Attualità
- Videogames: Censura e violenza.
- La globalizzazione: "Mondoglobo".
- Immigrazione: Le frontiere invisibili.
<< Mi aggiro in una zona paludosa. La nebbia è fitta, ma riesco a scorgere in
lontananza i fasci delle torce dei marines che mi braccano. Ho poche munizioni,
parecchie ferite di striscio, ma sono in possesso della chiave magnetica che mi
consentirà di accedere al laboratorio segreto.
Sarà difficile, dovrò far fuori parecchie guardie, ma riuscirò a cavarmela anche questa volta! >>.
Chi di voi non si è mai trovato in una situazione simile?
Calma, calma…. Cosa andate a pensare…. Non siamo in Afghanistan alla ricerca di Bin Laden.
E' solo un videogames!!
I fatti
Tre anni fa l'opinione pubblica rimase scioccata per gli eventi di inaudita violenza
giovanile verificatisi negli U.S.A. Allora si riscontrarono numerosi casi di omicidi
e addirittura stragi, senza un apparente motivo, nel settore medio-alto della società
americana, proprio nelle scuole dei giovani bianchi.(Di certo nessuno si è mai sconvolto
per la violenza che esprimono i giovani emarginati dei ghetti e dei quartieri di immigrati
delle grandi città del nuovo mondo). Il governo, le associazioni religiose e i mass-media,
coloro i quali devono dispensare una spiegazione per tenere nascosta la paura, la violenza
e la verità, si rifugiarono meschinamente in un attacco senza precedenti contro i
videogames cosiddetti violenti, rei di influenzare negativamente i ragazzi.
Doom, Duke Nukem, Resident Evil, Quake e tanti altri titoli famosi e non, furono imputati
e condannati come sola causa dell'esplosione di follia brutale nei giovani americani.
E' stato proprio un peccato. Perché i Signori che forgiano le leggi e amministrano le
regole potevano cogliere la giusta occasione per denunciare le vere cause dello sfascio
della cultura della formazione nelle società occidentali. La mancanza di solidi ideali,
la sola e arida aspirazione al denaro, l'eccessivo materialismo, la violenza gratuita
in ogni dove, ostentata soprattutto dai mass media, e la mancanza di veri stimoli,
hanno fatto nascere una generazione incompiuta e priva di un'identità, che nei casi
più gravi di disadattamento e malessere sociale ha fatto scaturire una sorta di ribellione
estrema.
Per di più in un paese dove si può acquistare molto più facilmente un'arma da fuoco che
una birra è semplicemente anacronistico criminalizzare la presunta influenza negativa
dei giochi elettronici sui giovani e benestanti yankee.
In Italia
Nel nostro bel paese, guidato come al solito dagli abituali incompetenti, l'eco
delle notizie e dei fatti d'oltre oceano fece partire una campagna di censura
senza precedenti, con il ritiro dal mercato di alcuni fra i titoli più venduti (Resident Evil).
La censura italiana non è estranea a colpi di testa simili, ma questo avvenimento, logicamente
snobbato dai media, fu davvero scandaloso per uno stato dalla straordinaria storia culturale
come il nostro. Il gioco in questione, ad esempio, è assai sanguinario e violento e suscita
forti emozioni e paura, e potrebbe (o dovrebbe?) essere vietato ai bambini, ma da qui al
ritiro dai negozi, come se fosse un testo satanico sull'anticristo reincarnato in Bin Laden
(?!), c'è una bella differenza. Esperti criminologi e psicologi giudicarono "a rischio"
il gioco, bollandolo come manifestazione di modelli e comportamenti negativi. Come se
giocare a guardie e ladri conduca i bimbi (che fan i birbanti) nella strada della
criminalità, o come se la visione di un bel film dell'orrore porti direttamente al
compimento di una serie imprecisata di delitti seriali!
Oggi
Dal 1999 ad oggi il mondo non è cambiato affatto, a parte due grattacieli in meno.
Con la diffusione dell'informatica e la conseguente celebrità dei videogiochi, la censura
di molti paesi ha intrapreso il lavoro di ritaglio e di cancellazione dei numerosi titoli
ludici multimediali che ispirano brividi ed emozioni nel tempo libero di grandi e piccini.
