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Le isole Mauritius a Palermo

di Franco Lorenzoni

maestro elementare

Vorrei partire da una storia che ho sentito raccontare l'anno scorso a Palermo da alcune educatrici del nido di Altarello, che è un quartiere di Palermo.
Una mattina si è presentata al cancello del nido un'intera famiglia delle isole Mauritius, una ventina di persone, nonna, zii, ecc. Un'intera famiglia che ha chiesto di entrare, al che, loro, un po' stupite li hanno fatti entrare.
E la cosa curiosa è che loro si sono piazzati nel centro di un'aula molto grande, si sono seduti ed in particolare la nonna, molto anziana si è messa al centro del nido e naturalmente tutti i bambini hanno iniziato a gattonare, girarle intorno, a toccarla ecc..
Lei tranquillissima si è messa a raccontare una storia ovviamente nella sua lingua e tutta la mattina è stata giocata attorno a questa presenza curiosa..
Poi l'educatrice ci ha raccontato come mai era successa questa storia, e ci ha detto che tempo prima un bambino delle Mauritius era stato accolto al nido. Il padre era così entusiasta di questo luogo, di come era bello e di quanto questo bambino fosse felice che aveva chiesto alle educatrici il permesso di fare alcune riprese video. Questo video era stato poi mandato alle isole Mauritius dove i parenti si erano guardati il nipote emigrato in Italia; questa cosa aveva suscitato parecchia curiosità per la bizzarria del posto, dato che per loro l'asilo nido non esiste, è inconcepibile..
Fatto sta che questi parenti, quando sono arrivati in Italia, la prima cosa che hanno voluto vedere è stato proprio il nido di Altarello, quasi fosse un monumento nazionale e quindi come turisti volevano passare una mattinata al nido..
La cosa mi sembrava straordinariamente profonda e bella, perché di fatto si è verificata una cosa che è importantissimo che noi capiamo cioè il fatto che nei nidi italiani si sta elaborando cultura nuova. L'intelligenza, la sensibilità, l'attenzione con cui in molti nidi del nostro paese si ragiona su integrazione, amicizia e vicinanza tra bambini e bambine stranieri e italiani è molto forte..
E mi sembra un dato da non sottovalutare, considerando che al nido di Altarello la metà dei bambini sono stranieri. I nidi sono sicuramente i luoghi educativi con la maggior parte di stranieri e spesso il primo luogo che uno straniero incontra. Le statistiche ci dicono che più della metà degli stranieri nel nostro paese sono coppie..
È quindi prevedibile che nel giro di pochissimi anni i nidi siano a maggioranza di bambini stranieri. C'è un altro aspetto dei nidi che mi sembrava importante sottolineare, ed è il fatto che, spesso, sono il luogo dove le madri si incontrano fra di loro. Per cui c'è una grande comunicazione, spesso anche molto curiosa, di consigli reciproci su come comportarsi con i figli..
Ovviamente per le donne straniere i problemi sono di più rispetto alle donne italiane, spesso sono appena arrivate, non sanno capire qual è il loro ruolo ecc. e soffrono di crisi, anche grosse..
Spesso è capitato che i nidi siano diventati luoghi dove esternare le proprie difficoltà, da una parte, e anche di serena critica del comportamento di altre madri..
Ci sono state situazioni in cui nei nidi si discute su cosa sia oggi la maternità, non senza piccoli scandali reciproci..
C'è un luogo pubblico in Italia dove madri si dicono cose che forse non si dicono da nessun'altra parte, e dove i bambini e le bambine hanno modo di incontrarsi superando la barriera del pregiudizio che è potentissima..
Per esempio quasi sempre i bambini e le bambine stranieri sono messi in classi sbagliate, alla scuola media gli insegnanti sono così pigri da dire che se non sanno l'italiano loro cosa ci possono fare? Non immaginando quanto potrebbe essere straordinario per una classe affrontare il problema di che cos'è la lingua per un bambino che non la sa..
Gli insegnanti soffrono quindi di una grande "miopia" rispetto a quello che significa apprendimento. Noi sappiamo che i bambini, i ragazzi hanno una straordinaria capacità di apprendimento, che lo fanno in maniera naturale. In un anno, due anni, la imparano senza bisogno di appoggi particolari. Ovviamente bisogna avere il coraggio di ritardare i tempi di tutta quanta la classe, ragionare su questo come una possibilità. Io avevo fatto la proposta all'Università di Palermo, qui largamente ripresa, di andare dai nidi ad imparare. Vorrei che un docente di università proponesse ufficialmente questa cosa..
