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Prima scena:
Ci vuole una vita per fare un giorno

di Silvana Turci

maestra elementare

Mi chiamo Silvana Turci e il mio è un tentativo di dire del mio essere e fare la maestra, mostrando quanto la relazione con bambine e bambini metta in gioco intensità emotiva- affettiva, ma richieda anche serenità, pienezza e autenticità di sé. Parlerò dell'handicap, non più di moda oggi, che all'elementari è ricchezza di sapere e d'esperienza. Di come il ruolo di collaboratrice sia per me incompatibile col fare la maestra. Sono riuscita ad uscire dal lamento e dal silenzio di un'indicibile passione grazie al percorso, di sguardo e parola, fatto assieme a Chiara e Cristina.

Il mio racconto si divide in tre parti che chiamerò "scene".

Prima scena: Ci vuole una vita per fare un giorno

E' lunedì pomeriggio: lavoriamo sull'interpretazione del testo. Per fare questo ho scelto il libro "Le cinque sorelle " di Margaret Mahy.
Leggo a voce alta, i bambini e le bambine ascoltano. Ascoltano e mi fermano quando c'è una parola che li tocca, li colpisce.
"Era una giornata d'estate calda e senza vento. Mentre i fiori sognavano la pioggia e i petali della rosa rampicante cadevano lievi nella vasca della fontana dei gigli d'acqua, Sally, impegnata fino a quel momento a fare disegni e scarabocchi, s'interruppe all'improvviso e rimase in ascolto"
Marco alza la mano "all'improvviso s'interruppe", perché, Sally si ferma, cosa ascolta? Giusi risponde che ascolta le Voci, le voci misteriose. Rileggo il titolo del capitolo, effettivamente "Voci misteriose"
Chiedo cosa fa loro venire in mente la parola Voci. E' un continuo di alzata di mano, e io registro tutto alla lavagna. Poi è la volta di mistero, misterioso…. Stessa partecipazione e ognuna/o ha la sua idea e tutto viene accolto e registrato. Anch'io partecipo e mi viene in mente una delle tante volte che insieme abbiamo parlato di Gabri, un bambino in classe con noi con gravi deficit psichici e motori. Perché Gabri non sa parlare, perchè piange, perché tiene sempre le mani in bocca, perchè ha sempre sete, perché picchia la testa contro il muro o sul pavimento, perché cade e ha tanta bava. Io davo (e do) risposte usando immagini, astronavi con corto circuito, lumachine lente che lasciano la scia, e poi chiedevo (e chiedo) loro cosa ne pensano… alcune risposte: Gabri ha mal di testa, è come un bimbo piccolo, a lui piace ciucciare come a noi che teniamo in bocca capelli, biro, gomme, collo della felpa…. E poi silenzi … non so… e la parola che venne pronunciata in una di queste occasioni fu: "è un mistero". Qualcuno, forse Alessadro, disse che G. era un enigma. "Come quello su cui un detective deve indagare, cercando prove per risolvere un caso", così noi con Gabri dovevamo e dobbiamo fare attenzione ai piccoli messaggi che ci manda per capire cosa ci sta chiedendo: fame? Sete? Voglio essere cambiato? Pulito? Ho caldo? Mi annoio, mi diverto, sto male.
Recupero la parola enigma, la torno ad associare a Gabri ma aggiungo che ognuno di noi lo è, ha parti nascoste sconosciute.. Emilio mentre aggiungo la parola alla lavagna: " E io, cosa ho di misterioso…?
Vacillo, spiazzata, non sono pronta a mettermi in gioco, all'imprevisto, e mai come quest'anno. Balbetto qualcosa, tengo un emmm …. poi gli dico: "Il fatto che le parole a volte faticano a uscirti e s'inciampino sulla tua bocca". Emilio ha un problema di balbuzie. Ne è consapevole e preoccupato, ma una volta davanti alla classe ne ha in qualche modo parlato e un'altra volta ha retto all'eco che Angelica gli stava facendo: non si è interrotto, ha continuato a parlare. Emilio mi sorride e mi pare soddisfatto. Io mi sento salva. Ma mi sbagliavo. Un mare di mani alzate e di: E io? E io? E io? Non posso tirarmi indietro. Le guardo, li guardo, in volto, negli occhi… e comincio a dire là dove mi sento più sicura: la paura, il sentirsi una "che tanto quello non lo sa fare", così dico a Dea, e si apre in un sorriso. L'ascolto con occhi distratti che sembrano in un viaggio, la lentezza concentrata di Jessica che sorride come sa far lei con tutto il corpo, come un'onda. La fragilità, la dolcezza di Andrea che nasconde un leone a cui lui non vuol dare da mangiare. Andrea s'illumina; questa associazione col leone gli è sempre piaciuta e in parte è servita a migliorare il suo rapporto col cibo.
Angelica, di Angelica dico cose che non mi piacciono, un po' angelo e un po' diavolo, un suo essere doppia. Dico parole di cui non sono convinta, sento che la loro aspettativa è alta. Non vedo più nemmeno i loro visi per cogliere una reazione…. non so che dire… sono un mistero per me. Non so che dire, li conosco ancora troppo poco, in parte è normale siamo solo in seconda, eppure sento una distanza che mi tocca, sento qualcosa di stonato. Da quant'è che non mi fermavo a guardarli a guardarle negli occhi. So di esserne stata capace, ma questa volta non riesco ad ammettere di non sapere. Temo la loro delusione, non riesco a essere autentica, sincera… Mi tolgo dall'imbarazzo che provo lasciando perdere chi non insiste, non incalza col suo: E io? E io? E sono grata a quelle poche mani che non si alzano, agli occhi abbassati di Alice.

Intensità, pienezza, autenticità queste sono le richieste che sento venire da loro e sono anche quelle che danno a me un'emozione vitale e tante volte la forza necessaria per vivere…

Eppure quest'anno con loro non rido mai, chiedo sempre ordine, autocontrollo, i tempi, le velocità d'esecuzione, le regole, precisione…
Cristina viene ad osservarmi in classe proprio in un periodo in cui sono in crisi. Non mi piaccio.(Alida scriverà sul quaderno che viene una maestra da Milano per vedere se sono brava o se devo migliorare). Vivo un forte disagio che sfocia in lamento in: è ora che cambi mestiere. Cristina mi osserva silenziosamente mentre faccio lezione. Parliamo del tempo, della durata, della loro storia personale, degli oggetti contenuti nella scatola chiamata "della vita". A un certo punto Lorenzo dice: "Ci vuole una vita per fare un giorno". Cristina fa una delle sue belle e rumorose risate, mentre io tiro dritto per la mia strada chiedendo che mi dimostrino che è pomeriggio, e affondo ciò che Lorenzo ha percepito in un "Cosa ti salta in mente, ci manca solo che facciate confusione tra la durata di un giorno e quella di una vita!". Un'altra volta avrei accolto questa sua intuizione, adesso sono sorda. E' proprio vero, occorre la ricchezza di una vita per cogliere e stare nella pienezza del momento, ma in questo momento la mia vita non mi viene in aiuto.

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