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Questo interessante articolo era stato da me scannerizzato gia' da
qualche anno e finalmente, oggi, ho deciso di pubblicarlo sul Web. L'ho
ricavato da "Propagazione Radio Ionosferica"
periodico di previsione della radio propagazione, scritto da due
radioamatori veronesi molto validi.
Propagazione Radio Ionosferica - Direttore: Enzo Ziviani I3CNJ -
Redazione: Luciano Piva I3LPL - Anno 1976
OPINIONI DI I3CNJ
Avevo in mente da tempo di tentare un chiarimento di quella specie di
crisi che si avverte tra i Radioamatori, a livello individuale e di
Associazione.
Si sente infatti che l'immagine del nostro status e' cambiata rispetto
alle origini; sono cambiate anche le motivazioni di adesione dei nuovi
Radioamatori; e' innegabile uno stato di difficolta' a livello
associativo, sentito anche in periferia nella vita di sezione.
L'occasione e' maturata durante una riunione della nostra Sezione
veronese; si andavano analizzando i motivi del disimpegno quasi
generale, e cercando possibili rimedi.
La situazione mi e' apparsa piu' complessa di quanto sembra a prima vista
e non risolvibile solo con iniziative di carattere contingente, e
pertanto da approfondire in modo piu' ampio.
Cosi' e' partita questa analisi che con pretese limitate e sperimentali
ora pubblichiamo.
Ad evitare ogni malinteso credo opportuno insistere sulle seguenti
considerazioni preliminari:
- L'analisi esprime idee ed argomenti certamente incompleti; percio' non
va presa alla lettera ma semmai come spunto di discussione.
- Per ragioni di spazio siamo obbligati a stamparla a puntate e invece
sarebbe da leggere tutta insieme: forse qualcuno vorra' farlo a
pubblicazione ultimata.
- Le affermazioni vanno intese a livello di opinione e non di teoria,
dunque con tutto il margine di approssimazione che uno sviluppo
piu' completo potra' consentire,
compreso l'eventuale dissenso; inoltre non vanno schematizzate ne'
generalizzate: ogni persona ha
una individualita' propria che
non puo' identificarsi compiutamente in schemi generali.
- Infine e' stata intenzione costante mantenere il massimo rispetto anche
dove la critica sembra essere piu' provocatoria, in modo che la ricerca non vada confusa
con alcuna intenzione d'offesa a persone o alla Categoria.
Cio' premesso riprenderei col dire che da qualche tempo e' entrato in
crisi il concetto di "Radioamatore"; con il passare del tempo ne sono
mutate le funzioni: prima pioniere, sperimentatore, poi studioso, poi
semplicemente affezionato; e ancora; competitivo (vedi contest e
diplomi) disponibile per l'emergenza, solidale nell'amicizia (vedi
l'editoriale del Presidente Vollero su Radio Rivista 7/75) e via
dicendo. Ma oggi queste definizioni non convincono o almeno non
convincono completamente e sono tuttavia importanti perche' in questa
ricerca di identita' si intravvede se non altro una situazione di
incertezza del resto comune anche ad altre associazioni e istituti, e
non facile da risolvere.
Il Professor Francesco Alberoni, chiaro scrittore e sociologo, ha
esposto in modo convincente una interessante teoria detta
"stato
nascente" che mi pare si adatti alla nostra analisi.
Essa spiega che le forze spontanee culturali, politiche, religiose,
sociali, che insorgono negli uomini e nei gruppi associati, danno luogo
a movimenti dinamici e a grandi momenti creativi nei quali emergono
iniziative idee e individui di notevole rilievo ed entusiasmi che
possono mobilitare intensi sentimenti comuni a varie persone e capaci di
produrre effetti associativi in quanto innumerevoli individui di idee
affini finiscono per trovarsi insieme appunto per il comune denominatore
da essi costituito.
Allo stadio iniziale le idee e gli entusiasmi che esse suscitano hanno
effetti di coagulazione, capacita' di diffusione, di proselitismo e
dibattito e producono in breve la crescita del piccolo movimento
iniziale con un vigore difficilmente spiegabile in termini razionali.
Mi limito qui a questi cenni incompleti, e avro' occasione di tornare piu'
oltre sull'argomento.
(Chi volesse meglio documentarsi puo' vedere il libro dell'Autore:
"Statu nascenti" editore Il Mulino,
Bologna, 1968).
Trovo che l'impostazione teorica e' applicabile anche all'evoluzione
della nostra Associazione e dei singoli Radioamatori:
quando agli inizi la radio costitui' una novita' rivoluzionaria vi si
accostarono dapprima schiere ristrette di persone appassionate che
trovavano vivo interesse nella sperimentazione, e lo sperimentare -
allora - era praticamente senza confini; nel dimostrare a se' stessi e
agli altri l'utilita' della nuova scoperta ed anche la loro abilita'
personale che non era alla portata di tutti; nel discutere i risultati
con i colleghi e nel metterli a confronto sviluppando la competizione
insita in ogni paragone.
I mezzi disponibili erano pochi ma cio' non diminuiva, anzi stimolava le
realizzazioni come del resto avviene in altri campi della tecnica; se
tutto fosse stato facile, se tutti capaci o ugualmente abili, sarebbe
caduto un importante presupposto del gioco: le difficolta' non stimolano
solo l'ingegno ma tengono desto quello stato indefinito e continuamente
progressivo che e' appunto "stato nascente"
espressione dinamica di una tensione spirituale in rinnovamento.
Quando dalla ricezione si passo' alla trasmissione, queste considerazioni
rimasero valide e si aggiunse il maggior stimolo che essa comportava: la
ragione principale sta nel fatto che l'individuo "ricevente" e' in fondo
un soggetto passivo mentre quello "trasmettente" diventa un soggetto
attivo; dal punto di vista psicologico la differenza e' grande perche' il
protagonista ora non e' piu' solo costruttore ma anche operatore dei mezzi
da lui realizzati e inoltre, proiettando all'esterno i segnali, e'
utilizzatore in prima persona dei complessi fenomeni naturali che ora
puo' impiegare alla pari con i grandi operatori scientifici, commerciali,
militari e civili.
In proporzione aumentano i problemi e le difficolta' e si riduce la
schiera delle persone che possono tenere il passo.
Questo inizialmente e' un fatto positivo perche' le difficolta' rinsaldano
il proposito di procedere, i confronti stimolano la competizione, la
riduzione degli "addetti ai lavori" contribuisce a serrare maggiormente
le prime organizzazioni, a migliorare le conoscenze, a costituire una
minoranza meglio adatta a stupire ancora di piu' una maggioranza gia'
meravigliata; si crea a questo livello il concetto di
"gruppo" che si rafforza con l'uso di
un linguaggio quasi cifrato, noto ai soli iniziati, che li divide dagli
uomini comuni ma li lega tra di loro in una comunita' piu' salda e
compatta.
Dal primo numero del Radiogiornale del 15 dicembre 1924 avuto
cortesemente in copia dal Prof. Vittorio Ligustri, si nota quanto
ristretto era il numero dei Radioamatori. Gli apparecchi radioriceventi
erano allora:
875.000 negli Stati Uniti; 492.000 in Gran Bretagna; 250.000 in Francia;
1.000 in Italia.
