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Una gloria piodese: Fra Palemone

Fra Palemone
Fra Palemone, al secolo Giacomo Maria Mangola, nacque il 27 agosto 1767 nella frazione Dughera di Piode ed era figlio di Pietro Antonio e di Caterina Tribolo. Della sua prima infanzia si sa poco, mentre risulta che quando era ancora in giovane età l'intera sua famiglia si trasferì a Torino, dove il padre continuò il suo lavoro di falegname. Durante la sua permanenza nel capoluogo piemontese, Giacomo condusse una vita alquanto spensierata e - come riferì in seguito il suo biografo - "densa di passioni e di dissipazione giovanile, che spadroneggiavano in un cuore avido di vanità e di bel tempo". Verso l'età di 17-18 anni "...in uno dei momenti di silenzio sentì il timore dei giudizi di Dio e progettò di prevenirne la severità". Frequentando l'Oratorio torinese ispirato a San Filippo Neri e a San Giovanni Bosco, il giovane Mangola "si accorse della profonda diversità della vita esistente fra gli antichi compagni e quelli dell'Oratorio e si meravigliò di come avesse potuto vivere prima così diversamente... senza aver avuto mai vera gioia".
All'età di 19 anni gli capitò di leggere "Le costituzioni della Trappa", il codice di uno dei più austeri e rigidi ordini religiosi dell'epoca, e ne fu profondamente colpito. Ne parlò con il suo Confessore e nonostante la forte contrarietà dei genitori, che pensarono persino di ammogliarlo con una giovane "bella e carina", Giacomo s'immerse sempre più nella preghiera e nella devozione verso la Madonna, della quale venerava in modo particolare l'immagine che a suo tempo aveva potuto osservare nella chiesetta-santuario delle Pietregrosse.
Nell'estate 1797, mentre faceva un bagno nel Po, fu trascinato in un pericoloso mulinello che lo stava facendo annegare. Prima di perdere conoscenza, il giovane si raccomandò alla Madonna e poco dopo si ritrovò sano e salvo sulla riva del fiume. Questo fatto lo convinse ancor più a scegliere la vita monastica e con pochi soldi in tasca, non conoscendo neppure una parola di Francese (neppure in seguito gli riuscì mai di parlare quella lingua), partì alla volta della Francia, per trovare accoglienza nella "trappa" della Bassa Normandia. Il Superiore che l'accolse "...lo disilluse subito, dicendo che quello non era luogo per disoccupati che non riescono a sistemarsi nel mondo...", ma la cocciutaggine del giovane riuscì a superare le ritrosie del Superiore e venne infine ammesso fra i Fratelli Oblati della regola di San Benedetto. Il suo desiderio di essere "promosso" al noviziato per diventare "monaco da coro" doveva tuttavia attendere ancora.
Per inciso, occorre ricordare che proprio in quegli anni (il 14 luglio 1789 avvenne l'assalto alla Bastiglia e prese avvio la Rivoluzione) gli Ordini religiosi vennero sciolti dall'Assemblea Nazionale che, cacciati dalla Francia, trovarono per lo più rifugio in Svizzera. A seguito di tali avvenimenti, alcuni Trappisti della Bassa Normandia trovarono accoglienza in un'antica Colonia di Certosini, sulla montagna Valsanta (1020 m. slm), nella diocesi di Losanna. Il giovane Mangola fu invece rimandato in Italia.
Ritornato dunque a Torino nel 1790, continuò in quella città la sua vita di Trappista, sinchè alla fine del 1791 - essendosi nel frattempo ampliata la Trappa di Valsanta - non venne là richiamato, sempre in veste di Oblato e sottoposto alle dure regole del Noviziato.
Agli inizi del 1793 "fu ammesso alla professione religiosa che, con l'emissione del voto solenne d'ubbidienza... lo legava definitivamente a Dio e lo faceva per sempre morire al mondo". Il Superiore del convento "...visto il fervore di Palemone
(Ndr:. Palemone fu il nome acquisito da Giacomo nella sua nuova veste monastica, da ricollegarsi ad una figura della mitologia greca) e nonostante la sua già allora cagionevole salute... avvisatolo della durezza della vita religiosa e delle penitenze, avuto anche il parere favorevole della maggioranza del Capitolo, lo accolse tra i Monaci da coro".
Fra Palemone non ebbe modo di vivere a lungo quella vita monastica che aveva per anni sognato e che finalmente gli era stata ufficiallmente concessa, in quanto il duro lavoro di Trappista, frustrato da una salute sempre più cagionevole, lo condusse presto alla morte, che avvenne appunto nella Trappa di Valsanta il 12 giugno del 1793, all'età di soli 26 anni non ancora compiuti.
Le sue ultime parole, riportate dai Monaci del Convento furono: "Padre, sono ben miserabile lo so, un gran peccatore, m'arrossisco nel dirvelo, ma non mel posso togliere di mente... i meriti di Gesù Cristo sono così grandi.... Ah, che felicità; merito bene di stare in Purgatorio fino al giorno del Giudizio; ma spero che i meriti di Gesù che sono miei... e sono così grandi, spero di vederlo... che felicità". Il corpo venne deposto nella fossa con i suoi abiti religiosi e nella stessa posizione in cui stava in Chiesa quando vi cantava le odi divine.


L'agonia di Fra Palemone

Le informazioni e le immagini contenute in questa pagina sono state tratte da:
"Fra Palemone - numero unico in occasione del secondo centenario della nascita", Stamperia Aldina, Varallo, 1968.