Da schiavi a
protagonisti: gli indios di Latinoamerica
di Tamara Scarton
con la collaborazione del prof. Spada
Tra
gli anni settanta e novanta gli indios dell’America Centrale e del
Sud, che sembravano totalmente emarginati da 500 anni di dominazione
coloniale, hanno avuto uno strabiliante sviluppo nella loro condizione
sociale. Ed alcuni di loro, vedi gli indigeni del Chapas, sono diventati
segno di speranza per il mondo intero.
Fino agli anni settanta, l’essere “indio” era una vergogna e fonte
d’emarginazione sociale. Parlare la propria lingua, ammettere le
proprie origini e cercare di preservare la propria cultura erano motivi
di maltrattamenti da parte dei meticci e dei bianchi, con la conseguenza
di una grave oppressione ed emarginazione culturale e sociale.
Prendiamo come esempio la situazione dell’ Equador, dove gli indios
sono quasi il 45% nel contesto multietnico di meticci, neri e
“bianchi-creoli”: possiamo notare come, in poco più di vent’anni,
gli indigeni di questo paese dall’essere dominati e gravemente
emarginati, sono riusciti a rialzarsi,
prima con l’organizzazione popolare in piccoli gruppi, con la presa di
coscienza della propria condizione e dei propri diritti, soprattutto con
la lotta per le terre ed infine con la lotta per l’istruzione e
la partecipazione sociopolitica. Nel governo Ecuadoriano, da poco
insediato, ci sono addirittura due ministri “indios”: una donna
indigena è Ministro degli Esteri e un’ indigena Ministro
dell’Agricoltura, entrambe con diplomi di laurea!
Ora, in questa nuova epoca, gli indios cercano di avere un posto
rilevante nella vita sociale e politica del loro paese, grazie anche
alla collaborazione di gruppi europei ed altri simpatizzanti che li
aiutano a crescere dal punto di vista istituzionale, dell’istruzione e
delle attività produttive.
Nel contesto mondiale non tanto roseo della globalizzazione e del
neoliberalismo, la riscoperta della loro antica civiltà e la proposta
al “vecchio” mondo da parte degli indios di Latinoamerica di alcuni
loro valori, sono uno stimolo a credere che un altro mondo è possibile.
Vorremmo quindi concludere questo trafiletto con quel misto di
speranza e utopia che ci fa credere nella possibilità della liberazione
dei popoli oppressi.