Evidentemente le stazioni trasmittenti d'amatore erano molto meno
numerose.
Sullo stesso giornale, gia' cominciava un vocabolarietto per il gergo in
atto e per spiegarne i termini piu' correnti.
Il fenomeno non e' ne' unico ne' tramontato: basta osservare ancor oggi il
linguaggio delle persone addentro nella tecnica dei calcolatori (che
essi chiamano computers) o il linguaggio dei politici, dei medici,
talvolta degli economisti e in un tempo non lontano il latino delle
Chiese.
Si tratta di rituali che servono a creare un certo mito, necessitano di
un linguaggio speciale, di un contenuto "magico" e gli iniziati,
amministrando questi riti legano maggiormente tra di loro.
In queste associazioni l'aspetto esterno non va oltre il distintivo, ma
esso e' "in nuce" l'inizio della divisa che invece le associazioni piu'
potenti usano apertamente.
Sono situazioni "esclusive" nel senso che tendono ad escludere gli
estranei ma nello stesso tempo a proteggere i soci.
Gli esempi antichi sono forse anche piu' numerosi dei moderni: come si
puo' notare nel giuramento di Esculapio il medico si impegna a
trasmettere la sua arte solo ai proseliti e a negarla agli estranei; la
trasmissione esclusiva dei segreti tribali e' un altro esempio dettato da
necessita' di salvare attraverso la compattezza la vita della tribu'.
Le successive difficolta', nel periodo della clandestinita' e altre
occasioni simili confermano che in presenza di problemi l'associazione
si rianima. Di fronte a difficolta' esterne infatti i membri di
un'associazione, come di una famiglia e di una nazione si sentono tutti
minacciati e incapaci di cavarsela da soli e da cio' viene
l'accantonamento, magari provvisorio dei dissensi e il rafforzamento
dell'associazione.
Tornando al nostro caso si e' visto da qualche anno a questa parte una
ventata di iniziative in occasione dell'allestimento dei ripetitori, sia
per superare i problemi tecnici che quelli legali e organizzare la
distribuzione delle frequenze.
Sembra di poter dire che un'associazione per sopravvivere ha bisogno di
cimentarsi continuamente, come l'atleta per mantenersi in forma; non c'e'
difficolta' ad accettare questa tesi ma essa e' ancora troppo semplice per
spiegare i fatti piu' complessi che in realta' abbiamo di fronte.
Riprendiamo la teoria dello "stato nascente"
citata all'inizio: essa dimostra che i movimenti spontanei passato lo
slancio iniziale tendono ad esaurirsi oppure a confluire in movimenti
organizzati su base istituzionale; gli esempi in campo sociale sono
innumerevoli e quelli politici sono tra i piu' evidenti: un movimento
ideologico interessa dapprima una cerchia di persone, poi tende a
diffondersi - pacificamente o violentemente - e piu' tardi, se non si
esaurisce, confluisce a formare un partito o un sindacato o un comitato
sociale fortemente caratterizzato da un'organizzazione a base statutaria
piuttosto rigida.
Anche per i Radioamatori e' accaduto lo stesso, e infatti passato lo
slancio iniziale il movimento poteva esaurirsi o istituzionalizzarsi.
Che cosa e' accaduto? Che sono nate le varie associazioni nazionali tra
le quali l'A.R.I. e quelle internazionali, mentre sul piano degli
individui alcuni hanno abbandonato la radio e gli altri, in maggioranza,
sono confluiti nelle associazioni suddette organizzate da statuti e
successivamente riconosciute dall'autorita' dello Stato.
Questa evoluzione, o involuzione, non avviene in un giorno ma in un arco
di anni e segna la fine del movimento spontaneo e l'inizio di quello
organizzato, ma rappresenta anche la fine dello stato nascente che era
stato la forza propulsiva e creatrice.
Il rischio maggiore di questo trapasso e' che esso costituisca la fine di
tutto. La nuova istituzione ha ereditato l'impulso iniziale ma ora ha di
fronte il problema della sopravvivenza e deve rinnovarsi senza sosta, ma
la sua costruzione organizzata e accentrata le impedisce movimenti
troppo bruschi e inoltre deve agire nell'ambito delle leggi, dello
statuto che si e' data, dei propri bilanci, e non puo' neppure essere
troppo tollerante verso gruppetti eretici o isolate iniziative
centrifughe, mentre si rende conto in pari tempo che
il suo essere
"amministrativo" finira' per uccidere il movimento o spegnerne la
vitalita'.
E allora si cerca di promuovere iniziative non sempre felici, comunque
non piu' spontanee, per polarizzare per un certo tempo l'attenzione dei
nuovi iscritti, mentre i piu' vecchi le osservano a distanza senza
partecipazione attiva e rimangono nell'associazione solo perche' ormai ci
sono gia' da tempo, ma non rappresentano piu' una forza animatrice mentre
d'altra parte i giovani, i nuovi, sono bloccati nei regolamenti e non
possono neppure facilmente accedere ai posti direttivi, per rinnovarli,
essendo essi tuttora detenuti dagli anziani di cui s'e' detto.
Si capisce che questo stato di cose tende ad invecchiare l'associazione.
Circa la possibilita' di proporre un modo concreto per mantenere in una
certa misura lo "stato nascente"
vorrei tornare piu' oltre. Mi pare che si debba prima approfondire anche
un altro aspetto della questione e cioe' l'immagine del protagonista -
del radioamatore - spostando ora l'analisi dal piano dell'associazione a
quello degli individui che la compongono.
Chi e' il radioamatore tipico? Sara' opportuno evitare di generalizzare ma
neppure sembra accettabile l'iconografia convenzionale espressa dai vari
decaloghi abbastanza melliflui e comunque troppo vecchi per essere
adatti agli uomini e alle donne di oggi.
Viene un po' da sorridere leggendo per esempio: il radioamatore e'
cortese, leale, progressista, cordiale, equilibrato, patriottico, e
guardando poi con sincerita' noi stessi e gran parte dei colleghi; non
e' che simili radioamatori manchino ma credo che non siano la
maggioranza, ne' che le qualifiche sopra descritte siano le piu' adatte
a identificarli.
Anche il nostro Presidente Dr. Vollero, nell'accennato editoriale di
Radio Rivista 7/75 si e' posto la domanda; "Chi siamo e dove andiamo?" e
si e' anche chiesto se fare dell'A.R.I. una grande Associazione di
radioamatori o una Societa' di Servizi.
Egli ha ritenuto, cogliendo nel segno, di individuare tra i radioamatori
"... un comune desiderio di comunicabilita', di fraternita', di amicizia,
senza remore e senza angosce" ed ha ritenuto di ammirare "strette di
mano ... che dicevano tutto nel piu' bel linguaggio ... quello
dell'amicizia senza limiti" rimarcando piu' oltre la possibilita' di
realizzare un Servizio Sociale costituito da una "valida collaborazione
per la Protezione Civile".