Come mi piacerebbe che i docenti delle scuole medie dicessero: "prendiamo un nido della nostra città e andiamo lì a fare il nostro aggiornamento"..
Sembra che nella scuola ci sia una prima zona che arriva fino alle elementari in cui è chiaro che il metodo è fondamentale, poi una seconda zona dove i contenuti sono imprescindibili, e io sento che alcuni insegnanti di scuole superiori si trincerano dietro questa cosa, è una specie di barricata dietro la quale si pongono. A me fa impressione perché ho la sensazione che dalla scuola media fino all'università scompare la persona, il suo corpo, la sua memoria e la disciplina e quanto uno sa, la disciplina diventa il criterio che limita o che rende possibile l'incontro, facendo danni irreparabili..
Nel nido di una scuola materna il gioco simbolico ha un valore enorme, quasi tutti i nidi, tutte le materne hanno il famoso angolo del gioco simbolico: ci si traveste, si improvvisa, ci si nasconde, è un luogo diciamo naturale. Nei migliori nidi vedo che le insegnanti non danno nemmeno un orario per questo; non c'è un tempo, c'è un luogo, il bambino, o la bambina può andare in qualsiasi momento e si fa il suo teatrino. È forse il gioco più arcaico dell'essere umano, quello che ci distingue dagli animali. La ricchezza del gioco simbolico è importantissima per tutta la scuola, tutta la scuola dovrebbe considerarla perché ruota intorno alla scoperta del nostro carattere. Quello che la scuola dovrebbe dare al bambino, al ragazzo è capire di più chi si è, perché questo orienta alle scelte della vita, questo ci rende possibile capire l'utilità di ciò che impariamo..
La tragedia è che questo gioco ad un certo punto si incaglia. Ed il gioco simbolico prevalente nella scuola superiore è il gioco del somaro, dell'intelligente, del furbo, del violento, ecc. Cioè l'unico gioco simbolico concesso nella scuola superiore sono delle caratteristiche sociali che si appiccicano alle persone e non si staccano più..
Ci è capitato a Palermo, durante il lavoro sulla narrazione, che le classi si riunivano in quello che veniva chiamato cerchio narrativo in cui ci si narra reciprocamente, in cui ci si scopre. Ci sono stati due casi di licei che durante l'occupazione, anche quando le lezioni erano sospese, hanno comunque voluto mantenere l'incontro..
La cosa impressionante era come reagivano i professori, i commenti che facevano: "quante cose dicono, quante cose hanno alle spalle", "io no li avevo mai visti prima". Una professoressa ha detto una frase stupenda: "Io li avevo visti solo dal punto di vista scolastico…"..
Ricordo un ragazzo, che quasi non parlava in classe, che raccontò una storia molto forte, di suo padre che guidando per Palermo investe un cavallo con il furgone e lo uccide. Questo ragazzo ha raccontato la storia con un tale sentimento ed è stato così potente che da quella volta è diventato "quello del cavallo morto". La rigidità spaziale, di relazione, della scuola media, della scuola superiore, sta nel fatto che una volta inquadrati questo succede molto rapidamente all'inizio dell'anno gli alunni nel loro ruolo ufficiale, poi di lì ci si muove poco. Questo è un danno enorme specie nell'adolescenza, a discapito di questa ricerca affannosa che hanno ragazzi e ragazze di dire "chi sono io?".
Se l'immagine sociale è bloccata la tua immagine interna fatica molto. Io mi chiedo quali giochi simbolici si possano attivare nella scuola superiore..
Tutto questo c'entra tantissimo con l'apprendimento, è completamente miope pensare "ma io devo fare italiano, matematica", se non c'è questa attivazione del dire io scopro che sono, l'apprendimento poi manca. Tant'è vero che gli insegnanti più interessanti usano le discipline per questo..
