Mobbing
Sentenze
Disegni di Legge
Ancora sul Mobbing
|
|||||||||
Come nasce il termine Mobbing? l termine mobbing
deriva dal verbo inglese "to mob" ed è mutuato dall'etologia.
Lorenz definisce il
mobbing come "attacco collettivo di una moltitudine di animali più
deboli contro il più forte", il predatore.
Nel 1972 in Svezia il termine viene introdotto nell'ambito della
ricerca sull'aggressività con significato del tutto analogo a quello di
bullying: "comportamento assolutamente distruttivi messo in atto
da un piccolo gruppo di bambini contro un altro bambino". Solo nel 1984 compare
la prima pubblicazione scientifica, con la quale si formalizza l'uso
specifico del termine per indicare la particolare forma di vessazione
esercitata nel contesto lavorativo, il cui fine consiste
nell'estromissione reale o virtuale della vittima dal mondo del lavoro.
In questa occasione Leymann, il pioniere del mobbing lavorativo, decide
deliberatamente di utilizzare esclusivamente la terminologia mobbing per
indicare quella forma di "comunicazione ostile ed immorale
diretta in maniera sistematica da uno o più individui (mobber e gruppo
di mobber) verso un altro individuo (mobbizzato) che si viene a trovare
in una posizione di mancata difesa", così da eliminare quanto
possibile la confusione tra mobbing e bullying. Nell'ambito del lavoro
il mobbing può essere definito più precisamente come un processo di
comunicazioni ed azioni conflittuali tra colleghi, o tra superiori e
collaboratori, in cui la persona attaccata è messa in una posizione di
debolezza e di mancanza di difese, e aggredita, direttamente o
indirettamente, da una o più persone, con attacchi sistematici,
frequenti e protratti nel tempo, il cui fine consiste
nell'estromissione, reale o virtuale, della vittima dal luogo di lavoro.
Il cosiddetto mobbizzato si viene così a trovare in una condizione di
isolamento sociale, di sotto-utilizzazione, di emarginazione
dall'ambiente lavorativo, condizione che ha forti ripercussioni sulla
sua salute psicologica e psicofisica. In letteratura possono
è possibile trovare svariate espressioni usate come sinonimi di mobbing:
bullying at work, work harassment psychological terror, work abuse,
victimization at work, , usati prevalente nei paesi anglosassoni.
Nella letteratura francese, maggiormente centrata sul
problema della violenza sessuale, il mobbing viene definito come harcèlment
au travail, harcèlment dans l'entreprise. Difficilmente ci accadrà
di incontrare espressioni quali pesten, usata in Olanda, ijiame,
per i Giapponesi. In Italia la tendenza
all'anglismo è molto forte, ciò nonostante è possibile ricorrere ad
espressioni quali molestie morali sul posto di lavoro, terrorismo
psicologico in ufficio, vittimizzazione psicosociale sul lavoro. Mobbing non è un singolo episodio di critica eccessiva, non è uno scherzo di cattivo gusto, non consiste in una singola occasione di cattivo utilizzo delle competenze professionali.
Il mobbing consiste in un lungo, constante,
incessante e duraturo processo di azioni vessatorie intenzionali di
fronte alle quali la persona vessata non ha alcun potere di difesa. Presa singolarmente
ogni azione che possiamo incontrare nel corso nel processo di mobbing di
per sé non ha carattere negativo, bensì può essere considerata tipica
di una normale interazione quotidiana. Chi
di noi nel corso della vita non ha dovuto sopportare una critica fuori
luogo, non si è trovato a dover subire lo sfogo di un collega o di un
capo, o non si è trovato al centro di uno scherzo di pessimo gusto? Ma
quando tutte queste, e molte altre, situazioni si verificano
ripetutamente, costantemente, quando l'oggetto di queste azioni è
rappresentato sempre dalla stessa persona, quando queste sono
visibilmente esercitate con un'intenzione negativa, quando non abbiamo
alcuna risorsa di difesa, ecco che queste azioni, a cui altrimenti non
avremmo dato troppa importanza, si trasformano in vere e proprie armi
comunicative. Ecco che ci troviamo davanti a un vero e proprio processo di mobbing Riassumendo, le caratteristiche essenziali per poter identificare un'azione come azione mobbizzante sono:
Il
mobbing consiste in una routine del conflitto, ovvero, che questo si
verifichi con una certa frequenza (almeno una volta a settimana), che
sia sistematico e prolungato nel tempo (almeno sei mesi).