Ora io mi unisco al nostro Presidente, ma purtroppo solo nell'auspicio e
non nella constatazione.
Se e' vero il desiderio di comunicazione e l'angoscia che ne sta spesso
alla base, sono in realta' tutt'altro che diffusi l'amicizia vera,
l'altruismo, il disinteresse, la solidarieta', lo spirito di sacrificio,
la generosita' anche economica; ed i casi che fortunatamente si possono
citare sono, nel contesto generale, non piu' di belle eccezioni che
confermano una diversa realta'.
La differenza tra impegno e sentimentalismo, tra strette di mano e vera
amicizia e' enorme e non mi pare - anche per le ragioni che diro' - che i
radioamatori siano in questo senso particolarmente disponibili.
Conviene tentare un altro tipo di analisi, magari incompleta, ma piu'
realistica.
Nello sfondo il radioamatore, anche quello d'oggi, conserva un certo
interesse piu' o meno generico per la scienza, per il meraviglioso, per
la competizione e qualche volta anche per la fantascienza, la
parapsicologia, l'astronomia, ecc.
Queste motivazioni non sono tuttavia talmente specifiche da indirizzarlo
proprio verso la radio e non per esempio verso la fotografia.
Talora varie "passioni" coesistono, e ci sono riviste destinate a
radioamatori, CB e affini di cui basta guardare il tipo di pubblicita'
per comprendere che il pubblico cui si dirigono e' in larga parte
suscettibile di essere sensibilizzato da piu' d'uno degli interessi
suindicati.
Pero' il radioamatore "puro" a differenza di quello "ibrido" puo' bensi'
conservare interessi collaterali ma essi sono di gran lunga superati
dalla passione per la radio.
Dunque ci deve essere una qualche motivazione addizionale e peculiare
che lo sospinge in questa direzione ed e' appunto quello che qui cerco di
chiarire.
Mi pare che il radioamatore senta in modo particolarmente acuto il
bisogno umano di comunicare con gli altri, superando i limiti oggettivi
e talvolta molto ristretti imposti dalla vita organizzata.
E' un bisogno che in varia misura sentono tutti: appena un uomo,
interrogando se stesso, incontra i limiti di se' e dell'ambiente sente la
necessita' di comunicare e di estendere ad altri la sua interrogazione.
Questa necessita' di comunicazione e' ostacolata in primo luogo dalle
difficolta' "esterne": la mancanza di tempo, il tipo di lavoro,
l'ambiente eventualmente estraneo o ostile, la vita in una citta'
straniera. La comunicazione tra persone e' difficile anche per altre
ragioni, talmente numerose da non potersi facilmente elencare e
commentare.
L'incomunicabilita' non e' una spiritosa invenzione moderna; e lo sanno
bene coloro che anche a causa del carattere, oltre alle difficolta'
esterne aggiungono le proprie personali, ancor piu' difficili da
superare.
Ho osservato che un ulteriore ostacolo alla comunicazione diretta tra
persone e' la loro determinatezza, la presenza fisica di quel preciso
interlocutore con i suoi limiti, la sua personalita', che puo' incutere
preoccupazione o timore o troppo rispetto o apparire scostante o
sgradevole o imbarazzante, anche se piacevole, per sentirsi inadeguati
alla sua presenza o per tante altre sensazioni difficili a definirsi ma
non meno vere.
La radio protegge da tutte queste difficolta' e anche dal pudore di
ammettere la vera ragione dell'appello, del resto spesso sconosciuta al
protagonista e sentita solo a livello subconscio; la radio riesce a
giustificare l'appello, a camuffarlo con il pretesto scientifico: ma
evidentemente esso e' un pretesto, lo stesso che per malinteso pudore gli
alpinisti di fine secolo adducevano per giustificare le scalate,
considerate allora cervellotiche, costringendosi a portarsi zaini di
termometri e altri inutilissimi strumenti.
Tra le molte citazioni possibili ne trascrivo una trovata in questi
giorni presso una mostra alpinistica retrospettiva; " V'ha un articolo
nel nostro statuto che vieta di proporre escursioni senza uno scopo di
utilita' generale" (Gruppo alpino di Vicenza, 27 ottobre 1874, Almerico
da Schio).
E' certamente presente anche il movente sportivo: percio' esistono
Contest e Awards; esso non e' diverso da qualsiasi altro movente di
competizione, per cui un individuo cerca di affermarsi dimostrando a se
stesso ed agli altri che e' riuscito a qualche cosa di importante e
difficile e comunque nuovo o intentato, o tentato da pochi.
Tuttavia va onestamente osservato che la radio riduce di molto lo sforzo
che altri sport richiedono, elude l'impegno fisico e il coraggio,
elimina la pubblicita' della sfida, in altre parole elimina il rischio e
dunque sotto questo aspetto rappresenta una competizione molto relativa,
e con ritirata sempre libera.
Riprendo il movente a sfondo affettivo che mi pare di prevalente
importanza.
L'uomo-radio cerca risposta da lontano, come se cio' ampliasse
l'orizzonte della solidarieta', quella solidarieta' che lui sente mancante
nell'ambiente in cui vive.
Qui il mondo gli e' estraneo, e invece oltre i mari c'e' chi gli risponde:
altri esseri irraggiungibili gli prestano un'attenzione che lui
ricambia.
Mettiamo che esistesse un telefono universale e gratuito: esso non
assolverebbe all'appello del nostro soggetto.
Per telefonare egli dovrebbe formare un numero: quale numero? E anche se
si decidesse, significa che gli rispondera' quella determinata persona
cui ovviamente bisognera' fare un discorso determinato; non si puo'
chiamare un individuo per non sapere che dirgli: e' questa
determinatezza, non diversa dal fermare uno sconosciuto per parlargli,
che rende impossibile il discorso.
L'angoscia e' indeterminata, non vuole parlare troppo di se', non puo'
neppure spiegare se' stessa, ma solo puo' gridare che esiste e sentire
un'eco, non piu'.
E a questo fine la radio puo' servire, con le sue possibilita', con la sua
protezione, con la sua indeterminatezza.
Il mondo cosi' si dilata: se qui non ho amici, tuttavia posso dire di
averne molti e dappertutto; se qui nessuno mi ascolta, ho migliaia di
persone che mi prestano attenzione; se le mie parole qui non hanno
successo, si sappia che esse possono raggiungere gli antipodi; se il mio
lavoro non e' considerato importante, tutti possono verificare quali
apparecchi so fare e so manovrare; forse molti che hanno successo non
sanno fare queste cose.
La societa' mi ha escluso da tanti dei suoi santuari, essa vive in un
mondo che mi e' in parte vietato, parla, linguaggi di una cultura che non
conosco; e allora? Il mio mondo della radio e' ancora piu' esclusivo, loro
non lo capiscono; e poi parlo almeno quattro lingue, e in quanto ad
esclusivo chi mi puo' comprendere quando opero in telegrafia se non gli
iniziati come me?
