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Sentenza n. 4783 del 02/04/2001

STRESS E MOBBING: NUOVE PATOLOGIE LAVORO-CORRELATE

Presidente Favara – relatore Petti

Pm Fedeli, conforme – ricorrenti Loiarro ed altri – controricorrente Assitalia Le Assicurazioni d'Italia Spa

Svolgimento del processo

Il 1° marzo 1990, in località Grifalco, l'autovettura Fiat 127 sport, di proprietà di Stranieri Pietro, condotto dal medesimo collideva con il motociclo Piaggio Vespa condotto da Cristofaro Roberto, che decedeva quattro ore dopo il verificarsi del sinistro.

Con citazione (del 30 marzo e 3 aprile 1991) gli aventi causa del defunto, e cioè la madre Loiarro Barbara, in proprio e quale esercente la potestà sulla minore Cristofaro Rossella, ed i germani Cristofaro Stefania, Antonella, Domenico, Marisa, Angela Rosa e Giuseppe, convenivano in giudizio il conducente danneggiante e l'assicurazione Assitalia e ne chiedevano la condanna al pagamento dei danni patrimoniali e morali conseguenti al decesso, quantificati come in citazione.

Restava contumace il conducente e si costituiva l'Assitalia contestando il fondamento della domanda.

Istruita la causa il tribunale di Catanzaro, accertava la pari responsabilità dei conducenti in ordine alla produzione del sinistro ai sensi dell'articolo 2054 secondo comma del codice civile; negava il danno morale richiesto avendo ritenuto la colpa cosiddetta presunta, e liquidava a titolo di danno biologico, iure hereditario, la somma di 70 milioni di lire ai valori attuali, oltre interessi legali dalla data del fatto al soddisfo e poneva le spese di lite a carico dei convenuti.

La decisione era impugnata con appello principale dall'assicurazione, sul punto della trasmissibilità iure hereditario del danno biologico; con appello incidentale dai danneggiati sul punto della responsabilità e sulle voci di danno, analiticamente indicate, per un totale globale di 150 milioni.

La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 18 luglio 1997 così decideva:

- in riforma della appellata sentenza, riconosciuta la totale responsabilità di Stranieri Pietro in ordine al sinistro per cui è causa, accoglie per quanto di ragione l'appello principale e l'appello incidentale e per l'effetto:

- liquida l'ammontare del danno morale, in favore di Loiarro Barbara, in 40 milioni di lire ed in favore dei congiunti (v. amplius in dispositivo) in 5 milioni di lire per ciascuno di essi.

Rigetta la domanda di liquidazione del danno biologico; conferma nel resto e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di appello.

Contro la decisione ricorrono i danneggiati deducendo quattro motivi di gravame; resiste l'assicurazione con controricorso e ricorso incidentale sul punto dell'attribuzione della responsabilità esclusiva al danneggiante.

I ricorsi sono stati previamente riuniti ex articolo 335 Cpc.

Motivi della decisione

Precede l'esame del ricorso incidentale con il quale la Assitalia deduce la violazione dell'articolo 2043 Cc in relazione alla attribuzione delle responsabilità dell'incidente, ed il vizio della motivazione, ritenuta illogica e contraddittoria sul punto.

Il ricorso incidentale è infondato; ed in vero esso si sostanzia in censure in fatto (le contraddizioni del teste Morlino o la ricostruzione della dinamica disattendendo la ricostruzione proposta dai carabinieri) che attengono al prudente e critico apprezzamento delle prove, compiuto dai giudici del riesame, valorizzando la relazione sulla dinamica dell'incidente, svolta dall'ingegner Savarese, ma tenendo conto delle altre prove e dei dati oggettivi. In tale contesto la critica dei rilievi del codice civile e la rilevanza della deposizione del teste, appaiono secondarie, ed attengono ad una selezione critica del materiale probatorio che conduce ad una valutazione in fatto non sindacabile in questa sede.

È fondato, per quanto di ragione, il ricorso degli aventi causa della vittima primaria, deceduta a seguito di lesioni mortali.

Cristofaro R. aveva 18 anni al tempo dell'incidente, e decedeva circa quattro ore dopo l'incidente occorsogli, lasciando la madre e ben otto tra fratelli e sorelle.

Nel primo motivo di ricorso si deduce l'error iuris sotto un duplice profilo:

da un lato si assume che la lesione mortale è a sua volta la causa dans della lesione al bene della vita, che è costituzionalmente protetto (articolo 2 Costituzione) e che è più vasto del bene della salute.

Dunque non vi è ragione per non considerare trasmesso iure hereditatis il diritto di credito risarcitorio immediatamente acquisito per effetto della lesione.

D'altro lato (secondo profilo) si deduce che comunque la morte intervenne oltre quattro ore dopo il fatto, e che nessuna motivazione è stata data circa la rilevanza di questo intervallo in relazione alla lesione gravissima della salute.

Il primo profilo è infondato. Infatti è assolutamente consolidato il principio che distingue – tra la lesione del bene della vita (sanzionato penalmente e civilmente con la configurazione di un danno morale) e il bene della salute, trasmissibile agli eredi del defunto, nel caso in cui la morte sia sopravvenuta alla lesione dopo apprezzabile intervallo (cfr. Cassazione 197 n. 1704; 12756/99; 13336/99; 1633/00, tra le tante).

Questa Corte conosce tuttavia la dottrina che propone una tesi di tutela più estesa, proprio per la discrasia che si crea tra la morte immediata e lesioni mortali, con conseguente disparità di trattamento per i superstiti.