Dunque, non tutte le situazioni conflittuali all'interno di
un'organizzazione possono essere definite mobbing. Il
conflitto di per sé non rappresenta automaticamente una situazione
negativa e controproducente, può costituire un'efficace momento di
messa in discussione degli assunti, delle pratiche e dei valori ormai
consolidati che, eventualmente, possono dimostrarsi indagati e superati. Il
conflitto può dunque indurre il gruppo di lavoro ad una proficua
riflessione sulle cause della disfunzione e portare alla ricerca di
nuove soluzioni. Perché
il conflitto adempia a questa funzione è necessario però che venga
efficacemente gestito e risolto. L'elemento cruciale in questa fase è
rappresentato dalla leadership, che, purtroppo, spesso si dimostra
inadeguata a centrare la sua attenzione e ad investire le risorse di cui
dispone sullo sviluppo delle competenze relazionali del gruppo di
lavoro, manifestando un centraggio esasperato sul compito. Il
mobbing dunque deve essere considerato il frutto dell'escalation
incontrollata della situazione conflittuale, una situazione di crisi
che, invece di fungere da stimolo per i membri del gruppo di lavoro a
tirare fuori il meglio di sé, favorisce ed esaspera l'emersione degli
aspetti più negativi. Le
"azioni mobbizzanti" descritte da Leymann sono riassumibili in
cinque categorie:
La
letteratura individua con il termine "mobbizzato" il
lavoratore-oggetto delle azioni mobbizzanti, colui che subisce le
persecuzioni vessatorie, mentre con il termine "mobber" ci si
riferisce invece all'agente attivo di queste azioni, tendenzialmente
identificato in un singolo attore. Il
mobbing è, dunque, un processo che si evolve nel tempo, secondo
un'escalation: Conflitto
latente: si esprime attraverso piccoli contrasti quotidiani fini a se
stessi, che, se non risolti, possono costituire un trampolino di lancio
per il mobbing, in questa fase non ancora riconoscibile; Conflitto
mirato: inizia la routine del conflitto, non più tra attori
occasionali, ma tra due specifiche persone (il/i mobber ed il mobbizzato),
e compaiono i primi sintomi da malattia psicosomatica; Conflitto
pubblico: la situazione conflittuale adesso è visibile a tutti, si
ha un aggravamento delle condizioni di salute psicologiche e
psicofisiche del soggetto, le cui conseguenze si traducono spesso in
assenze prolungate per malattia e abbassamento della qualità di
prestazione; Espulsione
anticipata dal mondo del lavoro: per malattia, trasferimento,
liquidazione, prepensionamento, auto-licenziamento, licenziamento. Anche
la reazione della vittima di fronte alla sua persecuzione si evolve
secondo un processo scandito da precise fasi, un processo parallelo e
contemporaneo a quello dell'escalation del conflitto.
L'inizio:
nelle prime fasi del processo di mobbing abbiamo visto come sia presente
solo una normale situazione conflittuale. La frequenza delle azioni
negative non è ancora in atto, siamo agli albori del mobbing.
Inizialmente dunque la persona si trova oggetto di episodi
apparentemente insignificanti e prende "alla leggera frecciate e
scherzi di cattivo gusto" (Hirigoyen, 2000).
L'autocolpevolizzazione:
la persona è adesso soggetta ad attacchi sempre più insistenti e
frequenti. La sua reazione è di stupore e incredulità di fronte a ciò
che le sta accadendo e cerca disperatamente di risolvere il conflitto.
Nella frenetica ricerca di quale sia la ragione, la causa
dell'ostilità, della prevaricazione cui è sottoposta, l'unica
spiegazione che riesce a trovare è se stessa, ignorando completamente
altre possibili cause o concause di tipo situazionale. "La
vittima si chiede in che cosa, quando e dove ha sbagliato nell'attività
professionale o nei rapporti con i colleghi" (Gilioli, 2000); La
solitudine: la persona viene sopraffatta da un sentimento di
solitudine di fronte alla terribile realtà che la circonda, di fronte
al vuoto sociale in cui è stata spinta. Il gruppo sembra non voler
avere contatti con lei, né personali né professionali, nessuno sembra
allo stesso tempo accorgersi di e ammettere questo isolamento, nessuno
sembra volerle fornire alcun supporto. Il sentimento di solitudine si
estende anche al vissuto di unicità della propria esperienza, la
vittima crede, infatti, che a nessun altro sia capitato o stia capitando
la stessa cosa, crede di essere la sola persona al mondo ad esserne
vittima (Bassino, 1999). L'anestesia
reattiva: la vittima è ormai oggetto di una vera e propria
persecuzione; il mobbing è in atto, e s Gli effetti del MobbingLe
conseguenze del mobbing possono essere individuate a tre livelli: la
persona, il gruppo di lavoro e l'organizzazione. Il
mobbing si ripercuote sulla salute psicofisica delle persone coinvolte:
sulla vittima, come facilmente intuibile, ma anche sull'aggressore. I
disturbi psicofisici più frequentemente riportati - secondo le indagini
svolte dalla Clinica del Lavoro "Luigi Devoto" di Milano -
sono: ansia:
ansia generalizzata; con attacchi di panico; con sintomi
ossessivo-compulsivi; con sintomi fobici; ansia somatoforme; ansia di
conversione somatica (cefalea, astalgia); PTSD:
disturbo post traumatico da stress, disturbi molto intensi, cumulativi,
con ricorrente ideazione intrusiva; disturbo di adattamento: disturbi di
tipo clinico meno intrusivi, conseguenti a stressors meno intensi; alterazione
dell'equilibrio socio-emotivo: ansia, depressione, isolamento,
panico, abbassamento del livello di autostima; alterazione
dell'equilibrio psicofisiologico: vertigini, senso di oppressione,
disturbo del sonno e della sessualità; disturbi
del comportamento: cattiva alimentazione, alcolismo, tabagismo, uso
improprio di farmaci, aggressività rivolta verso se stessi e/o verso
gli altri, incapacità di adattamento sociale. Le
conseguenze a livello del gruppo di lavoro consistono principalmente nel
deterioramento del clima lavorativo e della qualità del lavoro svolto.
Anche l'organizzazione subisce le conseguenze negative del
mobbing in termini di: calo e/o deterioramento del livello di
produzione; costi sostenuti per malattia dei dipendenti;
ripercussione sull'immagine esterna. Il
mobbing è a tutti gli effetti una vera e propria malattia professionale,
allo stesso tempo deve essere considerato anche una malattia sociale,
nel momento in cui i suoi effetti negativi si ripercuotono su tutta la
società. L'estromissione di una persona dal mondo del lavoro la rende improduttiva, aumenta il tasso di disoccupazione ed i costi passivi che tutta la comunità deve sostenere. |
|||||||||
|
|||||||||