(E infatti molto del fascino della telegrafia sta appunto nel suo
misterioso linguaggio, misterioso per i non iniziati, chiarissimo per
gli iniziati che lo vantano anche con i colleghi radioamatori tra i
quali costituiscono una elite nella elite).
Andiamo avanti: il conversare con un lontano spesso sconosciuto e magari
con piu' interesse che se la stessa persona fosse presente, e isolarsi
dai familiari per parlare con la radio appare una alienazione nel senso,
almeno, che non rappresenta un tipo di colloquio "normale".
Vale dunque la pena di considerarlo meglio; spesso e' il non avere piu'
niente da dire con i vicini e preferire i radiocorrispondenti, che oltre
tutto sono numerosi; ma e' sempre un sottrarsi a un rapporto reale e
diretto, e' un poco una fuga per certi versi simile a quella della corsa
domenicale via da casa: spesso e' perche' la casa non ha piu' molto da
offrire; il nuovo recapito probabilmente e' un tentativo per lasciare
l'angoscia certa per qualche cosa che si spera disperatamente migliore.
Dunque sembra possibile evidenziare, con la dovuta prudenza, una certa
tendenza che puo' essere presente a livello individuale nei radioamatori,
ma non solo tra essi, di "fuga da": fuga da un certo malessere, da reali
o supposti insuccessi, da un carattere troppo timido, dal rischio
eccessivo, dalle difficolta' connesse con i rapporti interpersonali
diretti e cosi' via.
Fuga anche dalla realta', in una certa misura, e dunque una dose di
schizofrenia.
(Capisco il rischio di usare un simile termine professionale, ma e' solo
per indicare una tendenza e non una diagnosi).
La radio puo' rappresentare una compensazione: chi e' cosi' equilibrato a
questo mondo da affermare di poter fare a meno di compensazioni: cosa
sono i diversi hobbies? Il gioco? Quel gioco per grandi che spesso e' il
lavoro?
Tuttavia a questo punto, una domanda si pone, e non appare immotivata:
Quanto puo' essere sociale e socievole un radioamatore, visto sotto
questi aspetti? Cerchiamo di avvicinarci per gradi a una
risposta che non si puo' improvvisare.
Le cause alienanti, le motivazioni della fuga, hanno spesso origine
nell'ambiente prossimo al soggetto e nel suo stesso carattere; ma non e'
precisamente questo che qui stiamo cercando, ne' si vorrebbe dare un
immagine pessimistica della situazione. Il dramma esistenziale e' vissuto
in vario modo da tutti e la tensione che ne deriva e' spesso
feconda: nell'arte e nella scienza le conquiste piu' ardue non si sono
avute senza sofferenze e incomprensioni. Ma per creare qualcosa di
valido e' sempre necessaria una corretta visione della realta', mentre
l'atteggiamento di fuga da' risultati sterili.
La radio, specialmente a chi la conosce da vicino offre possibilita' di
compensazione e fiducia in se' stessi: e' perņ necessario che questo non
porti a fuggire la realta' con una specie di autoinganno.
Se un individuo non dovesse riuscire a
stabilire proficui rapporti interpersonali, i quali non sono mai esenti
da contraddizioni, difficolta' incomprensioni, vittorie e sconfitte, e
trovasse sufficiente compensazione "vincendo" il circuito che non
funzionava, egli ha conseguito una vittoria apparente, essendo evidente
che e' assai piu' facile e meno rischioso lottare con le cose che con gli
uomini. Quelle infatti, se affrontate con logica, finiscono per
arrendersi, gli uomini non sempre.
E' troppo grande la sproporzione tra le parti in conflitto: un uomo
intelligente sconfiggera' sempre un circuito difficile o un DX raro, ma
questa vittoria dovrebbe allenarlo ad altre contese e non appagarlo; se
tende ad appagarlo succede che quando egli si trovera' a combattere con
gli uomini si sentira' impari all'impegno e diventera' facilmente
"polemico".
Avra' tendenza a considerarsi abbastanza capace in quanto tecnicamente
abile, ma anche a rifugiarsi nel suo laboratorio, dopo le difficolta',
per trovarvi delle soddisfazioni che il giorno non gli ha concesso di
realizzare, e secondo lui quasi sempre a causa degli altri.
Questa compensazione si svolge impegnando una piccola "quantita' di
azione complessiva" ed e' percio' relativamente facile; utile percio' se
viene dopo una giornata di contraddizioni affrontate con impegno;
addirittura dannosa se vissuta a titolo di rifugio dopo un giorno solo
apparentemente attivo. Se cio' si verifica, quando il soggetto si trovera'
daccapo fra i suoi simili, sara' ancor piu' debole e allo stesso tempo
inconsciamente presuntuoso e cio' rischiera' di renderlo ancor piu'
polemico.
Si va mettendo a fuoco cosi' un altro meccanismo asociale abbastanza
diffuso tra i radioamatori, cioe' la tendenza alla polemica, a beccarsi
tra di loro a voler avere sempre ragione, a risentirsi per un nonnulla,
a dimostrare con puntigli di essere dalla parte giusta, a farsi infantili dispetti.
Sono piccole rivincite per compensare l'insufficienza al confronto e
alla contraddizione; apparenti piccole lotte per compensare
l'insufficienza all'attivo impegno di tutta la personalita' nell'ambiente
sociale in cui essa dovrebbe affermarsi.
Tocchiamo ora un altro aspetto della situazione. Il conoscere i mezzi
tecnici e scientifici che si usano (apparati, antenne, strumenti) o si
usufruiscono (come la ionosfera, la troposfera, i fenomeni boreali) puo'
essere esaltante e affidare la propria voce a strumenti potenti, specie
se sono opera propria, da' un senso di possesso di queste forze, di
sottomissione della natura, di possibilita' di spezzare la solitudine, di
superamento dei limiti quotidiani e della indifferenza dell'ambiente.
Questa sensazione mi e' apparsa evidente leggendo recentemente su Radio
Rivista che un radioamatore sacerdote, si accostava alla radio con
attenzione perche' aveva osservato di trovarvi un piacere e un
coinvolgimento che gli faceva supporre di peccare. Su questo
intelligente e sottile rilievo ho riflettuto con attenzione:
l'osservazione senza dubbio non e' banale; in questo senso di
soddisfazione, tra l'operatore e la radio si crea una simbiosi che
l'analisi freudiana credo potrebbe classificare nel concetto di
"libido".
Non ci vuole molto a comprendere che la sfera della compensazione da
parte della radio, come del resto di altri hobbies ed in particolare
dell'automobile, si estende alla sfera della sessualita'.
L'apparenza raffinatissima raggiunta dai moderni apparati non e' certo
studiata a caso dagli specialisti dei mass-media che sanno bene quali
sono le vie inconsce adatte a soddisfare le istanze di compensazione
dei loro acquirenti e sanno come servirsene: cosi' l'aspetto, la cura,
l'esibizione degli apparati, carezzati come creature, curati,
modificati, resi docili, crea un rapporto quasi personale tra il
radioamatore e i suoi apparecchi.
