Edmond D'Anthes
Lettre cadeaux pour tout l'ensemble.
Cari bohemiens,
dopo un istante di perplessità sull'anacronismo della boheme (per qualche minuto vi
sospettavo di fatuo divertissment letterario e di infatuazione dilettantesca per un
periodo intellettuale contestatario, ammantato di decadente estetismo e della pallida
luce romantica delle soffitte degli scapigliati) ho cambiato parere. Siete adatti a
questo tempo. La Boheme nasce dal ripiegamento doloroso dell'intellettuale i cui ideali,
etici e d estetici, sono totalmente negati dall'utilitarismo biecamente produttivista
e grettamente utilitarista dell'universo borghese fin de siecle.
Viviamo in un'epoca di riflusso e involuzione paragonabile a molte altre nella storia,
e in particolare a quella Restaurazione che dopo il 1815 cancellò i diritti dell'Uomo
e del cittadino, ripristinando un anacronistico ancient regime. Oggi una reazione
altrettanto forte cancella i diritti civili, e una mutazione del mercato del lavoro
nega futuro alla generazione che si affaccia oggi sul mercato del lavoro. Un liberismo
oltranzista ci sta riportando incredibilmente a rivivere in Occidente situazioni che
credevo relegate per sempre ai tempi di Dickens. Ovunque il diritto a una retribuzione
equa e dignitosa viene di fatto conculcato, rendendo impossibile ai giovani affrancarsi
dalle famiglie. Alla faccia della vulgata che li vorrebbe tutti figli di mamma come Tanguy.
Farsi una famiglia diventerà sempre più un privilegio. Viviamo in una società permeata di
imput creati dalla macchina della comunicazione. I singles vengono cullati e coccolati
e numerose rubriche accreditano il loro stile di vita come trendy e come un valore,
per indurre un'imitazione e un accoglimento dello stesso su più vasta scala. Perchè
le indagini di mercato mostrano che i singles, per compensare solitudini esistenziali
cui non si accenna mai, si premiano con acquisti (consumo-terapia) leni-stress.
Cosa che segmenti diversi di età non fanno più: in particolare, una volta fatta
una famiglia, specie se ci sono figli, si determina di solito un'assunzione di
responsabilità rispetto alle spese superflue. Mentre per pompare i consumi in
mercati saturi c'è bisogno di una continua crescita, e perciò il modello ideale di
consumatore è un uomo/donna che lavora (ha denaro, a differenza dell'adolescente)
ma è privo di partner fisso e famiglia, e mantiene pertanto caratteristiche
adolescenziali di spesa e una propensione al consumo di gadget costosi,
inseguendo piccoli feticci trendy. Perciò si moltiplicano riviste e iniziative
editoriali dedite a creare e propagandare questo modo di vivere: dalle sitcom
ai siti alle rubriche dei rotocalchi, si mostra e propaganda il modello single: quello di tribù di ridicoli tardoadolescenti ultratrentenni
più o meno simpaticamente nevrotici che vivono a tutti gli effetti una regressione infantile.
Dato che il pubblico generalista non si fa un idea sua, ma ride con le risate registrate
e pensa ciò che il programma suggerisce, tali personaggi non sono percepiti come macchiette:
la luce in cui si muovono infatti non è affatto ridicola o negativa, ma improntata a
simpatia e tinta di tutti quegli elementi che suggeriscono uno status cool(=figo, trendy).
Così assistiamo impotenti al perverso fenomeno noto in comunicazione come
"profezia che si autoavvera": si mostra mimeticamente un atteggiamento dato in
ragazzi costruiti nelle fiction in tutto e per tutto su misura del target preso
dalla realtà, aggiungendoci qualcosa che non c'è, qualcosa che si vuole proporre
subliminalmente all'imitazione. Se il veicolo è una sit-com che fa tendenza,
quel qualcosa farà sicuramente moda. Presentato come già reale prima che lo sia,
viene subito adottato dalla gente che subisce il potere normativo dei media di
consumo popolare. Certe cose, solo per essere mostrare, diventano parte della mentalità
collettiva, vengono accettate, sono "normali".
Così mi trovo a vedere con tristezza legioni di ragazzi e ragazze trasformarsi in
inconsapevoli cloni di fantasmi pubblicitari. E vedo permanere in uno stato gigionesco
di postadolescenza simpatici quarantacinquenni che mostrano un'età mentale di 17 anni.
Ermanno Olmi, anni fa, disse che la nostra civiltà regredisce ad un'imfanzia che non
è più innocenza.
E' già successo: nel settecento e nel tardo impero romano. Non a caso due epoche di
apparente splendore e decadenza, che preparavano il crollo di sistemi di civiltà corrotti,
marci, arrivati al limite, al loro canto del cigno.
Tutti gli imput offerti dai media generalisti, dati in pasto ai consumatori televisivi
e di stampa popolare, sono di qualità così bassa e volgare da provocare l'istupidimento
e l'involgarimento di chi ne fa abituale consumo.