Nel 2001 in Brasile il ministero della giustizia ha brutalmente bandito sei giochi dall'intero
territorio nazionale. Doom, Mortal Kombat, Requiem, Blood, Postal, Duke Nukem sono stati
depennati, e la lista è stata estesa a numerosi altri giochi. Tutto ciò è accaduto perché
un ragazzo di 24 anni, in evidente stato di squilibrio mentale, ha ucciso con un terribile
gesto folle 3 persone e ne ha ferite altre 8, pare scimmiottando una scena del gioco Doom.
Il governo brasiliano sa benissimo di intraprendere una azione ipocrita di propaganda
che tende a nascondere ed insabbiare i gravi problemi sociali che pesano sul proprio
paese, a partire dalla assurda disparità della distribuzione della ricchezza e dal
desolante stato di povertà che grava sul popolo. Ma di certo non viene a dirlo a noi.
All'inizio del 2002 è stato depennato in Australia il bellissimo Grand Theft Auto (GTA3)
per Playstation2. La censura della terra dei canguri non ha potuto fare a meno di denunciare
la Take 2, l'azienda produttrice, per "scene di violenza sessuale", nonostante il gioco
fosse esplicitamente indicato solo per i ragazzi maggiori di 15 anni. Il gioco in questione è
decisamente violento. Consente al giocatore di commettere ogni genere di crimine: rubare,
picchiare chiunque, uccidere a spasso per una tranquilla (non proprio) città. Ma l'azione
che ha fatto perdere la pazienza ai censori australiani è stata la possibilità di "consumare"
un rapporto con una prostituta e al contempo stesso ucciderla, quest'ultima modalità valida
per tutti i personaggi. Per le autorità della capitale federale Canberra, quindi, credo sia
normale usanza andare per lucciole, uccidere passanti e gangster, e rubare auto della polizia,
ma considerano assai grave assassinare meretrici….mah!
Il problema è così semplice che basterebbe poco per far aprire gli occhi alle autorità
competenti di tutti gli stati in questione, le quali autorità non ancora sono entrate
nell'ordine di idee che il videogioco, come formato ludico, ha ormai da tempo
sconfinato dal mondo dei bambini, non solo per l'eccessiva forza emotiva che può
suscitare, ma anche per la complessità e per la struttura culturale del gioco
stesso. Non esistono ancora leggi adatte che possano categorizzare le varie
tipologie di divertimento multimediale, in modo da renderle accessibili alle varie
fasce d'età. E non esistono organi competenti atti ad informare i genitori su cosa
i propri figli possono acquistare sotto forma di gioco per infanti. Quelli che
esistono, come la Codacons in Italia, agiscono con i mezzi dei paesi citati prima.
E' accaduto proprio poco tempo fa un caso di censura a danno dei fumetti "Tex" e "Julia".
Non tutto è perduto….Qualcosa si sta pian piano muovendo verso la ragione. In Canada,
ad esempio, è stato disposta una censura di massa per tutta la categoria videoludica.
In pratica han creato nei negozi specializzati una sezione riservata per i giochi
violenti ed erotici, un po' come accade per i film in dvd e vhs. Il provvedimento
non è definitivo, ma sicuramente è sulla buona strada.
Forze occulte…
Il mercato dei videogiochi e delle tecnologie ludiche è contrastato e spesso
censurato non solo dall'incompetenza amministrativa, che prima o poi potrà cambiare,
ma anche da altri organismi ben più radicati e influenti delle strutture citate.
Associazioni cattoliche, organizzazioni proibizioniste, gruppi associati di genitori
concorrono per il ritiro dei videogames, di libri , di fumetti e di ogni altra forma
di divertimento al loro giudizio "devianti". Anche se spesso rimangono nell'ombra,
bisogna sempre tenerne conto.
Ad esempio mi è capitato di imbattermi in un sito internet dell'Associazione Famiglie
Cattoliche "San Carlo Borromeo". In un documento che pare proprio un manifesto, questa
simpatica congrega di genitori praticanti si permette di diffondere la presunta
attendibilità dei danni che provocano i videogiochi. L'argomentazione è davvero
impressionante: questi "manufatti del demonio" causerebbero alla labile psiche dei
giovani virgulti cattolici e non, una qualcerta istigazione alla violenza, l'incapacità
di discernere tra bene e male, una spinta verso il crimine. Inoltre sarebbero motivo
di scarso rendimento scolastico, di gravi disturbi fisici, e non per questo meno importante,
della perdita della verginità da parte delle ragazze minorenni!!!! Pazzesco!!