Probabilmente con l'automobile questa situazione e' cominciata prima
perche' essa ha raggiunto da anni un grado di finitura, di aspetto, di
espressione di "status", di esibizione. L'auto infatti e' spesso servita
a persone bisognose di sicurezza come ostentazione, creatura da domare,
da comandare, punire e premiare, far vedere agli altri, farsi invidiare.
Quando poi si e' troppo diffusa ha perduto, ma non ancora del tutto,
questa funzione rimanendo importante complemento per persone immature;
essa e' stata in parte sostituita dalle piu' moderne e inutilmente potenti
motociclette: queste per giunta possono essere letteralmente cavalcate,
sono piu' raffinate, rumorose, evidenti, proporzionalmente piu' costose e
- secondo logica - assolutamente assurde: tutti fattori che sul piano
della compensazione sono tutt'altro che negativi, anzi da considerare
della massima importanza.
La "libido" ha infinite vie per far capolino: il binomio "donne-motori"
e' piu' alternativo che complementare; chi ama troppo i motori che in
fondo sono ferraglia, ha spostato la sua affettivita' dalle persone
alle cose e in questo senso e' alienato (parlo naturalmente di casi
limite; le graduazioni in realta' sono infinite).
Questo aveva forse intuito il radioamatore sacerdote che ho citato; se
io amo la radio fino a trovarne troppo piacere mi vado alienando dal piu'
giusto, equilibrato e sensato amore verso Dio e il prossimo.
Nel campo dei motori il fenomeno e' forse ancor piu' evidente che in
quello della radio sia per l'aspetto di "protesi" che il veicolo assume
rispetto al pilota, sia per le cerimonie di vestizione, dei colori e via
dicendo che diventano rappresentazioni di un mito. Una originale
osservazione sull'argomento e' apparsa su un bell'articolo di Franco
Fornari sul Corriere della Sera dell'8 settembre 1974 intitolato "La
gara di Monza e il dio protesi".
Per la radio la "protesi" e' individuabile specialmente nell'antenna, e
la cosa non stupisce se si pensa alla compiaciuta sensazione di potenza
che essa, abbinata ai detti strumenti puo' dare e al senso di
umiliazione, di castrazione, che il radioamatore denuncia con disagio
quando non puo' disporre di una antenna adeguata, che per venire
apprezzata non ha da essere solo efficiente ma anche e soprattutto piu'
alta, piu' grande, piu' evidente di quella dei colleghi, insomma di
aspetto potente e clamoroso.
Si tratta tutto sommato di una specie di "transfert" che il radioamatore
opera trasferendo appunto sessualita' e affettivita' dalle persone ai suoi
strumenti.
Cercheremo di vedere come anche questa caratteristica possa entrare
nella ricerca avviata.
Mi sembra che la "FUGA DA" la caratteristica "POLEMICA" il "TRANSFERT"
affettivo nei quali si riassume il processo di EVASIONE, qualora non
superati da una coscienza matura e disincantata inducano all'ipotesi
della figura di un radioamatore con notevoli componenti non specialmente
tese alla socialita', all'attivita' da affrontare insieme, ad una buona
capacita' di superamento nei confronti del mondo esterno.
Le componenti suindicate non sono, ovviamente, le sole ne' le piu'
importanti nella personalita' di ogni radioamatore; gli individui sono
ben piu' complessi di ogni possibile schematizzazione, e piu' vari, e in
evoluzione; semmai tra i radioamatori esse sono forse piu' frequenti.
Per sviluppare meglio il concetto di evasione accenniamo che esso e'
legato al non-impegno, al non-attivita'.
Esistono delle pseudo-attivita' che danno l'impressione dell'attivita' e
non lo sono: esse favoriscono l'evasione anche perche' il soggetto che ne
ha gia' la tendenza s'illude per mezzo di esse di essere attivo.
Di per se' il radiantismo non produce l'evasione; anzi puo' costituire,
debitamente affrontato, una reale attivita'.
Ma semmai e' la pseudo-azione che esso puo' diventare, che essendo in
realta' una non-azione, favorisce l'inattivita'.
Questa non-azione, per esempio, puo' verificarsi quando semplicemente
utilizzando apparati strumenti e metodi nuovi si realizzano in sostanza
dei risultati quasi automatici nei quali e' pressoche' nullo l'apporto
dell'impegno personale.
L'individuazione delle carenze analizzate e delle loro cause mi sembra
possa fornire due indicazioni; una sul piano del carattere che non ci
proponiamo di valutare: diro' soltanto che
quando le compensazioni offerte dalla radio diventassero definitive esse
potrebbero addirittura impedire, anziche' favorire, la maturazione
consentendo di conservare personalita' infantili e immature.
Il secondo rilievo che ci riconduce al motivo iniziale di queste note
riguarda la possibilita' di gestire una associazione in presenza di
situazioni del tipo indicato.
Torniamo allora alla nostra associazione, e al punto da cui eravamo
partiti e che ha dato lo spunto per questa analisi.
Ho accennato che l'associazione e' il risultato di un movimento spontaneo
iniziale che in essa e' confluito, rendendosi istituzionale, e che per
sopravvivere deve rinnovarsi continuamente, pena l'involuzione.
Dunque il problema e' da un lato di trovare spunti di rinnovamento e
dall'altro di realizzarli tenendo conto almeno in parte di certe
caratteristiche dei protagonisti che formano l'associazione e delle
quali abbiamo parlato.
Di fronte al disimpegno generale, durante la riunione menzionata
all'inizio ci si chiedeva che cosa mai la Sezione avrebbe potuto fare
per riscuotere maggior interesse.
Ne sono venute alcune risposte: acquistare strumenti ad uso dei soci;
allestire una sala per le riparazioni e le esercitazioni; sviluppare un
servizio di consulenza durante gli incontri di sezione da parte dei piu'
esperti verso i principianti; mettere in funzione una stazione radio nei
locali della sezione, e cosi' via.
Possono essere suggerimenti piu' o meno validi ma penso che il problema
non e' stato centrato gia' nella domanda: parafrasando Kennedy dovremmo
domandarci non gia' che cosa la Sezione puo' fare per i soci, ma cio' che i
soci possono fare per la Sezione e cioe' per la comunita' dei loro amici e
colleghi.
Vedro' di spiegarmi meglio.
Che cosa la Sezione puo' fare per i soci:
Poco piu' di quello che gia' fa, anche perche' i soci non le chiedono di
piu'; e perche' non le chiedono di piu' ? Per i motivi caratteriali prima
descritti: l'attivita' di molti radioamatori si svolge ormai solo nel
proprio angolino di casa; l'evasione gli e' data dalla radio stessa che
gli permette, sia pure alienata, una uscita dai propri confini; essi
tendono a isolarsi dal contatto umano diretto e non sentono percio'
troppo forte il bisogno di ritrovarsi in Sezione; il carattere
tendenzialmente solitario e' soddisfatto e la necessita' di comunicazione e' risolta dal poter trasmettere.
Inoltre la disponibilita' di apparecchi acquistabili gia' pronti li esime
dalla necessita' di scambiare esperienze e dalla soddisfazione di
confrontare i risultati della propria eventuale abilita' di costruttori.
