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Praticare i passaggi

di Luisa Muraro

docente universitaria

Ho alcune osservazioni da fare e alcune questioni di fondo da porre. Sono d'accordo con quanto ha detto Lori poco fa. Si è parlato del covare, il covare non è solo una cosa tra specie differenti, gatti che covano, ecc., il covare è la partecipazione dei maschi alla gestazione e alla nascita delle nuove vite.
Fondamentalmente il covare è questo, però Lorenzoni non riesce a dirlo. Le donne man mano che si emancipano dai ruoli tradizionali si spogliano della cultura di vita, una cultura preziosissima che è avvenuta dall'inizio della civiltà umana e che si è trasmessa di madre in figlia e si neutralizzano. Gli uomini fanno una fatica terribile a contaminarsi con le donne per questioni inerenti alla loro virilità, alla loro sessualità, alla mamma, io non lo so. Le donne a loro volta portano un contributo notevole a tutto questo problema, si spogliano della loro originalità, della grande cultura acquisita e diventano neutre.
L'altro punto che io ho trovato molto importante dal punto di vista politico è stato quando Nicoletta ha fatto notare il cambiamento in corso: i genitori si lasciano molto più coinvolgere nelle attività dei figli. L'ultimo anno che ho fatto nella scuola dell'obbligo ho visto arrivare i genitori nella mia scuola e per dire la verità, non c'era molto entusiasmo, diciamo che non ci siamo intesi. Io sono inciampata nell'autonomia adolescenziale dei miei alunni e delle mie alunne rispetto alla petulanza parentale. Per me i figli a scuola sono qualche cosa d'altro, altri rapporti, altra libertà, altri gusti, altra cultura. Quello che ha detto Nicoletta è importante perché lei attira la nostra attenzione su quello che di suo sta cambiando. Perché qualcosa cambi bisogna inserirsi in quello che di suo sta cambiando e approfittarne; l'arte della politica è quella lì e bisogna avere antenne e bisogna non avere risentimenti. Sono una donna che ha risentimenti e sto facendo un lavoro, anche personale, per superare questa cosa.
Sempre sulle osservazioni piccole, vorrei ricordare quello che Giancarlo Papa, che insegna a Firenze, ha detto nel primo libro dell'Autoriforma dell'università sull'architettura dell'università, sulla sua tristezza, sulla sua tetraggine. Ci sono nel suo testo dei suggerimenti pratici per tentare di sottrarre i luoghi a questa tristezza.
L'impostazione di questo nostro incontro è geniale: l'idea di capovolgere una forma mentale che abbiamo sentito al lavoro anche qui, perché anche qui si è sentito il risucchio dello specialismo eccetera. L'impostazione è stata trovata, potrebbe essere usufruita semplicemente come suggestiva, invece se la vogliamo veramente vivere, cioè se vogliamo andare veramente a fondo di questa idea geniale, è molto impegnativa.
Qualche obiezione è stata fatta, io ho ascoltato con interesse l'intervento di ieri sulle discipline che a qualcuno non è piaciuto, ma a me è interessato perché era un'obiezione. Tenterò di rispondere. Cosa può imparare una come me dalle maestre, da quelle che ho ascoltato qui, da quelle che incontro? La risposta è questa: posso imparare da loro a stare vicina agli inizi, come dice Cristina. Stare vicina agli inizi è fondamentale, io come filosofa dico che questo è importante. La seconda cosa è che posso imparare i passaggi. Da che cosa? Si tratta di saper praticare i passaggi tra l'esperienza di vivere e l'esperienza culturale. E che l'esperienza culturale non sia separata o opposta, rispetto a quella di vivere, ma sia comunicante. Non è neanche identica, naturalmente.
