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Crudeltà invisibile
di
Lidia Brocchetto

Ogni giorno animali come pecore, galline e vacche dopo un’esistenza carica di tormenti, terminato il ciclo di produzione di latte e uova, vengono spedite al macello. Animali costretti a vivere immobili in allevamenti intensivi, nutriti forzatamente, trascinati in condizioni terrificanti su camion, privi di cibo ed acqua, per lunghe distanze e infine freddati con procedimenti brutali, anche senza lo stordimento preventivo. Le mucche, fecondate artificialmente e mantenute in gravidanza per la produzione di latte, sono soggette sempre più frequentemente ad infezioni e mastiti, per via dello sconsiderato utilizzo di dispositivi automatici per la mungitura. I vitellini strappati alle cure materne e macellati a poche settimane dalla nascita, vengono resi anemici (diete povere di ferro) per  ottenere carne sempre più bianca e tenera. Troppo spesso viene trascurata, pur avvenendo per soffocamento dopo una prolungata, silente sofferenza, la “tacita morte” dei pesci. Crudele anche la sorte delle oche alle quali, più volte nel corso dell’anno, vengono strappate, senza anestesia, le piume per creare imbottiture. Non dovrebbe esser necessario dilungarsi oltre, ma i fatti suddetti non inorridiscono certo quel folto gruppo di persone che, dinnanzi alla proposta di formulare leggi più severe riguardanti la tutela degli esseri viventi “non umani”,  replica affermando che la precedenza deve essere data alle questioni umane, quali la povertà, la fame ecc... Queste persone, chiaramente non sono a conoscenza del fatto che, un’alimentazione priva di sostanze animali, nel nostro “ricco occidente”, consentirebbe al resto del mondo di usufruire di numerosi terreni coltivabili, estendendo le opportunità di lavoro e sopravvivenza a milioni di persone. Infatti, secondo il Ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti, con lo stesso appezzamento di terreno necessario per  produrre 1kg di carne di bue  si possono ottenere  16 kg di soia e legumi che se destinati al consumo umano nutrirebbero un numero 5 volte maggiore di persone.

Per di più si è accertato che “se destinassimo un ettaro di terra all’allevamento bovino, otterremmo in un anno 66Kg di proteine. Se destinassimo lo stesso terreno alla coltivazione della soia otterremmo nello stesso tempo 1848 Kg di proteine cioè 28 volte di più. Va sottolineato che le proteine della soia hanno lo stesso valore nutrizionale delle proteine contenute nei cibi animali e che la soia potrebbe essere utilizzata come unica fonte proteica nella propria dieta”. Tutto questo costituirebbe sicuramente un importante aiuto nella risoluzione del problema della fame nel mondo.

 Inoltre nessuno dei prodotti derivanti dall’uccisione o dallo sfruttamento di specie animali non umane è insostituibile. Cuoio, pelle, pellicce, lana, seta, ecc. sono rimpiazzabili con materiali migliori, meno costosi e meno inquinanti.

Il gusto, viziato da anni d’abitudini sbagliate, si può rieducare.

 

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