Dunque il socio, anche se si lamenta di un indefinito malessere non
chiede niente di notevole alla Sezione, ed e' quasi inutile che i suoi
dirigenti si affliggano piu' del necessario per realizzare l'impossibile
impresa di suscitare nuove piu' interessanti iniziative.
Vediamo piuttosto che cosa i soci possono fare per la Sezione:
probabilmente questo aspetto presenta migliori possibilita' e vale la
pena di analizzarlo.
Per mettere in esecuzione qualche iniziativa, pur essendo preferibile
coinvolgere la maggior parte dei soci, bisognera' realisticamente
ammettere che solo una parte, almeno inizialmente, puo' funzionare da
settore traente.
Partiamo da una osservazione; in generale anche i soci meno attivi si
mettono a fare qualcosa se ricevono un incarico.
Non ci si illuda troppo, l'incarico deve essere gradito e affidato alla
persona giusta; deve stimolarla a riuscire, ed essere adeguato alle
capacita', alla volonta', alla perseveranza del socio, deve essere
spontaneamente accettato e non essere pero' troppo giudicato, perche' il
radioamatore come abbiamo dimostrato puo' essere suscettibile e subito
raffreddarsi o entrare facilmente in polemica con i colleghi.
Il tipo di incarico inoltre non deve essere il risultato di una specie
di delibera del Consiglio o del Presidente ma nascere come uno spunto
colto a caso, non durare troppo a lungo nel tempo per non dar luogo a
noia e disinteresse, ne' diventare troppo pesante sul piano dell'impegno
e infine non far spendere soldi: a questi deve pensare la Sezione, o,
senza darlo a vedere, chi altri crede di poterlo fare.
La direzione deve cioe' non tanto fare, quanto tendere bene l'orecchio
per cogliere i desideri che i soci hanno di fare essi stessi: cogliere
cioe' con la massima sensibilita' quelle che oggi si chiamano le "istanze
di partecipazione".
Cosi' e' la base che si attiva, e il vertice con mano leggera e con molta
attenzione precede e appena coordina, tentando di sviluppare un processo
partecipativo e facilitando i contatti, e si tratta pertanto di
un'azione da condurre con grande sensibilita'.
I compiti vanno suggeriti in proporzione alle possibilita' delle persone:
se si obbliga un bambino a un compito superiore alle sue forze egli
fallira' e la frustrazione lo terra' lontano da altri impegni e lo rendera'
polemico non gia' verso se stesso considerandosi egli capacissimo, ma
come sempre accade verso i dirigenti incapaci che non capiscono niente,
e cosi' si sara' perduto un socio che oltre a non fare piu' niente
critichera' tutto e non contribuira' piu' a proporre qualcosa.
Pensiamo ora di fare degli esempi concreti.
Abbiamo discusso a lungo sulle cause delle nostre difficolta'
associative, e pensiamo ora di fare delle proposte per superarle.
Ma le proposte non possono essere che parziali e contingenti; il nostro
scopo era quello di cercare una diagnosi: se siamo d'accordo su essa, in
tutto o in parte, ognuno, ogni Sezione, trovera' nella propria situazione
concreta gli spunti di superamento piu' opportuni.
L'aspetto del recupero dell'attivita' creativa rimane a mio avviso alla
base di un sano lavoro personale e associativo.
Cio' non significa tornare per forza all'autocostruzione: anch'essa puo'
essere passivita' se per esempio si limita a riprodurre schemi fatti da
altri.
Si tratta piuttosto di ritrovare un impegno
nell'indagine delle infinite cose che non si sanno; di riscoprire il
desiderio di saperle, e di saperle bene; di trovare il gusto del
sacrificio di tempo ed applicazione che questo comporta, e lo stupore, e
la contentezza di aprirsi continuamente nuovi orizzonti.
La "creativita'" non e' necessariamente inventare o costruire cose nuove,
ma anche scoprire per se' stessi cio' che esiste, ma che essendoci ignoto e' per ciascuno di noi ancora nuovo.
Si tratta di ritrovare a livello personale e associativo quell'interesse
che anima i giovani a scoprire il mondo, insomma a non rassegnarsi a non
accontentarsi mai dei traguardi raggiunti.
E di nuovi traguardi ce ne sono in abbondanza.
Attualmente ad esempio si vanno scoprendo le possibilita' delle SHF, dei
QSO via luna in VHF e UHF: non saranno certo sfuggite le note di I4BER
su Radio Rivista; gli amici della nostra Sezione sanno che I3CIG si e'
occupato anche lui dell'argomento; l'amico Giorgio non si vede spesso,
dunque ci vorrebbe un socio che accetti di intervistarlo, che si faccia
degli appunti, che con una Polaroid messa a disposizione da un altro
socio faccia alcune foto degli apparati, che alla prossima riunione ne
riferisca in Sezione; senza preoccuparsi se gli ascoltatori saranno
pochi perche' i risultati chiedono tempo e perseveranza e alla fine verra'
probabilmente anche Giorgio in persona per chiarire meglio l'argomento.
I3MW e' uno dei non molti OM attivi sui satelliti: sarebbe bene che ne
riferisse in Sezione per alcune volte, e di sicuro egli sara' d'accordo e
l'avra' qualche volta gia' fatto.
Sia l'intervista a CIG sia il racconto di MW dovrebbero essere
ciclostilati in breve a cura di un terzo collega; i fogli vanno dati
gratuitamente ai soci presenti e spediti agli assenti; non ci pigli
l'idea di negare i fogli a chi non viene in Sezione.
Puo' accadere che parte dei soci presenti non sia interessata alle
esposizioni suddette.
Ma la Sezione dispone di locali dove i non interessati possono
continuare a parlare in tutta liberta'; proprio tra di loro dovrebbe
essere presente l'attenzione assidua e cordiale di chi ritiene di poter
raccogliere da questi scambi di idee le "istanze" accennate nelle note
precedenti.
E' proprio in questo aperto e libero parlare che dovranno emergere -
magari soltanto una di buona su cento di banali - lamentele, richieste e
proposte.
Esse saranno poi discusse in incontri successivi.
Un altro socio sara' incaricato di emettere un notiziario di Sezione ogni
settimana in VHF: attenzione che non deve mancare cascasse il mondo; non
deve sbagliare di un secondo l'orario fissato, deve potersi fare
sostituire in caso di indisposizione, deve avere due trasmettitori per
l'eventualita' che uno si guasti e una batteria di scorta, mai e poi mai
deve mancare all'appuntamento.
Questo notiziario dovra' essere ciclostilato e puntualmente spedito, a
cura di un altro socio in collegamento col primo a tutti gli OM della
Sezione, anche a quelli non in ordine con la quota sociale (che cosi' gli
verra' cortesemente ricordata).
Il notiziario inoltre ad un'altra ora altrettanto rigorosa andrebbe
trasmesso in RTTY: fosse solo per questo, sicuramente almeno un socio su
200 mettera' la telescrivente e avra' modo di parlarne alle prossime
riunioni.