Non parlo della situazione interna perchè mi riesce troppo penoso vivere in un Paese che
eguaglia solo la Thailandia. Leggo sempre l'Economist, e ho amici negli States e in alcuni
Paesi europei: nessuno di essi mi risulta essere bolscevico, eppure tutti ci prendono per i
fondelli, giustificatamente.
Viviamo in un'era in cui un neocolonialismo globale ricrea (mutatis mutandis) scenari da
Compagnia delle Indie, simili a quelli descritti da Conrad.
Sul clima oppressivo della Restaurazione, Sthendal scriveva Le Rouge et le Noir: dove nero è
la cappa reazionaria calata dalla Santa Alleanza, rosso è la memoria del bonapartismo come
erede delle conquiste sociali rivoluzionarie. Venendo a noi, rouge oggi è il ricordo non del
comunismo, ma delle battaglie dei movimenti per i diritti civili, dei Kennedy uccisi come i
Gracchi a Roma, di Martin L. King, di un fantasma di socialdemocrazia e di liberalismo che
sembravano ancora possibili prima dell'involuzione reazionaria che ne ha spazzato ogni
traccia instaurando un regime soft (e neanche tanto, al G8 di Genova). Rosso, in questo
caso, non è solo necessariamente la bandiera di Rifondazione Comunista, ma il vessillo
del Socialismo, di un'idea di sinistra da sempre moderata e gradualista, anticomunista
perchè il comunismo integrale è un'utopia e ogni utopia e assoluto, se applicato produce
orrori (l'assoluto dello stato produce il fascismo, l'assoluto della razza il nazismo,
l'assoluto della classe lo stalinismo, l'assoluto del mercato il liberismo selvaggio
e il turbocapitalismo che distrugge la classe media e con essa, ciecamente, sè stesso ).
Rouge è lo stesso liberalismo, che sino a Einaudi era cosa ben distinta e opposta al liberismo.
Il liberalismo era nell'ottocento una dottrina progressista che perseguiva libertà di pensiero,
stampa, associazione, negate dal neoassolutismo della Restaurazione. Non è errato dire che i
liberali, i carbonari che volevano la costituzione etc, erano progressisti e di sinistra,
seppur non certamente comunisti (il comunismo non era nemmeno ancor nato quando i Mazzini
si battevano per le libertà del cittadino e dell'uomo). Altra cosa, completamente diversa,
è il liberismo, dottrina squisitamente economica, che si riferisce alle libertà dell'imprenditore.
In un'epoca di barriere, dazi doganali, mercantilismo, il liberismo poteva anche essere
progressista. Così come ovviamente era positiva come affermazione del libero mercato di
contro al dogma veterocomunista del socialismo reale. Ma oggi non è altro, per dirla con
un economista inglese, che il culto del free fox in free cockpit: libertà totale senza
alcun vincolo. Libertà di inquinare, di non stipendiare in modo dignitoso, di licenziare
senza giusta causa etc. Libertà di avere paradisi fiscali, libertà dalle tasse.
Che le piccole imprese possano avere titolo a chiedere sgravii fiscali ed incentivi
è un conto. Ma la loro alleanza con la grande impresa, che sempre più è diramata e
transnazionale, e che tende ad operare in regimi di monopolio fagocitando i piccoli,
è una tragica illusione cognitiva. La grande impresa in realtà non desidera il sorgere
e il proliferare di tante piccole imprese (se non nel suo indotto immediato) più di
quanto i notai e dentisti di una città desiderino veder moltiplicare i concorrenti
(di qui il numero chiuso e le selezioni, superate in genere da figli di notai e dentisti).
Ovunque la grande impresa sta sgretolando il tessuto delle piccole imprese.
E questo non riguarda solo i pizzicagnoli costretti a chiudere dai grandi centri
commerciali. Ma anche le famiglie borghesi che possedevano da generazioni
tre negozi di ottica, e che li devono cedere a Salmoiraghi. O vendere la libreria
di famiglia a Starbuck's o Gulliver, o la gioielleria a una grande catena. I blockbuster sgominano i piccoli esercenti di videonoleggio
(che sopravvivono solo grazie al porno).
Insomma, cari amici, siamo in pieno clima Restaurazione: regresso su tutti i fronti e
reazione all'offensiva. Confermati privilegi al capitale e smantellato il welfare:
ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Ecco perchè mi piace che ci sia
un circolo bohemienne che svolga la funzione di stimolare, o anche solo costituisca
un sodalizio di amici engagè e capaci di parlare di qualcosa di più del nulla che ricorre
nelle conversazioni ordinarie dei giovani Cagliaritani. Che poi la vostra coscienza
critica si traduca in voglia di comunicare e spirito di servizio, vi fa onore: testimonia
del vostro entusiasmo e vitalità.