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Galaxy Express 999 è l’opera
massima di Leiji Matsumoto. In essa vi si ritrovano le tematiche e i personaggi
più cari all’autore, il tutto racchiuso in un affresco denso di significato
e malinconia, dedicato ai sogni perduti della giovinezza.
La bellezza delle vicende della serie non
sta tanto nel loro svolgersi di avventure, ma va letta fra le righe, nel
significato, appunto. E’ quindi necessario cogliere le due chiavi di lettura:
quella propria della narrazione, dell’avvicendarsi degli eventi, e quella
metaforica, in cui ciò che accade simboleggia qualcosa.
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Le tematiche che Matsumoto affronta sono molte, ma fra le più ricorrenti ed importanti troviamo le ingiustizie sociali e l’antimilitarismo, il sentimento della solitudine e della malinconia, la bellezza delle arti e della natura, i significati della vita e della morte.
Dal punto di vista cronologico, e rispetto alle altre serie, Galaxy Express 999, si colloca come ultima, non solo perché la vicenda ci mostra una tecnologia esasperatamente avanzata o per l’estrema colonizzazione spaziale da parte dei terrestri, ma per ciò che essa significhi.
Quello che vive Tetsuro è infatti la summa di tutte le emozioni e desideri che da giovani abbiamo provato ed ingenuamente ambito, sognando magari di viverle nelle nostre leggende o avventure preferite; tutto quello che poi abbiamo visto sfumare o essersi deformato mano a mano che crescevamo e ci si avvicinava sempre più al mondo degli adulti (questo aspetto, ben evidenziato nel film del ’79, è ripreso sino agli stessi titoli di coda: Tetsuro s’incammina "verso il mondo degli adulti" e il manifesto "wanted" di Harlock svolazza velocemente sopra di lui, come metafora che il tempo di sognare a fianco degli eroi della giovinezza è ormai finito).
D’altro canto, però, l’eterna giovinezza degli uomini meccanici è sinonimo di un "non voler crescere" e di restare per sempre in un limbo interiore che non sente l’esigenza di fare nulla per il suo domani perché infinito; e non è un caso che alcuni finiscono col suicidarsi rimpiangendo il loro vecchio corpo umano. In sostanza, la maturità è vista come meta faticosa e un po’ temuta, ma inevitabile perché fa parte del ciclo naturale della vita, così come la morte. Tetsuro rifiutando il corpo meccanico sceglierà di affrontare la vita come un vero uomo, con i propri limiti ma con un cuore umano.
La figura di Tetsuro è oltretutto vista come una delle ultime speranze per il futuro dell’umanità, sin dall’inizio della storia. Egli viene prescelto da Maeter proprio per il suo animo sensibile, altruista e coraggioso, doti ormai in via di estinzione nella Terra del futuro.
Così come la vicenda, anche Maeter risulta essere un’essenza dal doppio significato. Tetsuro viene scelto, secondo la narrazione, per essere condotto sul pianeta meccanico della regina Promexium per essere trasformato in un valoroso condottiero al suo servizio, ma secondo la metafora è solo un ragazzo che affronta il viaggio verso la maturità.
Nel primo caso Maeter risulta essere una traditrice,
cioè l’esatto opposto di ciò che ci era apparsa durante il
viaggio, e tutta la figura di protezione, saggezza, e (quasi) perfezione
viene distrutta ai nostri occhi per apparirvene un’altra, più subdola,
insicura, e ciononostante più umana.
Nel secondo caso è invece solo un’essenza
della maternità (il nome Maeter è proprio derivato dalla
parola latina "mater", ovvero "madre", pronunciato alla giapponese) e di
conseguenza quasi uno spirito. A conferma di questo resta esemplare il
finale della storia, in cui, nonostante la disfatta di Promexium e del
pianeta Andromeda (quindi senza una seconda motivazione), la vediamo pronta
ad intraprendere un nuovo viaggio con un nuovo ragazzo.
Maeter, per questo, è anche un simbolo dello spirito della gioventù, che non muore mai perché si tramanda di generazione in generazione. La sua immortalità, è quindi, non dovuta ad un corpo meccanico (anche se nel finale viene spiegato sommariamente di un processo simile alla clonazione) ma perché Maeter è uno spirito, un’essenza, un simbolo.
Nella lunga galleria, comunque, anche altri
personaggi di Matsumoto hanno il privilegio di essere dei simboli.
Capitan Harlock rappresenta l’ideale d’uomo,
l’eroe fedele ai suoi principi fino alla morte, anche quando tutto un mondo
lo rifiuta e lo considera fuorilegge.
Tochiro, il costruttore dell’astronave Arcadia
di Harlock, è il simbolo della genialità e del sacrificio
per il prossimo.
Esmeralda è, colei che viene definita
l’eterna viaggiatrice, il significato della pura libertà; è
strettamente legata a Maeter da un rapporto di sangue.
Capitan Harlock, invece appare in una situazione
oscura e decadente così come si presenta: avvolto da una fatiscente
cappa col viso sempre in penombra.
L’Harlock che incontrano Tetsuro e Maeter
è un tiranno spietato che terrorizza i più deboli, che è
vigliacco, e che ha in se tutte le caratteristiche che l’Harlock di un
tempo detestava di più; praticamente un’ombra di se stesso.
Tutto si risolverà con lo smascheramento
di un impostore uomo meccanico, e con la conferma che il vero capitano
era colui che in realtà ha vegliato su Tetsuro più volte
fin dall’inizio della vicenda.
Ma aldilà di questo, resta il fatto
che per tre episodi Matsumoto abbia voluto mettere in discussione anche
una personalità forte come quella del pirata spaziale, illustrandoci
che la vera forza dell’eroe è alimentata da un cuore umano.
N.G.