Guido per esempio racconta che lui usa la letteratura come specchio per rivelare il carattere dei singoli. Non solo la letteratura può fare questo, qualsiasi disciplina può farlo. Però o la disciplina ha questo carattere di specchio in cui uno si riconosce o non si riconosce, oppure è inutile. Mi fa ridere questa polemica fra storici: la storia la facciamo tre volte, la storia greca senza considerare che ai bambini della storia non gliene frega niente. Il problema a monte è: "Perché i ragazzi non si interessano più della storia". Questo è un tema serio, profondo da affrontare. Insinuare il dubbio sul fatto che non è vero che c'è il passato, il futuro e il presente, ma le cose sono un po' più complesse dentro ciascuno di noi, perché forse il passato è capire qualcosa di più di quello che ci succederà, ma in un modo sintetico, in un modo strano, nel mondo in cui le immagini si mescolano. Forse se si desse un po' più valore a questo aspetto, cioè a come si mescola il tempo dentro ciascuno di noi, forse capiremmo anche di più sul senso della storia. Perché forse ci sono anche delle cose che avvengono culturalmente in una società rispetto a com'è che il passato di colpo riappare, ma se tu non lo fai su te stesso, come fai mai a capire una cosa così lontana da te come possono essere i greci, ad esempio..
Allora mi sembra che se prendiamo radicalmente sul serio la questione "andiamo nei nidi ad imparare" è perché lì si stanno sperimentando forme educative in cui alcune cose sono al centro. È al centro, per esempio, l'organizzazione dello spazio. Mi ha stupito l'intervento di Andrea che diceva: "è successo qualcosa di interessante perché abbiamo spostato i banchi"; dovrebbe essere normale, le rigidità spaziali sono rigidità mentali. Certo non è che spostando i banchi cambia tutto, però la scuola in cui tutte le classi sono uguali è una scuola morta. In Portogallo le scuole superiori hanno tutte un bar con i tavolini nel centro della scuola, una sala professori dove ci sono poltrone, la biblioteca; cose banalissime, ma che cambiano tutto: entri in una scuola e capisci che è un luogo abitato, è un posto in cui si sta normalmente. Ma perché all'interrogazione si deve stare sempre in piedi, sempre dentro una specie di galera in cui si va avanti e indietro, si va al bagno a fumare. È possibile che la fantasia, l'immaginazione si usa per inventare l'autonomia, i pof, e non si immagina che la scuola può essere un luogo un pochino diverso in cui appare sui muri, nei modi in cui sono disposte le cose, anche un po' la memoria di quelli che ci stanno. C'è un posto, in Umbria, una comune degli anni '60, adesso ci stanno i nipoti degli hippies che si può visitare. C'erano delle donne, tedesche, che avevano un modo di ricostruire le case contadine molto bello, molto lento. Ci impiegavano tre, quattro anni a ricostruire un vecchio fienile, perché loro dicevano una cosa che mi ha molto colpito come immagine "ma la casa in fondo è la terza pelle". C'è la pelle, poi c'è il vestito e poi c'è la terza pelle che è la casa. La terza pelle, prima che la riconosci ci vuole molto tempo. Mi aveva molto colpito questo modo di ricostruire perché mi sembrava veramente bizzarro, ma soprattutto molto profondo, totalmente antieconomico, vivevano in modo molto scomodo, a me sembrava assurdo sinceramente, però era molto forte l'immagine della terza pelle. Se il luogo che abitiamo è la terza pelle, pensiamo a cosa succede a scuola. Queste famose terze pelli, abitate da noi per molte ore in sala insegnanti o dagli studenti per moltissime ore, sono posti vuoti, neutri, ostili, spesso simili agli ospedali o alle carceri, sporchi, brutti. Queste cose incidono; stare per ore in un posto brutto è impressionante. Questo non accade nelle scuole materne. Quando, invece, si fa qualche cosa con arte (perché c'è un intervento, un dirigente sensibile, interviene un artista) succedono cose meravigliose che riescono a suscitare curiosità. Se la scuola deve essere un luogo in cui la cosa principe che dobbiamo fare è suscitare curiosità, stupore verso se stessi e verso il mondo, a tutte le età, questa cosa va curata con attenzione.