Questa organizzazione, in grado di ottenere sicuramente una certa influenza,
soprattutto con il governo attuale, si prefigge addirittura di presentare in
parlamento una proposta di legge per "ABOLIRE L'IMPORTAZIONE DI VIDEOGIOCHI
NEL NOSTRO PAESE"!!! Inconcepibile!!!
Infine…
La libertà di opinione, di stampa, di parola è un diritto legittimo di ogni cittadino del mondo.
Il clima di assurdo proibizionismo che si configura spesso contro i videogames, i fumetti
ed altre forme di divertimento "libere", non può non essere preso in esame da tutti noi.
Anche perché la forbice della censura potrebbe protendersi su altre sfere della società,
senza che nessuno se ne accorga.
I giochi con un eccesso di violenza sono solo un divertimento e danno all'utente delle
nuove emozioni e brividi.
Perché i giovani, i bambini, gli adolescenti, ma anche gli adulti, non possono provare
il piacere di aver paura, un'esperienza più che naturale per chiunque? La paura e il
terrore all'interno di un gioco non ha mai fatto male a nessuno. Quando mai fare un
giro sulle montagne russe è stato pericoloso, oppure un'escursione nella casa dei fantasmi
al luna park è mai stato un gesto ad alto rischio?
Perché un giudice, il governo, il ministro si deve prendere il diritto di decidere
cosa fa paura o cosa no? Sono regolarmente in vendita film dell'orrore, fumetti
e libri con contenuti altamente violenti e spaventosi, dovremo temere che anche
questi saranno proibiti a norma di legge?
Speriamo di no.
Quezal
Quando non avevo ancora ben chiaro cosa volesse dire la parola globalizzazione,
mi divertivo a chiederlo in giro, sperando
di trovare qualcuno ben più illuminato di me che potesse darmi un’unica risposta
chiarificatrice ed un significato unanime.
Be’, ho dovuto constatare che questa precisa spiegazione non esisteva, così come
recita Alessandro Baricco :”Non c’è un’unica
definizione di stupidità però ce ne sono vari esempi, così è per la globalizzazione”.
E’ vero dunque che, secondo i pareri più disparati a riguardo, appaiono ben chiari
alcuni punti che ci permettono grosso modo di delineare un quadro seppur vago della situazione.
Globalizzazione significa che in ogni luogo tu vada puoi trovarci la Coca Cola,
la Marlboro e la Nike. Puoi comprare azioni e investire soldi in qualsiasi paese,
puoi collegarti a Internet(parrebbe che persino i monaci tibetani possano farlo),
puoi perfino comprare on line. Bello, è vero, ma quanti veramente possono o vogliono farlo.
Non certo la casalinga o i bambini dell’ India
povera, solo per fare due esempi che
riguardano già di per sé una fetta significativa
del mondo. Senza contare le nuove statistiche
che ci informano dei lettori che pur possedendo
un computer e navigando in Internet,
continuano a ordinare i libri secondo il tradizionale
metodo per corrispondenza. E le librerie? Per il
momento fortunatamente esistono ancora.
Sebbene quindi ogni 100 libri comprati in Italia
solo mezzo venga acquistato online è indubbio
che nell’immaginario collettivo quell’unico individuo che acquista in rete rappresenta
il magico presagio di quello che noi uomini ormai proiettati nel futuro saremo.
Prendiamo un ultimo esempio, la Coca Cola. Pur essendo assodato che ormai è dovunque,
dire che conta dappertutto è discutibile: se è vero che un americano beve in media 300
bottigliette di Coca-cola l’anno, un indiano ne beve solo 4. Quale incidenza pensate che possa
avere sul suo stile di vita l’onnipresente lattina?
Se dunque il termine globalizzazione si identifica con esempi poco attendibili
(le statistiche della CocaCola, il comprare online,ecc.) o addirittura inventati
( come i monaci tibetani che navigano in rete),è lecito pensare che la parola
globalizzazione racchiuda in sé, come significato intrinseco, una grossa bugia.
