Progresso: un vaso di
pandora?
di Manuela Tisot
“…Ogni
giorno l’aquila scendeva a rodergli l’immortale fegato, che ogni
notte si ricostituiva integralmente…”
E’
questa la punizione inflitta a Prometeo, il Titano in lotta con Zeus, re
degli dei. La sua colpa è di aver dato agli uomini il fuoco, simbolo
della conoscenza e della volontà.
In questo modo il mito greco spiega le “origini”, dando una propria
versione a delle problematiche universali: troviamo in esso, infatti,
tutte le caratteristiche tipiche di qualsiasi religione o “leggenda”
umana. La spiegazione riguardo l’origine dell’uomo, il suo rapporto
con gli dei (l’uomo è semi-divino), la “creazione” della donna,
la razionalità.
Prometeo, donando il fuoco all’uomo, mette in grave pericolo gli
abitanti dell’Olimpo: attraverso il fuoco, la tecnica, gli uomini
otterranno da soli ciò che fino ad allora chiedevano agli dei
immortali.
Da qui, la punizione di Prometeo e il “castigo” per l’uomo, la
creazione della donna (Pandora); ella, infatti, apre il vaso dei mali,
sprigionando malattie, dolore e morte.
Da allora l’uomo ha sempre usato la tecnica per tentare di risanare il
gesto di Pandora: attraverso la razionalità ha cercato di migliorare la
propria condizione (non sempre riuscendovi, anzi!).
L’originario “compito” della tecnica era di trovare soluzioni a
dei problemi, senza dover dipendere dalla tirannia divina. L’agire
dell’uomo era quindi proiettato verso il conseguimento di un
“qualcosa”: scienza, tecnica e razionalità permettevano di
apportare quelle modifiche tali da migliorare la vita.
I “fini” spaziavano dal trovare un rimedio ad un problema
lavorativo, una cura ad una malattia, oppure il modo di costruire solide
case.
Tutto ciò avveniva in piena sintonia con la natura, che governava
ancora l’uomo, e rappresentava il suo limite, l’orizzonte della
propria tecnica e razionalità.
La tecnica, infatti, forniva gli strumenti per raggiungere lo scopo, ma
essi erano di gran lunga più deboli della natura stessa, che da sempre
aveva regolato il mondo, le piante e gli animali –uomo compreso!-. Ed
è sempre la stessa natura a determinare i riti propiziatori, le
credenze, le regole e le ideologie alla base della società.
Questo equilibrio si è però dimostrato totalmente instabile.
E’ difficile determinare le cause che hanno portato a questo punto,
alla situazione che possiamo osservare e criticare aspramente ogni
giorno.
Probabilmente i rapporti natura-uomo dovevano degenerare per forza:
forse è insito nell’uomo perdere totalmente il controllo delle
proprie azioni. Mi riferisco alla vulnerabile natura umana, che non è
pura e fredda razionalità, ma è anche sentimenti. Sentimenti che, il
più delle volte, sono l’esatto contrario di amore, fratellanza e
amicizia.
Così gli stessi sentimenti che, in positivo, hanno significato arte,
solidarietà, movimenti di intere popolazioni unite, in negativo hanno
provocato uno stravolgimento del ruolo della tecnica.
Odio, avidità, fame di potere hanno portato ad usare la tecnica non a
favore della collettività, ma come strumento di “male” (come
dicevano i latini, “l’uomo è lupo con gli altri uomini”).
Partendo
dalle armi e strategie dell’esercito Imperiale Romano, passando per i
sofisticati meccanismi dell’attrezzatura da tortura medievale,
arrivando fino all’era della bomba atomica e dei quotidiani genocidi.
In questo percorso nel quale la tecnica ha tradito i presupposti
iniziali, arriviamo nel nostro mondo di microchip e armi batteriologiche,
dove l’uomo è subordinato alla tecnica. Subordinato nel senso che non
ha più nessun potere su di essa, ha perso il controllo, ed essa vive di
vita propria. Ormai non è più lo strumento per raggiungere il fine, ma
sembra quasi si voglia, attraverso essa, trovare i mezzi per raggiungere
tutti gli scopi, senza porsi il problema etico della loro positività.
Il quadro è quindi totalmente cambiato: ora la natura viene dominata
dall’uomo, il quale è, a sua volta, dominato dalla tecnica.
Il cosiddetto “progresso” è riuscito a modificare tutto: non solo
il rapporto uomo-natura, ma la società, la cultura, le ideologie. Ha
portato alla creazione di una società sua “prostituta”: con la
Seconda Rivoluzione Industriale si consolida il capitalismo, che è la
massima espressione di “tecnocrazia”.
L’uomo è ora totalmente succube della “macchina”, e tutti
facciamo parte di questo sistema sempre più specializzato. Ognuno di
noi –il più delle volte inconsapevolmente- produce, lavora in una
realtà che è solo una sotto-realtà di questo enorme sistema. Con ciò
intendo dire che ormai nessuno ha più la competenza di conoscere e
giudicare questa realtà così grande e specializzata: ecco cos’è
diventata la democrazia, la non-partecipazione, causa ignoranza.
In questo mondo, o si fa parte degli “sviluppati”, o dei
“sottosviluppati”, ma anche in quest’ultimo caso non si è liberi,
in quanto dipendenti dai primi.
Ecco ciò che ha portato l’uomo, la sua adorata tecnica e la
convinzione che essa sia infallibile.
Dopo questa piccola analisi, risulta ancora più chiaro quanto il vaso
di Pandora abbia influenzato la storia. Basta dare un occhio al
presente: quasi tutte le malattie che un tempo mietevano milioni di
vittime sono state debellate. Ne nascono ogni giorno di più forti e
potenti (AIDS), se non sono addirittura “inventate” e poi usate
dall’uomo contro l’uomo.
La morte fortunatamente c’è ancora –ed è una delle poche cose
naturali rimaste!-. Tuttavia, fra una cinquantina di anni potrebbe non
comparire più nei dizionari: si raggiungerà la vita eterna grazie alla
disponibilità di dieci, cento, ma cosa dico? migliaia! di organi pronti
al trapianto.
Personalmente, ho paura che, chiuso un vaso, se ne stia creando un altro
milioni di volte più temibile, che si scaglierà contro i suoi stessi
costruttori.
Spesso
mi chiedo se non staremmo tutti meglio se vivessimo come quelle poche
tribù “incivili” che non hanno visto il nostro “progresso”.
Vivono con poco, pressoché all’età della pietra, ma sono convinta
che vivano molto più serenamente, e non debbano preoccuparsi di tante
brutte cose che da noi “civili” sono quotidianità.
E
se proviamo un senso di disgusto verso questo sistema, o per il solo
fatto di appartenere alla razza umana, non posso far altro che darVi la
triste notizia che tutti ne facciamo parte, nessuno escluso.
Io ho ben poche speranze che, giunti a questo punto, si possa tornare
indietro. Mi convince di più una “fine dell’epoca delle macchine”
solo in corrispondenza della “fine dell’epoca dell’uomo”.
Ma non voglio toglierVi la speranza, se siete più
ottimisti di me: “…la macchina si sfascerà finalmente. / E allora
finalmente / tutte le creature che erano state respinte nelle remote
pieghe dell’anima, / si affacceranno.” (D. H. Lawrence, “La
“macchina” non trionferà?”).