Un'altra cosa che penso abbia molto valore nelle scuole materne è l'uso delle parole e del silenzio. Ci sono dei silenzi nella scuola materna che alle superiori si perdono. Tutte le educatrici che lavorano nei nidi sanno che il tono della voce e le pause, i silenzi sono importanti. E se fosse adottato all'Università? Il tono della voce conta più di ogni altra cosa, prima ancora delle parole come veicolo di informazioni ci sono parole come strumento per creare silenzio, toni di voce che mettono in allerta su quale relazione si vuole stabilire. Guardate che sono cose importanti che fanno decidere se frequentare un corso, seguire un seminario, ascoltare quella lezione con interesse o no. L'assurdità è pensare che queste cose hanno valore a due anni, a tre anni e poi no; ma noi sappiamo che nella nostra vita non è così. Quante relazioni si rompono per il tono di voce, perché mi ha parlato in quel modo. Quante volte succede questo tra le persone, tra colleghi, tra amici. E perché questo, nel luogo educativo che dovrebbe essere il luogo in cui la voce ha così grosso rilievo non viene considerato? Una volta, con i bambini, ho fatto questa esperienza: andavamo in fondo al paese e chiedevo loro di stare in silenzio per una mezz'ora e di disegnare su due fogli, ognuno per conto loro, le cose naturali e le cose artificiali. Disegnavano le cose naturali da una parte e quelle artificiali dall'altra. Poi, dopo, dovevano raccontare quello che avevano disegnato. Riccardo interviene dicendo: "Ho visto un altro bambino che disegnava e io ho disegnato l'altro bambino che disegnava, poi questo bambino mi ha chiamato e mi sono detta questa voce dove la metto? Tra le cose naturali o tra quelle artificiali?" È nata una discussione e alla fine ha messo la voce in un terzo foglio. Ha spiazzato tutti; poi, naturalmente siamo andati avanti una settimana su questa storia..
Siamo qui per parlare di nidi; ma perché si chiama nido? È l'unica istituzione che ha un nome attinente con gli animali, questo è interessante. Gli uomini non fanno i nidi, le donne non fanno i nidi. Si può dire che somiglia a un nido, ma chiamare una istituzione nido è bello. C'è quel, per me bruttissimo libro, ma che va molto di moda nelle scuole, ci sono circa 5 milioni di illustrazioni dove c'è una immagine molto bella di Sepúlveda ed è l'immagine del gatto che cova uova d'uccello. È molto forte come immagine perché rilancia l'idea che covare sia un atto interculturale. Fra gatti e uccelli ci si può scambiare l'atto del covare..
Quello che succede nei nidi è proprio questo, si può azzardare a covare l'uovo di un altro. A Palermo è stato fatto un gemellaggio con Pistoia ed è stata una cosa molto particolare. Quasi tutte le insegnanti di una città hanno trascorso una, due settimane in un'altra città per guardare come lavoravano là. Un aggiornamento geniale; loro hanno detto "Noi non vogliamo un esperto che venga a dirci cosa dobbiamo fare, noi partiamo e andiamo in un'altra città ospiti di una struttura". Guardate che i nidi a Palermo hanno avuto in 5 anni un cambiamento incredibile perché questo essere ospiti del lavoro di un'altra realtà ha creato amicizia, ha creato scambi, relazioni umane. Ma ha creato soprattutto questo passaggio corpo a corpo di modi di fare straordinari. Vi immaginate voi un professore universitario che va in un'altra Università a guardare, per una settimana ospite, come si fa lezione?.
Forse in qualche Università è capitato, ma non ho mai visto le scuole superiori che fanno cose del genere. Lo scambiare esperienze, l'essere ospiti, anche se sono cose faticose, difficili da fare, dovrebbero farci pensare su ciò che attiva cambiamento. Mi piacerebbe che le scuole fossero luoghi in cui ci fossero cose che fanno da specchio a chi si è, tutto quello che aiuta questo dà senso. Quello che fa disperare nelle scuole superiori è la perdita di senso. Certi ragazzi vanno in quel posto per altri motivi, perché ci sono costretti, trovano sotterfugi nelle relazioni tra loro. Nella maggioranza delle volte c'è una perdita di senso. La perdita di senso rispetto all'apprendimento proprio in quell'età è un danno quasi irreparabile. È vero che da grandi riprenderanno a relazionarsi; però c'è quel buco nero tra i 12 e i 18 anni! L'unica cosa positiva della riforma è la riduzione di un anno della scuola, è assurdo stare nella scuola troppo..
Cosa dà senso? Il discorso delle discipline si può riprendere a partire dalla possibilità che diano senso.

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