esplica la parte attuativa nei dettagli, stabilendo direttive generali e particolari che verranno riprese ed aggiornate nei successivi piani triennali sulla base dei dati forniti dall’Osservatorio regionale.

 

Art. 6 - Attività di vigilanza

1. L’attività di vigilanza nei luoghi di lavoro è attribuita agli SPISAL opportunamente integrati da medici e psicologi esperti in materia di mobbing.

2. Lo SPISAL, sulla base delle segnalazioni ricevute e previa valutazione della loro fondatezza, effettua apposite ispezioni nel luogo di lavoro, per accertare l’esistenza di azioni di mobbing, l'eventuale stato di malattia e l'assolvimento degli obblighi previsti dall'art. 2 comma 3.

3. Presso ogni SPISAL è istituito un collegio medico composto da un medico specialista in medicina del lavoro, da un medico specialista in medicina legale, da uno psicologo esperto in organizzazione del lavoro con il compito di confermare lo stato di malattia e di accertare la connessione tra stato di malattia ed azioni di mobbing.

4. Lo SPISAL, qualora accerti azioni di mobbing e uno stato di malattia, convoca il collegio medico di cui al comma 3 il quale decide entro 30 giorni dalla costituzione, salvo la possibilità di prorogare di altri 15 giorni per motivate esigenze; alle sedute del collegio medico possono presenziare un medico indicato dal lavoratore ed un medico indicato dal datore di lavoro.

 

Art. 7 - Formazione degli operatori

1.Gli operatori coinvolti dall’attuazione della presente legge devono ricevere una formazione omogenea e comune. Tale formazione avviene, per i primi tre anni dall’entrata in vigore della legge, tramite gli appositi corsi istituiti dall’Osservatorio regionale di cui all’articolo 8, in collaborazione con le parti interessate.

2. Per i cicli triennali successivi i corsi sono stabiliti per l'integrazione sulla base dei dati forniti dall’Osservatorio regionale.

3.La Regione può bandire, attraverso l’Osservatorio regionale, borse di studio nelle materie oggetto della presente legge.

4. La giunta regionale detta disposizioni attuative su quanto previsto ai commi 1 e 2 e 3.

 

Art. 8 - Osservatorio Regionale

1. E’ istituito presso l’Assessorato regionale alle politiche dell’occupazione e della formazione, un Osservatorio Regionale sulle molestie morali e le persecuzioni psicologiche nei luoghi di lavoro.

2. L’Osservatorio è un organo consultivo e di coordinamento, e svolge le seguenti attività:

a)partecipa alla stesura del piano triennale e del programma annuale, fornendo man mano dati, informazioni e valutazioni su quanto svolto ad ogni scadenza per il perseguimento della finalità della legge;

b)partecipa alla stesura del piano triennale per la Prevenzione sanitaria della Regione;

c)provvede alla redazione dei criteri di valutazione dello stato di malattia riferibile a comportamenti e atti di cui all’articolo 2 e alla sua diffusione presso gli organi e gli operatori competenti;

d)provvede alla redazione del questionario da inoltrare ai lavoratori in collaborazione con i dipartimenti di prevenzione delle ULSS e le organizzazioni sindacali per il censimento del fenomeno mobbing.

e)offre attività di assistenza nei confronti di organi regionali e locali, enti pubblici, istituzioni, aziende sanitarie, aziende private, che adottino progetti e sviluppino iniziative in sintonia con le finalità della presente legge;

f)effettua il monitoraggio sul territorio attraverso la raccolta del questionario e dei dati bio-statistici;

g)mantiene i contatti e funge da fulcro per le attività sinergiche tra Università, ULSS, INAIL, Ispettorato del Lavoro e qualsiasi operatore a qualsiasi titolo coinvolto nell’attuazione della legge;

h)programma e coordina i corsi di formazione continui necessari agli operatori come descritto all’articolo 7;

3.L’Osservatorio, presieduto dall’assessore regionale alle politiche dell’occupazione e della formazione o da un suo delegato, è costituito da:

a)due rappresentanti dalle associazioni dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello regionale;

b)due rappresentanti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale;

c)il responsabile della struttura regionale competente in materia di prevenzione sanitaria o suo delegato;

d) un rappresentante di associazioni di volontariato che svolgano attività di centro di ascolto in materia di mobbing:

e)un consigliere regionale.

4. I rappresentanti dell’Osservatorio sono nominati dal Consiglio Regionale, durano in carica per la legislatura e possono essere riconfermati.

5.L’Osservatorio può avvalersi della consulenza di un medico del lavoro, di uno psicologo di organizzazione del lavoro, di un medico legale, di un avvocato esperto di diritto del lavoro, di uno studioso in materia di mobbing, in qualità di riconosciuti esperti.

6. Ai componenti l’osservatorio si applicano le disposizioni di cui all’articolo 187 della legge regionale 10 giugno 1991,n. 12 e successive modificazioni.

7. Esercita le funzioni di segretario dell’Osservatorio un dipendente regionale di categoria non inferiore alla categoria direttiva. La Giunta regionale con propria deliberazione determina modalità e criteri di funzionamento.

 

Art. 9 - Sanzioni

1. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge si applicano le seguenti sanzioni amministrative:

a) la violazione da parte del datore di lavoro di quanto previsto dall'art. 2, commi 1 o 2, è punita, in presenza di uno stato di malattia, con la sanzione amministrativa da Lire 10.000.000 a Lire 50.000.000;

b) la violazione da parte del datore di lavoro di quanto previsto dall'art. 2, commi 1 o 2, è punita, in assenza di uno stato di malattia, con la sanzione amministrativa da Lire 5.000.000 a Lire 30.000.000;

c) la violazione da parte del datore di lavoro di quanto previsto dall'art. 2, comma 3, lettera a) o lettera b), è punita, ciascuna violazione, con la sanzione amministrativa da Lire 5.000.000 a Lire 20.000.000.

2. L'applicazione delle sanzioni deve avvenire con provvedimento motivato che nella determinazione dell'entità tenga conto in via principale dell'intensità del dolo, del grado della colpa e delle dimensioni dell'attività economica.

3. Le sanzioni previste al comma 1 sono comminate dallo SPISAL territorialmente competente e sono destinate per il 50% al Dipartimento di Prevenzione della ULSS territorialmente competente per l’attività prevista all’articolo 6, e per il restante 50% agli scopi di formazione e prevenzione previsti dall’Osservatorio Regionale.

 

Art. 10 - Norma finanziaria

1. Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge, quantificati per l'anno 2002 in Lire 1,5 miliardi, si provvede mediante imputazione al Fondo globale spese correnti UO185 del Bilancio di previsione 2002 alla Partita: Interventi per la "Prevenzione e tutela delle lavoratrici e dei lavoratori da molestie morali e psicologiche nei luoghi di lavoro".

 

Art. 11 - Norma finale

Le disposizioni della presente legge si applicano a decorrere dal 1° ottobre 2002

 

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