La differenza sta nel fatto che la maggior parte della gente non sceglie questa cultura
perché piace, bensì perché viene subita e fatta propria grazie all’opera subliminale
dei mass-media che tentano e spesso riescono a impedirci di scegliere e quindi di pensare.
Proviamo a guardare nell’ambito del cinema: il mondo vede films americani, ma
gli americani non vedono i films del resto del mondo, perché dunque non
chiamare questo processo come più giustamente e sin dai primordi è stato fatto?…
e cioè colonialismo?… E sto tralasciando i mille innesti delle marche americane
in tutti i paesi del mondo. Non ha forse la parvenza di un processo subdolamente
controllato e alimentato?
La globalizzazione inoltre non è altro che un fiume di soldi da un paese all’altro
e questo presuppone che il terreno si allarghi, ma mentre anticamente ciò aveva a
che fare con la guerra, la globalizzazione invece ha bisogno della pace. Dopo tutto
i soldi occidentali hanno conquistato i paesi comunisti comprandoli: molto più
pratico che sganciare due o tre bombe atomiche. Tutto ciò ovviamente presuppone
un’adesione di massa al progetto e come fare ciò se non tramite una proiezione
fantastica che, se considerata reale, diventerà reale?
Secondo una tale prospettiva c’è da pensare che il mondo diventerà esattamente così,
ma non tutto va filando proprio liscio. Pensiamo al movimento dei no global: sono coloro
che in questa corsa che va al di là del tempo e dello spazio all’improvviso si sono
fermati e hanno capito che non era il loro sogno ma quello di altri. Pazzi o lucidi?
E ora pensiamo al G8. Perché si fa? Perché 8 capi di stato si riuniscono in una città?
E per decidere cosa? Nulla, infatti sono lì per fare uno spot, per dimostrare che il
sogno di questo nuovo mondo unitario è lì e loro sono lì per vendertelo.
E i ragazzi in tuta bianca? A ridicolizzare chi ci fa queste promesse, il che è sicuramente più efficace.
I no global , prima ancora di chiedersi cosa pensano della globalizzazione, si
scandalizzano per come la gente si beva tutto senza farsi troppe domande, vista
anche la scarsità dell’opera di convincimento che dovrebbe puzzare da lontano.
Essere no global è un modo per dimostrare di avere un cervello non ipnotizzato
dalle grancasse del potere. Indubbiamente poi tanti o alcuni non sapranno neanche
che cos’è la globalizzazione o non ci avranno mai ragionato su ma, d’istinto,
fanno….casino. Ribelli e basta? Forse. Ma ci sono anche quelli fermamente convinti
che tutta la faccenda sia una pessima idea e che porterà al mondo più guai
che vantaggi. Un’ultima considerazione. Perché è convinzione comune pensare
che per aiutare i più poveri sia necessario che i ricchi moltiplichino
il loro denaro? Non vi sembra un po’ come dire che “tanto qualcosa finirà
anche ai poveri”?
Cosa può tenere in piedi un sistema del genere se non la legge del più forte?
La globalizzazione ha bisogno di una competizione dura, ha bisogno di soldi per
gli investimenti, e quindi di gente forte che sia pronta a rischiare. Ecco dove
sta il rifiuto dei no global, nel mondo regolato da questa legge. Non è forse
frutto della legge del più forte il grande divario tra il Sud e il Nord del
mondo, o lo sfruttamento dei paesi poveri e, in ultima analisi, l’omologazione culturale?
Dunque non è necessario essere antiglobal né chiedersi se siete favorevoli alla
Coca Cola o alla Nike, ma domandarsi se siete disposti ad abitare in un mondo
selettivo, competitivo, in cui ci spingono alla legge del più forte, e dove chi perde, perde tutto.
