Il calice

 

E, andato un po' più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi». (Matteo 26: 39)

Gesù riassume tutta la Sua sofferenza nella parola "calice", e la Sua sofferenza mette in risalto la Sua umanità, piuttosto che la Sua divinità. E' in questi momenti che il Figlio di Dio depone la propria potenza, maestà e ricchezza, per diventare il più misero degli uomini.

Già dai tempi eterni sapeva che per il bene dell'umanità, Lui sarebbe dovuto passare attraverso la sofferenza, ma, allo stesso modo, sulla croce Lui sapeva anche che la Sua sofferenza avrebbe prodotto una discendenza, un gruppo di separati dal mondo, la Sua Chiesa. E' stato tutto per amore: Gesù ha amato la sua Chiesa, e ha dato la propria vita affinché chi vi appartenesse potesse essere chiamato Santo.

Non è necessario che vi rammenti quanto possa essere dolorosa la morte per crocefissione: oltre al dolore per le mani ed i piedi trapassati, abbiamo le braccia che si slogano, la lingua che si attacca al palato per colpa della perdita di liquidi, eccetera. Ecco, questo è il calice che ha bevuto Gesù, al posto mio.

L'amore sembra sconfitto, ma passano solo tre giorni, e l'amore crocifisso risorge. Il Golgota, la collina dove è avvenuta la morte, diventa un luogo di speranza, come recita il testo di Love crucified arose, di M. Card.

Una volta pensavo alla morte di Gesù, e la vedevo come un avvenimento triste. Ma ora, quando ci ripenso, il cuore mi si stringe per la gratitudine, per la contentezza. Gesù ha pagato il castigo che IO mi meritavo, ed ora da Dio posso essere visto come puro. Questo mi fa lodare il Signore.

 

 Torna a Fede Cristiana 

Home Page / Info / Musica / Computer

Liceo Scientifico / Università / Fotografie 

CONTATTI