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Libertà come abbattimento delle barriere architettoniche
di
Manuela Tisot e Gabriele Scalet

Venerdì 15 novembre 2002, scuola media Ricci, Belluno: si consuma l’intollerabile discriminazione nei confronti di Paola (nome di fantasia). La “grande colpa” dell’undicenne è l’essere in carrozzina. E’ questa la causa per la quale ha visto tutti i suoi compagni lasciare l’aula e recarsi nel laboratorio di inglese, al piano di sopra. Lei no, divisa dagli altri da quelle scale, troppo strette per costruire un servo scala; troppe responsabilità per essere portata a braccia.

“E’ bastata un’ora –dice affranto il padre- per distruggere anni di lavoro. Abbiamo sempre fatto tutto con nostra figlia, dalle gite in montagna alla sport e proprio per questo motivo la sua condizione non le è mai pesata. Ora però le cose cambiano, e parecchio”.

 

Di fronte ad un avvenimento di questo tipo, che ci lascia senza parole, cogliamo l’occasione per cercare di capire meglio il significato drammatico delle barriere architettoniche che privano molti individui (donne con il passeggino piuttosto che anziani o disabili…) di uno dei diritti fondamentali: la Libertà. A parlarcene, il Vicepresidente dell’ANMIC (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili), Loris Paoletti.

 

Una persona disabile è un individuo come tutti gli altri: prova gli stessi sentimenti, ha la stessa dignità, la stessa maturità (se non di più).

Soprattutto, ha la stessa voglia di libertà di tutti: essa consiste nel poter vivere autonomamente, avere la possibilità di accedere a spazi privati e pubblici senza difficoltà.

Tale libertà viene meno proprio di fronte alle barriere architettoniche: fare in modo che esse scompaiano significa garantire i diritti di persone che nella vita hanno avuto solo più sfortuna degli altri. Non si parla quindi di “pietismo”, di “fare un piacere”, ma semplicemente di civiltà, del riconoscere a tutti i propri diritti senza alcuna discriminazione.

Purtroppo però la nostra cultura è egoista, non è abbastanza impegnata nell’abbattimento delle barriere architettoniche.

Con questo non voglio dire che fino ad ora non si è fatto nulla, bensì che ciò che è stato fatto è ancora poco: confrontato con il resto d’Europa, il nostro Paese è davvero molto arretrato.  

Alla base degli interventi in questo senso ci sono delle scelte a livello di bilancio, compiute dagli Enti secondo un ordine di priorità. Non voglio sindacare sull’utilizzo dei soldi, so benissimo che dal punto di vista economico c’è attualmente una situazione difficile, ma so anche quanto irrisorio sia il costo, ad esempio, di uno scorrimano. Eppure nel Municipio di Feltre non c’è.

Sono convinto che, esistendo una normativa in vigore da ormai trent’anni (Legge 30.03.1972, n.118 riguardo l’abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici o aperti al pubblico, e l’accessibilità degli invalidi non deambulanti ai mezzi pubblici di trasporto e ai luoghi pubblici), il problema non sia tanto la mancanza di fondi, ma piuttosto una situazione di comodo. In trent’anni, infatti, se il problema fosse stato preso seriamente in considerazione, le barriere architettoniche sarebbero state totalmente distrutte. Ciò significa che una programmazione in questo senso non c’è mai stata.

La legge-quadro sull’handicap 05.02.1992, n.104 prevede, in caso di violazione della citata legge 118, un’implicazione di enti, tecnici e persone investite della diretta responsabilità.

Tale realtà è quindi, oltre che inammissibile all’interno di una società civile, anche illegale.

Alla base di questa situazione c’è uno spiccato minimalismo nella nostra società, anche da parte degli Enti: spesso si predilige la costruzione di un istituto scolastico esteticamente bello, piuttosto di uno a norma di legge, che consenta l’accesso a tutta l’utenza. Con “utenza” intendo non solo gli studenti, ma i genitori, i docenti…tutte le persone che vi vorranno accedere e potranno essere in grado di farlo.

Il Negrelli e il Rizzarda sono un esempio di scuola accessibile: lo sono dagli scivoli, ai parcheggi, agli ascensori. Ma purtroppo sono un’eccezione fra gli edifici qui a Feltre: la conferma che c’è il reale bisogno di cambiare atteggiamento rispetto a questa situazione, che continua a penalizzare in maniera iniqua una categoria di cittadini fra i più deboli e indifesi.  

 

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