|<< Indietro| | Indice 2^ giornata | | Avanti>>|

Le discipline sono quasi una scusa

di Rosalba Conserva

insegnante scuola superiore

Voglio riprendere la questione della lingua che ha posto Lorenzoni, quando diceva della ricchezza del comunicare attraverso varie modalità e che la penalizzazione dei ragazzi stranieri e delle ragazze straniere, dei bambini e delle bambine, è molto visibile nelle nostre scuole quando non vengono inseriti in classi non giuste, non della loro età.
La questione della padronanza dell'italiano è molto più drammatica e visibile nel passaggio alle scuole superiori. Una collega prima parlava della difficoltà di studiare sui manuali, questo ci riporta al problema della disciplina, io volevo sottolineare la crucialità della padronanza della lingua, non considerata in astratto, in assoluto, ma per come è fatta la scuola, aldilà di come la vorremmo, e quanto la questione sia non esplicitata abbastanza soprattutto da chi, pur assegnando alla lingua, penso alle materie scientifiche, una grande centralità, non se ne rende conto e quindi non è in grado di dare alla questione un giusto peso. Il fatto e qui voglio accennare a un presupposto che viene taciuto ma che andrebbe invece esplicitato è che gran parte della scienza che è incasellata nelle discipline non è nata come lingua materna. Le scienze fisiche e matematiche sono state veicolate attraverso il latino e soprattutto la fisica non è nata per essere né semplificata né divulgata, di qui poi tutte le difficoltà. Però qui c'è un presupposto che è ancora più a monte, e cito Bateson, non letteralmente perché a differenza di Armellini che ha avuto l'accortezza di fotocopiarlo non ho con me il libro, quando Bateson parla in Verso un'ecologia della mente, credo nel saggio "Ridondanza e codificazione", del passaggio evolutivo che avviene quando la prevalenza dei messaggi dal tipo ingiuntivo e quindi di comunicazione che poteva essere compresa accompagnandosi col gesto, diventa di tipo referenziale, cioè di parlare di qualcosa che non è né un io, né un tu e che può essere anche lontano nel tempo. Tutto questo nelle culture orali diventa storia, ma anche nelle culture scritte dove la scrittura non ha un ruolo predominante.
Diventa storia, diventa, come nei casi delle culture scritte, teorie, teorie al di fuori del tempo, al di fuori di una narratività molto facile.
È proprio nelle culture scritte che viene inventato lo studio, che quindi non esiste nelle culture orali. Non ricordo chi parlava dei danni che fa la scolarizzazione del sapere, credo che questo sapere sia difficile pensarlo al di fuori della scolarizzazione. Piuttosto questa è una tendenza alla naturalizzazione del modo di apprendere e quindi anche del linguaggio attraverso cui viene espresso.
A proposito delle discipline vorrei dire una cosa, ho capito che anche ieri se n'è parlato dai riferimenti sia di Armellini che di altri. Sono d'accordo sul carattere convenzionale delle discipline, dove più dove meno, il tasso della convenzionalità può variare, faccio un esempio semplice: che la storia degli umani venga insegnato in ore e persone differenti rispetto alle ore in cui viene insegnato la storia naturale cioè di tutti gli altri animali, a noi sembra ovvio che sia così, ma possiamo vederla anche come una convenzione, sono costruzioni storiche, qui il dibattito ci porterebbe lontano.
Sono d'accordo anche sul fatto che le discipline sono quasi una scusa per parlare di qualcosa, sono dei modelli testuali, sono parte di una storia, non saprei come dire, che costituiscono quel patrimonio di conoscenze condivise che forse in qualche momento ci fanno sentire meno soli, non so se può essere anche detto in questo modo.
Riflettevo su questo, non è un caso che a seguire dibattiti come questo, insieme con gli insegnanti della scuola dell'obbligo, ci siano quelli degli istituti tecnici. Ciò deriva dal fatto che noi ci scontriamo con una difficoltà di apprendimento che possiamo superare solo se ci appropriamo degli strumenti che posseggono i nostri colleghi e le colleghe della scuola dell'obbligo.
Il fatto che ciò non avviene nel liceo, o perlomeno non viene dichiarato, può significare anche che negli istituti tecnici e professionali, l'obbligo di studiare, di frequentare la scuola è più palese, più evidente, non so come esprimere questo pensiero. Io fra l'altro sono d'accordo sul fatto di restringere gli anni di studio, anzi mi aveva a suo tempo affascinato l'idea di Pasolini di chiudere la scuola alla elementare, di fare una buona scuola elementare e basta.
Il fatto che persone in altre latitudini oppure in altri tempi sarebbero state adulte e che invece devono stare nei banchi non è una cosa facile, è un fenomeno talmente vicino nel tempo che è difficile guardare gli effetti, se consideriamo che tutto questo è diventato obbligatorio per un numero straordinario di persone. Credo anche che imparare dalla scuola materna e elementare, per me è stata sempre una questione ovvia, ma credo che non lo sia per molti insegnanti. La questione degli spazi che poneva prima il collega che mi ha preceduta, del dover contrattare un'organizzazione, riguarda gli spazi, ma riguarda anche la didattica, una serie di questioni, quindi vedendo i moduli, che sono per un certo senso orribile, per altri versi il riuscire a contenere attraverso una grafica modulare il numero delle figure, delle persone che lavorano all'interno di una classe in un arco di tempo, nell'arco della giornata, credo che possa rendere più sopportabile, più gestibile la cosa.
Io credo che poi dalle riforme si possa anche trarre il lato giusto anche se credo che comunque la cornice possa essere una gabbia dentro la quale si potrebbe non riuscire più a lavorare, e firmerò molto volentieri questo appello per il tempo pieno.

| Torna su | |<< Indietro| | Indice 2^ giornata | | Avanti>>|