ONOREVOLI SENATORI. - Il lavoro é uno dei momenti fondamentali di
autorealizzazione dell'individuo; la menomazione di questa opportunità
per conflitti interpersonali nei luoghi di lavoro o per decisione
dell'impresa, ente e amministrazione pubblica é un fatto grave sotto
l'aspetto della tutela individuale della dignità ed integrità della
persona, ma é anche grave perché determina la generazione di
diseconomie interne ed esterne al luogo di lavoro. La cooperazione nel
lavoro é la migliore strada per una adeguata utilizzazione e
valorizzazione delle risorse umane.
La moderna psicologia del lavoro ha individuato nei fattori che fanno
degradare tale cooperazione e che determinano menomazioni psico-fisiche
nei lavoratori, un'area di intervento meritevole di prioritaria
attenzione soprattutto sotto l'aspetto della prevenzione. La
pubblicistica anglo-sassone piú avanzata, ed in particolare quella
scandinava, ha definito mobbing il fenomeno delle violenze
morali, pressioni e molestie psicologiche nei luoghi di lavoro. Il mobbing
si determina quando tali fatti si verificano in modo sistematico,
duraturo e intenso, tra lavoratori e nel rapporto tra lavoratori e
datori di lavoro (pubblici e privati).
Si tratta di problemi rilevanti che devono essere affrontati con un
rapporto equilibrato nella relazione che si puó determinare con gli
spazi di autonomia gestionale e organizzativa propri delle imprese e
degli enti.
I soggetti che restano vittime delle azioni di mobbing vengono
colpiti nella sfera psichica, spesso con forme depressive gravi, e
compressi nella propria capacità lavorativa e nella propria autostima.
In casi estremi la forte pressione psicologica, le "percosse
psichiche", i maltrattamenti verbali, la compressione della vittima
in una permanente condizione di inferiorità, concorrono, spesso in modo
decisivo, al suicidio. In Svezia si é calcolato che le cause di
suicidio vedono il mobbing come elemento scatenante su oltre il
15 per cento dei casi. Le forme depressive dovute al mobbing ,
recano un danno socio-economico rilevante - quindi, come sopra detto,
intervenire su questo problema non é solo necessario per ragioni
etiche, di giustizia e di correttezza nei rapporti umani e per la tutela
dei valori della convivenza civile, ma anche di opportunità economica,
sia per il buon funzionamento delle aziende, sia per minimizzare i costi
sociali e sanitari, sia anche per accrescere la coesione sociale.
Il provvedimento legislativo qui proposto interviene prima di tutto per
favorire una azione preventiva efficace, per informare e sensibilizzare
tutti i soggetti interessati alla gravità del problema, per riconoscere
il mobbing , per poter intervenire quando le molestie morali e
le violenze psicologiche non abbiano ancora prodotto danni.
Oltre alla definizione del fenomeno (articolo 2), vengono indicate le
azioni di prevenzione ed informazione che vanno attuate per prevenire e
controllare il mobbing ed i suoi effetti (articolo 3). Ed
ancora: vengono previste precise responsabilità disciplinari (articolo
4) e viene data la praticabilità ad adeguate azioni di tutela con il
ricorso alla conciliazione ed in giudizio (articolo 5). Viene poi
prevista la possibilità del ripristino della situazioni professionali
colpite dalla azioni di mobbing e il loro risarcimento
(articolo 6). É prevista la pubblicità nell'azienda o ente interessato
alle risultanze giudiziarie delle determinazioni disciplinari assunte
(articolo 7). Infine, é prevista la nullità di tutti quegli atti di
ritorsione che possono condizionare l'iniziativa di tutela del
lavoratore colpito da mobbing (articolo 8).
Art. 1.
(Finalità e campo applicativo)inizio
pagina
1. La presente legge tutela qualsiasi
lavoratrice e lavoratore da violenze morali e persecuzioni
psicologiche perpetrate in ambito lavorativo mediante azioni
definite dall'articolo 2.
2. La tutela di cui al comma 1 si esplica per tutte le tipologie
di lavoro, pubblico e privato, comprese le collaborazioni,
indipendentemente dalla loro natura, mansione e grado.
Art. 2.
(Definizione)inizio
pagina
1. Ai fini della presente legge vengono
considerate violenze morali e persecuzioni psicologiche,
nell'ambito dell'attività lavorativa, quelle azioni che mirano
esplicitamente a danneggiare una lavoratrice o un lavoratore.
Tali azioni devono essere svolte con carattere sistematico,
duraturo e intenso.
2. Gli atti vessatori, persecutori, le critiche e i
maltrattamenti verbali esasperati, l'offesa alla dignità, la
delegittimazione di immagine, anche di fronte a soggetti esterni
all'impresa, ente o amministrazione - clienti, fornitori,
consulenti - comunque attuati da superiori, pari-grado,
inferiori e datori di lavoro, per avere il carattere della
violenza morale e delle persecuzioni psicologiche, devono mirare
a discriminare, screditare o, comunque, danneggiare il
lavoratore nella propria carriera, status , potere
formale e informale, grado di influenza sugli altri. Alla stessa
stregua vanno considerate la rimozione da incarichi,
l'esclusione o immotivata marginalizzazione dalla normale
comunicazione aziendale, la sottostima sistematica dei
risultati, l'attribuzione di compiti molto al di sopra delle
possibilità professionali o della condizione fisica e di
salute.