È una discrasia che è superata da norme internazionali ed europee (ad esempio in tema di risarcimento ai superstiti di disastri aerei) o da progetti di convenzioni europee (v. Consiglio d'Europa deliberazione 75/7 in tema di risarcimento del danno alla persona), ma che non costituisce lacuna o discriminazione costituzionalmente rilevante per il nostro ordinamento interno, posto che comunque il legislatore appresta mezzi di tutela, giurisdizionalmente azionabili (in sede penale e civile).

De iure condendo è dunque auspicabile una riforma che possa allineare il sistema italiano a quello internazionale o di diritto comune (ma ancora in fieri).

Il secondo profilo è fondato. Ed in vero, il riferimento alle numerose sentenze appena citate, conferma l'esigenza di una attenta motivazione del breve lasso di tempo tra la lesione e la morte, ai fini della trasmissibilità del diritto di credito.

Questa Corte ritiene che la motivazione debba essere accurata e circostanziata: ed in vero, posto che le lesioni mortali, conducono, secondo la esperienza medico legale e psichiatrica, alla presenza di un danno «catastrofico», per intensità, a carico della psiche del soggetto che attende lucidamente l'estinzione della propria vita (danno considerato dalla psichiatria nordamericana nella scala Dsm III degli eventi psicosociali stressanti, di sesto livello, che è quello più elevato) essenzialmente come «sofferenza» esistenziale e non già come dolore, occorre riflettere (come del resto, metodologicamente, propone la stessa Consulta, quando considera il danno psichico riflesso delle vittime secondarie come danno psichico riconducibile sotto l'articolo 2059 Cc: v. Corte costituzionale sentenza 372/94 e successiva ordinanza 293/96) sulla diversa natura del danno fisico, del soma e delle funzioni vitali, dove l'apprezzamento della durata attiene alla stessa esistenza del danno (come quantum apprezzabile) e del danno psichico, pur esso prodotto da lesioni mortali, come danno catastrofico, la cui intensità può essere apprezzata dalla vittima, pur nel breve intervallo delle residue speranze di vita. Nel danno psichico non è solo il fatto durata a determinare la patologia, ma è la stessa intensità della sofferenza e della disperazione.

Se è esatto dire, con il legislatore riformatore (v. attualmente l'articolo 13 del D.Lgs. 23 febbraio 2000, per la riforma Inail, che si occupa del danno biologico previdenziale del lavoratore) e con il diritto vivente (convalidato dalle decisioni della Consulta) che il danno biologico è la lesione della integrità fisica e psichica medicalmente accertabile, allora è alla scienza medica che occorre affidarsi per la determinazione dei casi clinici, delle malattie e degli esiti invalidanti sia per il danno fisico (dove è il soma ad essere materialmente considerato) sia per il danno psichico (che considera la mente umana, sia neurologicamente, sia clinicamente, sia nelle sue funzioni esistenziali essenziali).

Per queste ragioni la motivazione sulla rilevanza dello spatium vivendi della vittima primaria incide sulla valutazione dell'esistenza (l'an) e della consistenza (il quantum) del danno e se tale valutazione è positiva, nessun ostacolo sussiste al riconoscimento della trasmissibilità del danno biologico iure hereditatis (cfr. Cassazione 2123/00).

Non può dunque il giudice del merito sottrarsi al dovere di motivazione adeguata su tali punti decisivi, anche ricorrendo al supporto di una appropriata consulenza medico legale.

Il motivo merita accoglimento per la seconda prospettazione.

Parimenti fondato è il secondo motivo in cui si deduce il vizio della motivazione e la violazione di legge per la ridotta valutazione del danno morale diretto, patito iure proprio dai prossimi congiunti, ed in misura più elevata dalla madre.

Sull'an debeatur non vi è ormai contestazione: la contestazione attiene al principio del risarcimento integrale del danno morale, che è non solo il pretium doloris od il prezzo del patema d'animo transeunte (una sorta di danno da lutto) ma è la valutazione della lesione della stessa dignità umana, tanto più interessa, quanto la sofferenza morale attiene agli effetti ed alla integrità di una famiglia numerosa e solidale.

In questo senso appare all'evidenza iniqua e giuridicamente errata la liquidazione sommariamente motivata dai giudici del merito, che non considerano neppure la natura di debito di valore del credito, e che sostanzialmente riducono un criterio equitativo integrativo (articolo 2056 e 1226 Cc) ad un criterio del tutto arbitrario, sottratto a qualsiasi controllo di congruità.

Resta assorbito il terzo motivo, in cui si chiede anche la liquidazione del danno morale iure hereditatis in relazione al gravissimo danno morale subito dal defunto in relazione al delitto di omicidio colposo.

Infatti si tratta di danno morale conseguenziale al danno biologico primario e dunque l'esistenza e la consistenza dipende dall'accertamento della esistenza del primo.

Infine è fondato il quarto motivo, avendo omesso la Corte di liquidare i cosiddetti interessi compensativi.

È infatti costante l'insegnamento di questa Corte (dalle Su 1712/95 e successive conformi) secondo cui in tema di debiti di valore (come sono quelli relativi al danno biologico e morale o patrimoniale consequenziale) rivalutazione e interessi compensativi assolvono a due funzioni diverse, poiché la rivalutazione altro non è che la liquidazione reale del danno ai valori attuali, mentre gli interessi compensativi (ai sensi dell'articolo 1219 secondo comma del Cc) sono interessi di mora (per il ritardato adempimento) e decorrono dal dì dell'evento (essendo il debitore del risarcimento in mora ex re).

Il giudice del rinvio, nei limiti del devolutum e dei principi di diritto soprarichiamati, provvederà al riesame dei punti interessati dalle censure accolte e provvederà anche in ordine alla liquidazione delle spese ed onorari di questo giudizio di cassazione.

PQM

riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso incidentale, accoglie il ricorso principale per quanto di ragione, cassa in relazione e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro.

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