|<< Indietro| | Indice | | Avanti>>|

Le discipline sono sfondi

di Simonetta Salacone

direttrice didattica

Le costanti rimangono: l'attenzione alla relazione, che è centrale, l'ascolto, cosa che non sempre avviene, l'accoglienza, e l'accoglienza molto spesso è anche contenimento, contenimento delle ansie, delle tensioni, deve rimanere una costante la costruzione di un percorso a partire dai singoli bambini dalle singole bambine e insieme integrandosi con le altre figure che ruotano intorno ai giovani.
Deve rimanere una fortissima attenzione all'organizzazione, perché poi anche se tutto sembra molto improvvisato è tutto molto programmato, nelle cose che avete detto, l'attenzione agli spazi, l'attenzione ai tempi, al modo di usare la voce, al modo di osservarsi mentre si lavora per apprendere.
Non è un caso che ci siano i maestri, il professore professa un'attenzione ad una disciplina, il maestro è quello che ha l'arte, e l'arte la si costruisce è una cosa che si apprende giorno per giorno, si apprende facendo, si apprende alla bottega artigiana. Rimane una costante fortissima la responsabilità rispetto ai risultati.
Queste sono le costanti, ci sono delle grosse differenze, che sono inevitabili, via via che il ragazzo cresce si definiscono gli ambiti ed i ruoli, e si articola il mondo delle figure adulte.
Si cresce nell'autonomia, l'adolescenza, sarebbe assurdo che noi pensassimo di tenere sempre in braccio i nostri bambini, perché vanno lanciati.
L'adolescente ha bisogno di uscire, noi li teniamo dentro la scuola, sui libri di testo, quando loro hanno bisogno di contrastarci per crescere, di andare fuori a vivere.
Quindi noi facciamo errori con gli adolescenti, infatti il crollo è lì, perché noi non sappiamo leggere che cosa succede in un adolescente; mentre il bambino è interessatissimo a tutto, lo possiamo benissimo tenere dentro alle cose che gli proponiamo, l'adolescente deve crescere, porsi contro, aggredire le cose che avvengono fuori, evitando che le cose fuori divengano distrazioni inutili, ma che siano attenzioni.
Questo progressivo costruirsi del linguaggio delle discipline va visto come arricchimento. Bisogna uscire dalla posizione, bisogna conoscere le differenze che ci sono tra il concreto dell'alunno piccolo, e la capacità dell'alunno più grande.
Detto questo, è fondamentale che ci contaminiamo fra culture pedagogiche diverse, quindi incontri così, sono fondamentali. E sarà utilissima la riforma, perché ci costringerà a mettere insieme per forza metodologie e culture didattiche diverse.
Le discipline sono sfondi, sono punti di vista, sono ambiti entro cui collocare le esperienze. Se sono queste non sono un male, faremmo del male a noi stessi se negassimo che la realtà viene organizzata secondo diversi punti di vista, che però non sono assoluti. Oggi le discipline sono in continuo movimento, ed è legittimo andare fuori tema.
Il bambino ci porta un'esperienza unitaria e noi piano piano lo aiutiamo a distinguere, alle superiori dobbiamo continuare questo lavoro, perché l'errore è pensare che quando il ragazzo arriva alle superiori abbia già gli strumenti. Le discipline vanno riattraversate, chiunque di noi insegna alla secondaria viene da formazioni diverse e insegna ambiti disciplinari, non insegna una disciplina.
Non è vero che questi assoluti disciplinari debbano condizionarci, perché noi stessi facciamo un sacco di riletture della formazione da cui siamo venuti rispetto all'ambito in cui insegniamo.
Credo che ci sia quindi un gioco fortissimo di equilibri fra far fare esperienze e fare argomentare: l'errore è che spesso si chiede di argomentare prima di aver fatto fare esperienze. Se io propongo delle letture, e poi l'argomentazione delle letture, ho creato un motivazione ho creato un'emozione.
Alle scuole elementari, ad esempio, questa cosa la sappiamo fare bene, non invitiamo a studiare sulle argomentazioni o sull'analisi del testo prima di avergli fatto provare il gusto. Spesso, invece, accade il contrario quando i ragazzi sono grandi. Noi abbiamo delle secondarie dove scompare l'aspetto dell'operatività, l'aspetto figurativo, abbiamo queste aule grigie, senza nulla dentro.
Anche negli istituti professionali spesso viene imposto ai ragazzi di fare cose che non sono significative per loro, il problema è di rendere significativi gli strumenti che noi a scuola diamo ai nostri ragazzi, come riusciamo a fare molto bene alle scuole primarie.
Rispetto anche all'università, io penso che dobbiamo fisicamente assumere quello che sta succedendo nella riforma, che l'università si responsabilizzi anche sui tempi, perché tenere i ragazzi anni in più senza che si possano confrontare con un obbiettivo è uno spreco di risorse e di intelligenza.
Se un'università, che finora è stata deresponsabilizzata rispetto alla durata dei percorsi, viene responsabilizzata si ha la possibilità di riconoscere in termini di cose positive quello che si può fare fuori, le esperienze ecc. oppure sanare, prima di entrare, tutte le lacune che porterebbero i ragazzi fin dall'inizio ad arrancare. Quello che noi chiamiamo orientamento, e cominciamo a fare sin dalla primissima infanzia, è la scoperta di quello che si può fare, di quello che ci piace fare, ma anche di come si ha la responsabilità di realizzarsi in una società che, comunque, ci mette in mano dei saperi organizzati da cui non credo si possa prescindere.

| Torna su | |<< Indietro| | Indice | | Avanti>>|