Il notiziario sara' breve, sintetico ma interessante, sempre aggiornato e
al socio redattore la Sezione fornira' informazioni e rimborsi per le
telefonate eventualmente necessarie per avere le ultime notizie.
Una provincia e' estesa e molti soci abitano ai confini estremi in paesi
piccoli dove a mala pena si trova in negozio il nastro adesivo. Se hanno
bisogno di un componente per la radio, di un catalogo, di un foglio
caratteristiche, non sanno come fare perche' durante la settimana
lavorano e poi al sabato i negozi in citta' sono chiusi: ci vuole percio'
un socio che sia a disposizione per radio a ore determinate e rigorose e
contro garanzia della Sezione si presti agli acquisti ed alle
informazioni richieste facendo trovare il materiale alla riunione
settimanale; tutti gli eventuali imprevisti dovranno essere regolati a
carico della Sezione che si cautelera' opportunamente con i negozi citati
per le eventuali restituzioni in caso di errori.
L'informazione sui nuovi prodotti puo' essere affidata ad un altro socio,
sempre con la garanzia di un esatto e puntuale servizio.
Eventuali visite a stabilimenti, laboratori, osservatori, devono essere
preparate da altri soci che prima vi si rechino e poi stendano un
rapporto informativo sintetico ma esauriente: chi vi aderisce avra' una
preparazione e scegliera' coscientemente di partecipare; chi non vi trova
interesse rinuncera' in anticipo sapendo di che si tratta.
Il mantenere lo stato nascente vuol dire
modificare continuamente, promuovere l'azione, combattere il disimpegno.
Non sempre ci sono i presupposti, ma alcuni non mancano: SSTV, TV a
colori, satelliti ecc. sono argomenti abbastanza nuovi.
Bisogna leggere riviste qualificate cui la Sezione si deve abbonare: non
abbonamenti in modo che uno o due soci possano leggere a sbafo; quelli,
se sono interessati, si abboneranno per loro conto. Le riviste di
Sezione devono essere affidate a chi si impegna a tradurre, commentare,
ciclostilare e diffondere.
E tutti questi incarichi devono essere interpretati liberamente,
valorizzati e sostenuti anche contro l'iniziale disinteresse e vanno
ruotati in modo che l'accennata partecipazione aumenti alla base.
Sono cose che chiedono tempo: il bollettino della propagazione decollo'
con circa 200 adesioni, scese a 160 (ce n'era di che smettere), risali' a
300 e ridiscese nuovamente, ora e' a 1500 e forse potrebbe salire ancora
se potessimo organizzarci meglio, ma non e' stata abilita' o propaganda e
forse neppure contenuto ma soprattutto esattezza di informazione, pochi
errori, possibilmente neanche di stampa, puntualita' e costanza.
La Mostra Mercato organizzata negli ultimi due anni dalla Sezione ha in
parte dimostrato la validita' della partecipazione e allo stesso tempo
anche le sfumature caratteriali di cui abbiamo parlato; c'e' stata
partecipazione e dedizione da parte dei piu' che si sono
responsabilizzati, e fuga da impegno da parte di altri; ma guai a
passare il tempo a rammaricarsi e polemizzare, guai a mettere l'accento
su quelli che sappiamo essere i nostri stessi limiti di radioamatori, e'
molto meglio invece pensare come molti collaboratori opportunamente
responsabilizzati si sono prestati fino al limite di notevoli sacrifici.
Un altro esempio curioso: in febbraio dovevamo indirizzare, suddividere
e impaccare per la spedizione circa 6000 bollettini; non potendolo fare
da soli li portammo un sabato pomeriggio in Sezione. Si trattava di un
lavoro banale, ma era "nuovo": ebbene, il lavoro andava quasi a ruba e
in due ore fu finito. Tutti avevano l'idea - che era vera - di aver
"fatto" qualcosa.
Ed e' questo "fare" che dev'essere stimolato.
Penso che si potrebbero portare altri esempi ma questi vanno visti caso
per caso.
Quello che in generale le persone desiderano e' di impegnarsi e di
partecipare. Si tratta percio' di conoscere bene il carattere delle
persone e di promuovere le tecniche partecipative piu' idonee.
Penso che forse varrebbe la pena, col necessario buon senso, dedicare
anche qualche scambio di idee intorno all'analisi fatta in queste note.
Ne potrebbero venire osservazioni interessanti se la discussione,
superati i comprensibili blocchi, si sviluppasse liberamente. Ma non mi
nascondo le difficolta' enormi che l'argomento, in pratica, puo'
presentare, e il notevole tempo che bisognerebbe dedicarvi.
Compiti certo non facili e di successo incerto; non risolti da queste
note che si limitano a mettere in evidenza alcuni elementi per un
possibile cambiamento di metodo dimostrandone le ragioni, almeno quelle
che mi sono apparse evidenti.
Se poi anche il metodo partecipativo non dovesse dimostrarsi efficace,
(ma ricordiamo che il processo chiede tempo) allora vorrebbe dire che
proprio la Sezione non serve e che l'individualismo ha raggiunto livelli
incurabili.
Ma allora non e' piu' questione di metodo e vorrebbe dire che il
radiantismo, almeno nella sua forma originaria sta finendo un ciclo e
non sarebbe proprio piu' il caso di distinguere troppo puntigliosamente
gli OM dai CB.
Anche in questo caso non staremmo a piangere perche' la storia corre e
non saremo noi a cambiarla, ma si dovrebbe almeno sforzarsi di
verificare se e' stato fatto tutto, e nel verso giusto, per la
sopravvivenza del radiantismo, almeno di quel che di buono ne e' rimasto.
Concludiamo con questa nota gli appunti su questo argomento.
I commenti ricevuti sono stati molti, e vari, e per la verita' in
generale abbastanza favorevoli.
C'e' chi ha chiesto di sviluppare di piu' l'argomento: ma questa voleva
solo essere la sede e l'occasione per sollevare il problema e avviare
possibilmente un dibattito.
Chi ha osservato che nelle note c'e' un che di volutamente patologico:
puo' esser vero, ma se si vogliono mettere in evidenza le difficolta' e'
chiaro che bisogna cercare i lati meno belli della situazione che si
esamina, dando per scontato che ce ne sono di certamente migliori.
Chi ci ha posto sull'avviso di non generalizzare troppo: ed e' giusto, ma
anche qui rimandiamo alla premessa iniziale dove noi stessi avvertivamo
il pericolo e i limiti e le possibilita' d'esser fraintesi.
Insomma noi speriamo non d'aver trovato o indicato soluzioni (sarebbe
troppo bello, ma ingenuo) ma di aver indicato alcune cause di fondo che
dovrebbero essere considerate tra le difficolta' presentemente
riscontrabili nella vita Associativa. Esse sono in parte figlie del
nostro tempo difficile; difficile, come s'e' visto, perche' per certi
versi fin troppo facile.
Speriamo che sia un contributo modesto ma di qualche utilita', e
ringraziarne chi ci ha pazientemente seguito fin qui.
Enzo Ziviani I3CNJ
OPINIONI DI I2MOV
Questo mio articolo e' stato
pubblicato su S.T.R. di giugno 2007 alle pagine 16 e 17.