Saper fare esperienza culturale, saperla fare io, saperla fare come esperienza comunicante con l'esperienza di vivere. Perché io sono una che sa fare esperienza culturale, non solo perché sono una donna colta, io so bene che sono bravina a fare esperienza culturale, ma non sono tanto bravina nell'esperienza di vivere. Cioè faccio un'esperienza culturale come "altra", secondo una cultura che è classicamente di tradizione maschile. Le maestre e le educatrici, mostrano di conoscere i passaggi con le esperienze di vivere. Ricordo l'intervento della maestra di Pistoia che raccontava l'esperienza che lei ha fatto quando ha cominciato ad usare anche il femminile: diceva bambini e bambine. Lei si è accorta che le bambine reagivano; ecco, questa è una esperienza culturale enorme e loro l'hanno registrata. Un altro esempio è quello dell'educatrice di Palermo che raccontava come le creaturine (siamo nel nido) prestano attenzione alla cuoca e al giardiniere. Ecco, lì siamo di nuovo in un passaggio interessante, un passaggio tra esperienza di vivere e esperienza culturale. Anche questo passaggio è stato registrato dall'educatrice. Loro si sono accorte, loro che cercano di chiamarsi non assistenti ma educatrici, loro che sono preoccupate di vedere riconosciuto il loro ruolo, quindi già intrappolate nelle cose di cui abbiamo avuto già un campionario ieri: sono io dottoressa? No, sono professoressa? Perché mi chiamano così? Anche loro sono già intrappolate in questo: dicono insegnamento, parlano di sé come insegnanti e insomma tutte queste cose. Però ecco che questa stessa vede che le creature piccole prestano attenzione, lo vede e risponde a questo.
L'ultima cosa che voglio dire è che in questo senso l'esperienza culturale fatta così, con dei passaggi aperti verso l'esperienza di vivere, dall'esperienza di vivere all'esperienza culturale e viceversa, ecco, questo tipo di cosa qua risolve secondo me, …risolve?, ho la pretesa che possa risolvere, il problema delle discipline. Le esperienze culturali sono di vari livelli. Ed è vero che ci sono delle discipline, ed è vero che ci sono delle parzialità, ed è vero che ci sono delle separazioni diciamolo da un punto di vista di prodotti già elaborati: l'importante è che sappiamo fare noi, sappiamo mostrare agli altri, alle altre, in particolare alle persone giovani, sappiamo insegnare non il greco o la geografia, che sappiamo insegnare a loro stessi, e non è difficile perché lo sanno quasi fare loro stesse, loro stessi, cosa vuol dire interessarsi di geografia, di filosofia, ecc., cosa capita a loro, come vivono questa cosa, che cosa gli capita dentro. Perché allora sì che diventa interessante, perché qualsiasi testo, anche di letteratura greca antica, se viene fatto con questa attenzione all'esperienza culturale di una lingua strana, di parole strane, di idee interessanti, di associazioni …, ieri è stato tirato fuori giustamente l'erotismo; le persone di una certa età, comprese le persone piccole, hanno una carica di erotismo, se tutto questo viene rimesso in gioco nel momento in cui si parla di geografia, tutto questo si può fare. Non c'è da aver paura dell'esistenza di cose molto specializzate, molto specialistiche, se tutto questo lo si tiene nel registro del saper fare esperienza, la prima è del saper fare esperienza di vivere, del saper essere e vivere noi stesse e noi stessi. Tra l'altro questa cosa qui faceva la tensione delle prime relazioni, esemplari per tutte e tutti noi, delle maestre che hanno introdotto questo incontro. Non è che facevano una relazione, loro stavano raccontandoci un'esperienza culturale, stavano facendoci fare un'esperienza culturale. Perché ci stavano raccontando un'esperienza culturale nel senso forte della parola.
Basta, volevo ribadire che questo incontro è all'insegna di una straordinaria forza rivoluzionaria; però non consumiamolo nel fatto che abbiamo capovolto gli ordini che hanno dato alle cose i vari ispettori, i vari cavoli, i vari ministri. E non diciamo che fra dieci giorni potrebbe finire tutto, perché questo convegno è una grande rivoluzione.

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