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Seconda scena:
Ci vuole poco per diventar sorde alla vita

di Silvana Turci

maestra elementare

Da quest'anno faccio la collaboratrice. Per prima cosa ho messo in chiaro con la direttrice che durante le ore di lezione non sarei mai stata disponibile. A lei non è sembrato un buon modo di cominciare una collaborazione ma ha rispettato questa mia posizione.
Ho cominciato a tenere i tempi, le fila delle interclassi, delle programmazioni congiunte, a pensare e selezionare gli o.d.g., le circolari più urgenti, a controllarne le scadenze. Di fatto, pur essendo col corpo in classe ho cominciato a esserne fuori, a stare su piani generali-organizzativi, certamente importanti, ma intanto ai volti dei miei bambini e delle mie bambine si sono sovrapposti altri volti, altre carte, altre date, altre parole. Nei tempi più rilassati, ma fondamentali delle ricreazioni e dei pasti non c'ero più per loro, per le loro chiacchiere, per i loro racconti: maestra, maestra… e io: dopo, dopo… adesso ho da fare, devo parlare con delle maestre… e quel dopo per loro non arrivava mai. Spesso mi trovavo in situazioni in cui c'erano più di due colleghe che nella fretta mi parlavano quasi contemporaneamente o mi consegnavano fogli o documenti vari.

Mi sono illusa che bastasse tener fuori la direttrice dalle lezioni: che svista e che ingenuità!!!

"Fai una bella lettera di dimissioni", mi dice Cristina. La sua frase, all'interno del percorso fatto assieme, di sguardo e parola, è come un "morso che spezza" (direbbero "I King"). Interrompe un rumore, un lamento, un movimento chiuso su di sé. Mi apre a un mutamento, a una sana distanza che mi ha permesso di creare spazio per tornare ad accogliere e incontrare… come pure le parole di Chiara: "Guarda che io ho imparato da te ad andare dietro loro senza stringermi nell'ansia del programma…"

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