Demetra
In occasione delle sempre più frequenti ed aspre dispute che si vanno creando tra i “nostri”
rappresentanti politici e l’ “opposizione” sull’argomento immigrazione mi sembra giusto far
un approfondimento sull’attuale situazione, sul come ci si è arrivati e sui suoi possibili
sviluppi…
Il “problema” è senza dubbio noto a noi tutti, comunque per chi fosse rimasto addormentato
nell’ ultimo paio d’anni la situazione può essere riassunta così: dopo il crollo dello “stato”
Jugoslavo, tutte quelle popolazioni slave e non che avevano perso casa, averi, parenti videro,
non si sa per quale strana ragione, nel paese a forma di stivale una specie di terra di
infinite opportunità e di libertà e perciò, fatte le valigie, si imbarcarono su fatiscenti
barche e barchette guidate da scafisti più o meno mafiosi con contrabbando annesso, dopo
quasi due anni di continui sbarchi, i governanti della penisola han deciso di frenare
questa fiumana.
Molti si chiedono perché. Ebbene il fatto è che un immigrato clandestino deve arrabattarsi nel
miglior modo possibile per vivere, quindi contando il fatto che la prima persona italiana che
incontrano questi sventurati è un protettore di prostitute, per donne e bambini, o un mafioso,
per i signori, poco ci vuole ad immaginare dove finisca il paradisiaco viaggio che iniziano
queste persone…
Secondo alcuni politici e “pensatori” la soluzione sarebbe nel rendere le leggi nostrane in
materia più o meno rigide e “ciniche” di quello che dovrebbero essere o che sono, inutile
dire che nessuno dei benpensanti che si sconvolgono alla vista di uno spacciatore o di una
prostituta al “lavoro” pensa che in effetti il motore di una economia, seppure illegale,
si ritrova nella legge di mercato secondo la quale per vendere un qualcosa è necessaria
la presenza di un compratore, di un cliente cui prema la continuazione del commercio, di
uno che va a prostitute o che compra stupefacenti insomma, perciò l’unica soluzione che
passa in mente all’ uomo benpensante medio è quasi sempre concorde con quella dei
legislatori.
Senza contare che quei legislatori che propongono tali variazioni sono quelli che fino a qualche
tempo fa proponevano la divisione dell’Italia e reputavano come inferiori i loro stessi
concittadini del sud… alla faccia della fratellanza tra i popoli…
La mentalità che si sviluppa da tutto ciò è quella che etichetta l’ immigrato come un
portatore del peccato nel giardino terrestre della nostra “normalità”, mentalità che si
ripercuote su chi nel paese ci entra legalmente ed altrettanto legalmente trova lavoro,
questi ultimi non vengono etichettati come delinquenti ma come “stranieri che rubano il
lavoro ai giovani” ed a questo punto torna in scena l’uomo comune benpensante che con
il solito ragionamento attento e acuto imputa alla presenza
dell’immigrato che trova lavoro al posto del fanciullo la colpa dell’incremento della
disoccupazione giovanile, senza poi prendere in considerazione il fatto che il giovane
disoccupato quasi sicuramente ha rifiutato offerte di lavoro che lo “costringevano” a
ruoli lontani da casa o “intellettualmente degradanti”, ma questo è un’ altro problema…
A mio parere il futuro che ci si prospetta a questo punto, parere prettamente negativo tra
l’ altro, non è dei più rosei, tutta questa situazione sta facendo rinascere in menti non
proprio eccelse sentimenti che non esagero a definire molto vicini al razzismo,
sentimenti che mirano alla chiusura delle frontiere agli immigrati, chiusura non solo
intellettuale, cosa che di per se trovo già molto poco intelligente, ma anche di tipo
fisico, tutto questo porta purtroppo alla mente tempi passati, cose già avvenute, storie
di razzismo e nazionalismo estremo che prendevano il nome di nazismo… Personalmente non
so se questa sia una conclusione più o meno giusta ma infine ecco un mio personalissimo
giudizio, chi si preoccupa davvero di risolvere al meglio questa situazione forse dovrebbe
pensare più ad un modo di ridurre questo “mercato dell’evasione dalla realtà”, non tanto
buttando alla frontiera a calci chi cerca nel nostro paese una seconda opportunità, ma
bloccando i veri responsabili di questi casini che molto spesso sono da ricercare nei
nostri stessi concittadini… oppure cercando di interessarsi al bene dei paesi nostri
vicini prima che inizino a scannarsi invece di accorgersi degli altrui problemi solo
quando questi si avvicinano troppo ai nostri confini… dimostrando certamente molta
ipocrisia…