Nel mese appena trascorso ci sono
state due spedizioni importanti: N8S Swains Island e BS7H Scarborough
Reef. Inutile dire che in frequenza ha dominato la solita maleducazione
ed intolleranza a danno principalmente di chi avrebbe voluto ascoltare
in santa pace i deboli segnali delle due stazioni.
Lo sapevamo tutti che sarebbe stato arduo riuscire a collegare queste
due localita' in un cosi' basso periodo di attivita' solare quale
l'attuale, ma alcuni si sono proprio accaniti per rendere questi ascolti
ancora piu' difficili e forse il danno maggiore lo hanno proprio
provocato i vari "poliziotti" dell'etere.
In fonia ormai ci sono gli "orticelli" di proprieta', guai a toccarli, ed
in questo caso noi italiani facciamo una figura meschina a livello
mondiale.
Anche la parte CW sta deteriorandosi ma per fortuna a livello minore.
Andando a visitare giornalmente e brevemente un cluster, (non mando spot
ne' annunci, leggo solamente) sono stato colpito da due fatti che mi
hanno disorientato.
Un JA3 si vantava di aver collegato BS7H in molte frequenze e modi,
(bella forza!) ma quello che mi ha turbato e' il fatto che sfotteva un
F6 ed un ON4 che, secondo lui, da big quali erano, ancora non lo
avevano collegato. Inoltre si accaniva con ON4 dicendogli che nemmeno
il suo manuale di pratica operativa non gli aveva consentito di fare il
QSO agognato. In quel momento il mito che avevo dei figli del sol
levante, cosi' educati, ricchi di inchini, ecc., improvvisamente e'
andato in frantumi.
Con questo non intendo assolutamente generalizzare, non tutti sono cosi',
ma in me si e' incrinata una certa immagine che mi ero fatto di loro.
Altro mito caduto: un OE2 pieno di euforia, scrive che ha collegato BS7H
coi suoi due nominativi: OE2 e DK5 e che con entrambi e' arrivato a quota
337 Paesi.
Un nordico gli chiede quanto dista dal confine: risponde che lui si
trova vicino a Salzburg e l'altra sua casa e' a Kassel !!!
Queste due citta' sono piuttosto distanti tra di loro ed alcuni nordici
gli contestano di averlo lavorato dallo stesso paese, ne nasce una
polemica nella quale lui si dichiara disponibile a mostrare loro i log.
Non lo avesse mai detto, nessuno gli crede...!
Anche qui sono rimasto deluso da quelli che ho sempre creduto, precisi,
scrupolosi e rigorosi teutonici; ripeto, non bisogna mai generalizzare,
ma purtroppo questo e' un brutto segnale per la nostra attivita'.
Invece di cercare di migliorare la nostra pratica operativa pensiamo
solo a fare i primi della classe, abbiamo messo al bando la solidarieta'
dei tempi passati ed inseguiamo la quantita' a scapito della qualita'.
Ma c'e' di peggio: alcuni per invidia inventano addirittura falsita' per
screditare o danneggiare l'immagine di chi e' piu' bravo o piu' fortunato.
Vogliamo tutto e subito, sempre pronti a criticare le stazioni DX che
con enormi sacrifici stanno cercando di darci il Paese che desideriamo.
Se non colleghiamo il nuovo Paese, non muore nessuno, ci sara' di sicuro
una prossima occasione; se facciamo tutto e subito poi non ci rimane piu'
nulla per il futuro!
Bisogna provare a stare dall'altra parte per rendersi conto di quanti
sacrifici stanno sostenendo questi colleghi per accontentare il maggior
numero possibile di OM : spese, scomodita', condizioni climatiche
avverse, mancanza di acqua potabile, infezioni, guasti, black-out,
cicloni, ecc.
Purtroppo, alcuni di noi non hanno alcun ritegno a bollare questi OM con
commenti ingiusti senza conoscere realmente in che condizioni operano.
Sono sicuro che se ci andassero loro non farebbero sicuramente di
meglio.
Negli anni scorsi ho fatto all'incirca 12.000 QSO in CW come TX4PG,
ZK3SB e 5W0SB e posso dire di essermi trovato veramente dall'altra
parte!
Dal Pacifico durante il giorno non si sente nulla, ci sono due brevi
aperture per EU all'alba ed al tramonto, di notte si fanno USA e JA.
Questo vuol dire che di notte non si dorme...e di giorno ben poco! Sono
gli USA e JA che fanno la parte del leone, EU deve purtroppo
accontentarsi di queste due finestre. Gli USA sono veloci, con loro puoi
fare diversi QSO al minuto, non ripetono il loro nominativo se sentono
che lo hai capito.
Gli JA sono lenti, in massima parte corretti ma continuano a ripetere il
loro nominativo anche se lo hai capito.
Gli EU sono i piu' indisciplinati, continuano a chiamare anche se
rispondi a loro per varie volte. Forse non ascoltano? Ma allora che
chiamano a fare?
Posso dire che anche i nordici e UA non hanno nulla da invidiare agli
italiani, tutto il mondo e' paese...
Certamente gli europei, rispetto al Pacifico, non sono tanto fortunati
quanto i loro colleghi USA e JA e questa e' una attenuante a loro favore.
Scusatemi per la prolissita', non era mia intenzione fare un sermone a
nessuno, perche' ritengo che anche per me valga la frase: "chi e' senza
peccato scagli la prima pietra".
Volevo piuttosto rendervi partecipi della mia amarezza e delusione per
la brutta piega che sta prendendo la nostra attivita' di OM.
Purtroppo nel nostro Paese siamo malvisti, se posso evito di
qualificarmi come Radioamatore a gente che non conosce la nostra
attivita' per non sentirmi dire sempre la stessa cosa: quindi lei e' uno
di quelli che col "baracchino" disturbano la TV.
Invece all'aeroporto di Los Angeles ho avuto una gradita sorpresa: avevo
un carrello con sopra un amplificatore lineare che stavo portando al
controllo. Una guardia mi ferma chiedendomi il contenuto della cassa,
rispondo che si tratta di un trasmettitore; allarmato mi fa cenno di no,
ma quando gli dico che sono un Ham Radio mi sorride e mi fa passare.
Come vorrei che anche nel nostro Paese l'attivita' di OM fosse
considerata alla stressa stregua!
Molti anni fa gli OM erano piu' leali, piu' sinceri, piu' solidali coi
colleghi, meno in competizione, piu' rispettosi delle normative vigenti,
ed e' per questo che circa 50 anni fa decisi di entrare a far parte di
questa nostra famiglia.
L'attivita' del vero Radioamatore, come l'avevo conosciuta, mi ha subito
attratto e non l'ho mai abbandonata; la mia patente e' del 1960.
Coraggio amici, uniamoci e bandiamo tutte le nostre rivalita' cercando di
migliorare il nostro comportamento in frequenza e aiutando la nostra
Associazione, quello che ne ricaveremo sara' patrimonio di tutti.
Un saluto da Flaviano I2MOV
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