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Una maestra l'avrebbe invitata
a prendersi un caffè

di Giannina Longobardi

insegnante scuola superiore

Io volevo riprendere un input di Bagni ieri quando diceva "È sempre un piacere, è stimolante trovarsi tra di noi e ascoltarci ci dà un guadagno", ma lui poneva il problema di cosa succede quando usciamo di qui e del senso dell'operazione. Infatti, diceva, "Bisogna pensare anche a una verticalizzazione del conflitto".
Personalmente non riesco a pensare altro conflitto se non un conflitto simbolico come quello che stiamo operando qui. Qui, con l'operazione compiuta ieri, che è quella di dare prima di tutto la cattedra alle maestre, abbiamo messo in evidenza un grande esempio di autorità che le maestre si sono conquistate giocandosi tra di loro, giocandosi con le famiglie, con i bambini, con un lavoro che chiaramente è sostenuto da una visione simbolica che è quella della ripresa dell'autorità materna. Quello che io vedo, nella situazione attuale, nel contesto nel quale io mi muovo, che è quello della scuola superiore, è invece di una grande sofferenza proprio per mancanza di autorità.
Io non riesco a pensare che il problema sia la lotta alla riforma; il problema è proprio quello di mancanza di autorità in questa fine di patriarcato in cui delle forme di controllo e di potere, che prima venivano esercitate, oggi non funzionano più e tutta l'ideologia si sposta su il mercato, l'individuo e anche sulla famiglia. Ma sulla famiglia intesa come una famiglia che consuma una merce, non una famiglia che si rapporta con le figlie e i figli e con l'amore materno autorevole che pensa alla crescita. Io voglio dare solo due o tre esempi molto legati alla situazione che vivo a scuola. So che ci sono alle superiori e, come io temo, anche ai nidi e alle elementari le situazioni più differenziate.
Ognuno di noi può descrivere un contesto abbastanza particolare in questo momento proprio perché sono caduti alcuni riferimenti tradizionali. Comincerò con un episodio abbastanza ridicolo, abbastanza banale: un consiglio di classe della quinta, classe di maturità, piena di sofferenze, di problemi, anche individuali, delle ragazze, non indotti dalla scuola. L'insegnante di scienze arriva molto carica di rabbia, di risentimento e racconta questa scena. Lei aveva due ore nella fine della mattina, entra, doveva preparare un argomento molto difficile di cui si era preparata a mediare i contenuti perché fosse comprensibile, ecc., entra in classe e c'è una ragazza che dorme; le ragazze la guardano e dicono dorme e nessuno la sveglia. Le compagne non la svegliano e l'insegnante non la sveglia e naturalmente racconta in consiglio di classe che sta accumulando rabbia, rancore, fatica di fare questa lezione difficile in queste condizioni. Solamente dopo un'ora e mezza va vicino alla studente e le dice: "Adesso ti sei riposata abbastanza e leggi". Ecco, secondo me questo è l'esempio di un'insegnante, una volta sarebbe stata molto autoritaria, che in questo stato di confusione, in cui lei sa che c'è un consiglio di classe, in cui si dice: "Ma la poverina sta male", si sente controllata da noi, ma senza avere quella reazione naturale che le maestre avrebbero certamente avuto di andare a vedere questa qui come stava, perché dormiva, invitarla a prendersi un caffè, a farsi una passeggiata. Invece c'è questo ignorare e accumulare rabbia e rancore.Questa è la confusione che alle superiori c'è tra insegnanti e deriva da un crollo del potere. Il sistema "crediti", "debiti" non garantisce più quella situazione che prima si dava di ricatto e chi non è capace di conquistare un'autorità sul campo, chi non ha neanche il sentore simbolico che questa cosa esiste, che si possa esercitare, è veramente sperduto.
Così, secondo me, la confusione è grandissima anche tra i ragazzi e le ragazze. Ieri Katia Ricci diceva "Scompaiono le differenze di sesso, di generazione" e scompare, secondo me, anche qualsiasi segno del dire "buongiorno", del rispetto minimo. In questa omologazione si va anche a una maleducazione, a una perdita di capacità di dire grazie e nessun riconoscimento.
Io non credo che l'ideologia dei diritti con la quale questi ragazzi crescono possa regolare le relazioni né tra di loro né con di noi. Un altro aspetto della situazione è che siccome non c'è più potere, non c'è più controllo e noi ci troviamo forse per la prima volta ad affrontare quello che nella scuola di base è stato visto già prima, cioè l'handicap, il non poter bocciare, anche se uno ha materie insufficienti va avanti comunque, siamo in una situazione che non si tiene più con il potere, il ricatto, le bocciature e questo d'altra parte confonde anche i ragazzi, perché c'è uno spostamento sull'individualismo: mi pare che Letizia Bianchi, nei nostri incontri preparatori, dicesse che noi avevamo parlato di spazi per la differenza, per la singolarità, di attenzione alle persone e invece ne salta fuori, assorbito a livello della riforma, un progetto che punta tutto sull'individuo, oppure sulla famiglia che dovrebbe sostenerlo in questo suo percorso e in queste scelte.
Sempre negli incontri preparatori, ricordo Claudia, una maestra, che diceva: "Io non voglio una scuola senza classi, non voglio che mio figlio cresca senza amici". Noi riconosciamo che oggi c'è una grandissima solitudine, una mancanza di relazione dei nostri adolescenti che stanno sempre coi telefonini, computers, stanno attaccati a qualcosa per rimanere in relazione con qualcuno. Ci troviamo in un sistema che dovrebbe basarsi sulla competizione perché questa dovrebbe rimanere la motivazione, che uno accumuli buoni risultati, e siamo in un sistema di grande solitudine. Io non credo che questo, da noi, funzionerà; intanto perché le insegnanti sono donne e fanno fatica a valorizzare la competizione, a spingere gli studenti e le studenti alla competizione; è del tutto estraneo al nostro agire. Gestire una classe inducendo competizione mi pare una cosa molto estranea alle donne.
L'altro aspetto che mi preoccupa è che questa famiglia che viene al "centro del mercato" nei confronti della scuola, è una famiglia che soffre, in realtà, della mancanza - spesso - di esercizio di autorità materna. Questa autorità noi la poniamo come modello simbolico, se poi guardiamo la situazione reale, secondo me abbiamo delle crisi grosse anche nella re-lazione tra le madri e gli insegnanti.
Io credo che al di là della discussione sull'impianto della riforma, è tutto il sistema simbolico che sta dietro la riforma, che va ben oltre la riforma, che oggi noi dobbiamo rimettere in discussione.

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