Leiji Matsumoto's
GALAXY EXPRESS 999
Analisi sulla storia e i personaggi
Galaxy Express 999 è l’opera massima di Leiji Matsumoto. In essa vi si ritrovano le tematiche e i personaggi più cari all’autore, il tutto racchiuso in un affresco denso di significato e malinconia, dedicato ai sogni perduti della giovinezza.

La bellezza delle vicende della serie non sta tanto nel loro svolgersi di avventure, ma va letta fra le righe, nel significato, appunto. E’ quindi necessario cogliere le due chiavi di lettura: quella propria della narrazione, dell’avvicendarsi degli eventi, e quella metaforica, in cui ciò che accade simboleggia qualcosa.
Solo così si può cogliere al massimo tutto ciò che l’autore ha voluto comunicare, superando qualsiasi barriera razionale. Un poco ingenui ed improbabili ci sembrano, ad esempio, le spiegazioni sul funzionamento della linea ferroviaria galattica e del 999 stesso, in confronto a quanto esse in realtà significhino.

Il treno non è che la vita, o meglio, quella fase della vita in cui si fanno le esperienze che formano l’individuo; e quindi il passeggero non raggiungerà come meta ciò che si era prefisso, ma più semplicemente la propria maturità. Una legge del Galaxy Express dice che se un passeggero scende dal treno durante una fermata e non rientra in tempo per la partenza, questi muore. Razionalmente perdere il treno e rimanere su un pianeta non dovrebbero per forza di cose portare alla morte un essere umano, ma perdere il treno, in realtà significa proprio perdere la vita. Il Galaxy è la vita che trascorre, il cosmo è la dimensione in cui si muove, ed i pianeti che visita sono ognuno un’esperienza del vivere.

Le tematiche che Matsumoto affronta sono molte, ma fra le più ricorrenti ed importanti troviamo le ingiustizie sociali e l’antimilitarismo, il sentimento della solitudine e della malinconia, la bellezza delle arti e della natura, i significati della vita e della morte.

Dal punto di vista cronologico, e rispetto alle altre serie, Galaxy Express 999, si colloca come ultima, non solo perché la vicenda ci mostra una tecnologia esasperatamente avanzata o per l’estrema colonizzazione spaziale da parte dei terrestri, ma per ciò che essa significhi.

Quello che vive Tetsuro è infatti la summa di tutte le emozioni e desideri che da giovani abbiamo provato ed ingenuamente ambito, sognando magari di viverle nelle nostre leggende o avventure preferite; tutto quello che poi abbiamo visto sfumare o essersi deformato mano a mano che crescevamo e ci si avvicinava sempre più al mondo degli adulti (questo aspetto, ben evidenziato nel film del ’79, è ripreso sino agli stessi titoli di coda: Tetsuro s’incammina "verso il mondo degli adulti" e il manifesto "wanted" di Harlock svolazza velocemente sopra di lui, come metafora che il tempo di sognare a fianco degli eroi della giovinezza è ormai finito).

D’altro canto, però, l’eterna giovinezza degli uomini meccanici è sinonimo di un "non voler crescere" e di restare per sempre in un limbo interiore che non sente l’esigenza di fare nulla per il suo domani perché infinito; e non è un caso che alcuni finiscono col suicidarsi rimpiangendo il loro vecchio corpo umano. In sostanza, la maturità è vista come meta faticosa e un po’ temuta, ma inevitabile perché fa parte del ciclo naturale della vita, così come la morte. Tetsuro rifiutando il corpo meccanico sceglierà di affrontare la vita come un vero uomo, con i propri limiti ma con un cuore umano.

La figura di Tetsuro è oltretutto vista come una delle ultime speranze per il futuro dell’umanità, sin dall’inizio della storia. Egli viene prescelto da Maeter proprio per il suo animo sensibile, altruista e coraggioso, doti ormai in via di estinzione nella Terra del futuro.

