Crudeltà invisibile Ogni
giorno animali come pecore, galline e vacche dopo un’esistenza carica
di tormenti, terminato il ciclo di produzione di latte e uova, vengono
spedite al macello. Animali costretti a vivere immobili in allevamenti
intensivi, nutriti forzatamente, trascinati in condizioni terrificanti
su camion, privi di cibo ed acqua, per lunghe distanze e infine freddati
con procedimenti brutali, anche senza lo stordimento preventivo.
Le mucche,
fecondate artificialmente e mantenute in gravidanza per la
produzione di latte, sono soggette sempre più frequentemente ad
infezioni e mastiti, per via dello sconsiderato utilizzo di dispositivi
automatici per la mungitura. I vitellini strappati alle cure materne e
macellati a poche settimane dalla nascita, vengono resi anemici (diete
povere di ferro) per ottenere
carne sempre più bianca e tenera. Troppo spesso viene trascurata, pur
avvenendo per soffocamento dopo una prolungata, silente sofferenza, la
“tacita morte” dei pesci. Crudele anche la sorte delle oche alle
quali, più volte nel corso dell’anno, vengono strappate, senza
anestesia, le piume per creare imbottiture.
Non dovrebbe esser necessario dilungarsi oltre, ma i fatti suddetti non
inorridiscono certo quel folto gruppo di persone che, dinnanzi alla
proposta di formulare leggi più severe riguardanti la tutela degli
esseri viventi “non umani”, replica
affermando che la precedenza deve essere data alle questioni umane,
quali la povertà, la fame ecc... Queste persone, chiaramente non sono a
conoscenza del fatto che, un’alimentazione priva di sostanze animali,
nel nostro “ricco occidente”, consentirebbe al resto del mondo di
usufruire di numerosi terreni coltivabili, estendendo le opportunità di
lavoro e sopravvivenza a milioni di persone. Infatti, secondo il
Ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti, con lo stesso
appezzamento di terreno necessario per
produrre 1kg di carne di bue
si possono ottenere 16
kg di soia e legumi che se destinati al consumo umano nutrirebbero un
numero 5 volte maggiore di persone. Per
di più si è accertato
che “se destinassimo
un ettaro di terra all’allevamento bovino, otterremmo in un anno 66Kg
di proteine. Se destinassimo lo stesso terreno alla coltivazione della
soia otterremmo nello stesso tempo 1848 Kg di proteine cioè 28 volte di
più. Va sottolineato che le proteine della soia hanno lo stesso valore
nutrizionale delle proteine contenute nei cibi animali e che la soia
potrebbe essere utilizzata come unica fonte proteica nella propria
dieta”. Tutto questo costituirebbe sicuramente un importante aiuto
nella risoluzione del problema della fame nel mondo. Inoltre
nessuno dei prodotti derivanti dall’uccisione o dallo sfruttamento di
specie animali non umane è insostituibile. Cuoio, pelle, pellicce,
lana, seta, ecc. sono rimpiazzabili con materiali migliori, meno costosi
e meno inquinanti. Il
gusto, viziato da anni d’abitudini sbagliate, si può rieducare.
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