3. Ciascun elemento concorre individualmente nella valutazione
del livello di gravità.
4. Ai fini dell'accertamento della responsabilità soggettiva,
l'istigazione é considerata equivalente alla commissione del
fatto.
Art. 3.
(Prevenzione ed informazione)inizio
pagina
1. Ai fini di prevenire le attività di violenza
morale e persecuzione psicologica, i datori di lavoro, pubblici
e privati, e le rispettive rappresentanze sindacali aziendali,
pongono in essere - anche in attuazione di quanto previsto
dall'articolo 2082 del codice civile - iniziative di
informazione periodica verso i lavoratori. Tali azioni
concorrono ad individuare, anche a livello di sintomi, la
manifestazione di condizioni di maltrattamenti e di
discriminazioni, cosí come indicate all'articolo 2. L'attività
informativa investe anche gli aspetti organizzativi - ruoli,
mansioni, carriere, mobilità - nei quali la trasparenza e la
correttezza nei rapporti aziendali e professionali deve essere
sempre manifesta.
2. Qualora siano denunciati da parte di singoli o da gruppi di
lavoratori, al datore di lavoro e alle rappresentanze sindacali
aziendali, comportamenti di cui all'articolo 2, questi ultimi
hanno l'obbligo di attivare procedure tempestive di accertamento
dei fatti denunciati e misure per il loro superamento. Per la
predisposizione di tali misure vengono sentiti anche i
lavoratori dell'area aziendale interessata ai fatti accertati.
3. Al momento della formalizzazione di qualsiasi tipo di
rapporto di lavoro, il datore di lavoro consegna ai lavoratori
una comunicazione del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale relativa alla tutela dal le violenze morali e dalla
persecuzione psicologica nel lavoro. La predetta comunicazione
deve essere affissa nelle bacheche aziendali.
4. Ad integrazione di quanto disposto dall'articolo 20 della
legge 20 maggio 1970, n. 300, i lavoratori hanno diritto a due
ore di assemblea su base annuale, fuori dall'orario di lavoro,
per trattare il tema delle violenze morali e delle persecuzioni
psicologiche nel luogo di lavoro, di cui agli articoli 1 e 2
della presente legge. Le assemblee sono indette con le modalità
e si svolgono nelle forme di cui al citato articolo 20 della
legge n. 300 del 1970. Alle assemblee possono partecipare le
rappresentanze sindacali aziendali, i dirigenti sindacali ed
esperti.
Art. 4.
(Responsabilità disciplinari)inizio
pagina
1. Nei confronti di coloro che attuano azioni di
cui all'articolo 2, si configura responsabilità disciplinare,
secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Analoga
responsabilità grava su chi denuncia consapevolmente fatti di
cui al medesimo articolo 2 che si rivelino inesistenti per
ottenere vantaggi comunque configurabili.
Art. 5.
(Azioni di tutela giudiziaria)inizio
pagina
1. Il lavoratore che abbia subíto violenza
morale e persecuzione psicologica nel luogo di lavoro ai sensi
dell'articolo 2, e non ritenga di avvalersi delle procedure di
conciliazione previste dai contratti collettivi ma intenda adire
il giudizio, puó promuovere il tentativo di conciliazione ai
sensi dall'articolo 410 del codice di procedura civile, anche
attraverso le rappresentanze sindacali aziendali. Si applicano,
per il ricorso in giudizio, le disposizioni di cui all'articolo
413 del codice di procedura civile. Il giudice condanna altresí
il responsabile del comportamento sanzionato al risarcimento del
danno, che liquida in forma equitativa.
Art. 6.
(Conseguenze per gli atti derivanti dalle violenze psicologiche)inizio
pagina
1. Le variazioni nelle qualifiche, nelle
mansioni, negli incarichi, nei trasferimenti o le dimissioni,
determinate da azioni di violenza morale e persecuzione
psicologica, sono impugnabili ai sensi e per gli effetti di cui
all'articolo 2113 del codice civile, salvo risarcimento dei
danni ai sensi dell'articolo 5 della presente legge.
Art. 7.
(Pubblicità del provvedimento del giudice)inizio
pagina
1. Su istanza della parte interessata il giudice
puó disporre che del provvedimento di condanna o di assoluzione
venga data informazione, a cura del datore di lavoro, mediante
lettera ai dipendenti interessati, per reparto e attività, dove
si é manifestato il caso di violenza morale e persecuzione
psicologica, oggetto dell'intervento giudiziario, omettendo il
nome della persona che ha subíto tali azioni di violenza e
persecuzione.
Art. 8.
(Nullità degli atti discriminatorie di ritorsione)inizio
pagina
1. Tutti gli atti o fatti che derivino da
comportamento di cui agli articoli 1, 2 e 3 sono nulli.
2. I provvedimenti relativi alla posizione soggettiva del
lavoratore che abbia posto in essere una denuncia per
comportamenti di cui all'articolo 2, in qualunque modo
peggiorativi della propria condizione professionale, compresi i
trasferimenti e licenzia menti, adottati entro un anno dal
momento della denuncia, si presumono a contenuto
discriminatorio, salvo prova contraria, ai sensi dell'articolo
2728, secondo comma, del codice civile.