Così come la vicenda, anche Maeter risulta essere un’essenza dal doppio significato. Tetsuro viene scelto, secondo la narrazione, per essere condotto sul pianeta meccanico della regina Promexium per essere trasformato in un valoroso condottiero al suo servizio, ma secondo la metafora è solo un ragazzo che affronta il viaggio verso la maturità.

Nel primo caso Maeter risulta essere una traditrice, cioè l’esatto opposto di ciò che ci era apparsa durante il viaggio, e tutta la figura di protezione, saggezza, e (quasi) perfezione viene distrutta ai nostri occhi per apparirvene un’altra, più subdola, insicura, e ciononostante più umana.
Nel secondo caso è invece solo un’essenza della maternità (il nome Maeter è proprio derivato dalla parola latina "mater", ovvero "madre", pronunciato alla giapponese) e di conseguenza quasi uno spirito. A conferma di questo resta esemplare il finale della storia, in cui, nonostante la disfatta di Promexium e del pianeta Andromeda (quindi senza una seconda motivazione), la vediamo pronta ad intraprendere un nuovo viaggio con un nuovo ragazzo.

Maeter, per questo, è anche un simbolo dello spirito della gioventù, che non muore mai perché si tramanda di generazione in generazione. La sua immortalità, è quindi, non dovuta ad un corpo meccanico (anche se nel finale viene spiegato sommariamente di un processo simile alla clonazione) ma perché Maeter è uno spirito, un’essenza, un simbolo.

Nella lunga galleria, comunque, anche altri personaggi di Matsumoto hanno il privilegio di essere dei simboli.
Capitan Harlock rappresenta l’ideale d’uomo, l’eroe fedele ai suoi principi fino alla morte, anche quando tutto un mondo lo rifiuta e lo considera fuorilegge.
Tochiro, il costruttore dell’astronave Arcadia di Harlock, è il simbolo della genialità e del sacrificio per il prossimo.
Esmeralda è, colei che viene definita l’eterna viaggiatrice, il significato della pura libertà; è strettamente legata a Maeter da un rapporto di sangue.

Durante la serie questi tre personaggi vengono descritti quasi come degli eletti coraggiosi ma temibili (soprattutto perché pirati spaziali), gli unici ad avere le cosmic-guns, le potentissime pistole galattiche capaci anche di uccidere gli uomini meccanici.
In verità Tochiro, che in questa serie è già morto da tempo, viene solo citato indirettamente come valoroso guerriero dal glorioso passato, le cui vestigia (un vecchio cappello traforato da proiettili e l’ambita cosmic-gun) vengono donate a Tetsuro dalla vecchia madre, che vede nel ragazzo un degno erede.
Come già detto per Maeter, anche personaggi statuari e leggendari come Harlock ed Esmeralda, non sfuggono al ribaltamento della loro essenza.
        
Esmeralda la troviamo stanca, malata con un androide al comando della propria astronave, Queen Esmeralda, che ne fa le veci in sua assenza. L’immagine fiera della pirata spaziale è ora sparita, al suo posto vediamo una donna costretta a vivere sotto le lenzuola di un letto, ma ciononostante pronta sempre a mostrare il suo orgoglio incrollabile, confermato anche dal preferire la malattia ad un corpo meccanico.

Capitan Harlock, invece appare in una situazione oscura e decadente così come si presenta: avvolto da una fatiscente cappa col viso sempre in penombra.
L’Harlock che incontrano Tetsuro e Maeter è un tiranno spietato che terrorizza i più deboli, che è vigliacco, e che ha in se tutte le caratteristiche che l’Harlock di un tempo detestava di più; praticamente un’ombra di se stesso.
Tutto si risolverà con lo smascheramento di un impostore uomo meccanico, e con la conferma che il vero capitano era colui che in realtà ha vegliato su Tetsuro più volte fin dall’inizio della vicenda.
Ma aldilà di questo, resta il fatto che per tre episodi Matsumoto abbia voluto mettere in discussione anche una personalità forte come quella del pirata spaziale, illustrandoci che la vera forza dell’eroe è alimentata da un cuore umano.

N.G.